1. La stagione NFL parte, anche su Sky Italia, nella notte tra giovedì e venerdì, insomma tra poco più di ventiquattro ore, con la diretta di Saints-Colts alle 2.30. Assieme all’Opening Day del baseball, è uno dei momenti più attesi dello sport americano, non foss’altro che per il fatto che la stagione morta del football professionistico dura più di tutte, ben sette mesi rispetto ai quattro mesi e mezzo del basket NBA e ai cinque e mezzo delle Major League. Che poi ormai anche nel mondo NFL l’attività duri tutto l’anno è un altro discorso, ovviamente: tra pre-draft, draft e due minicamp per familiarizzare con nuovi schemi o nuovi giocatori anche il football difficilmente svanisce dai notiziari e dalle pagine sportive dei quotidiani, per non parlare dei siti Web (anche questo, ovviamente).
2. Anche la scelta della NFL di aprire con una partita tra due delle squadre più forti, una delle quali campione in carica, è molto significativa. Il paragone più naturale ed immediato è con le patetiche diatribe di casa nostra, inscenate a fine luglio quando si doveva stilare il calendario del campionato di serie A di calcio: da più parti, compreso il presidente di Lega, si diceva che le grandi NON devono incontrarsi alle prime giornate, per una serie di motivazioni una più imbarazzante dell’altra, se si considera che si tratta dei massimi dirigenti dello sport più popolare. La NFL fa la scelta opposta: le squadre si allenano da fine luglio, hanno giocato quattro se non cinque amichevoli, dunque sono pronte, senza scuse da perdenti. Per magnetizzare subito l’attenzione di un pubblico che di suo non avrebbe alcun bisogno di richiami, in quanto già fedelissimo, niente di meglio di una partita così. Poi uno può dire che ad un vero appassionato Colts-Saints non deve interessare più di Raiders-Cardinals, ma è evidente che due possibili finaliste che si affrontano subito esercitano un’attrazione diversa.
3. La partita? Di fronte due dei migliori tre attacchi della scorsa stagione. I Saints furono primi in yard guadagnate, con 6264 (391.5 a partita), i Colts terzi, con 6070 (379.4). I due reparti sono rimasti quasi inalterati: Indianapolis ha perso nel gioco di corsa Dominic Rhodes ma mantenuto Joseph Addai, mentre i Saints non hanno più Joe Horn, ricevitore con loro per tanti anni ma ora troppo infortunato ed anziano, sportivamente parlando, per giustificare lo stipendio. New Orleans sotto il coach Sean Payton si è arricchita di una imprevedibilità esaltante, messa in mostra come ma prima lo scorso anno nella trasferta a Dallas, ed il potenziale è strepitoso, se si pensa che nello stesso backfield ci sono Drew Brees, Reggie Bush e Deuce McAlister: ognuno di loro potrebbe essere Mvp offensivo della stagione, e nessun’altra squadra ha una combinazione così. Il paradosso è che in una partita del genere, in cui gli attacchi sovrasteranno le difese, saranno proprio queste ultime a poter decidere: basterà un intercetto o un fumble recuperato, per spezzare magari una serie di possessi di palla conclusi da segnature, e la differenza potrebbe essere quella. Tra l’altro Indy ha perso sul mercato e per infortunio molti uomini importanti (uno, il cornerback Jason David, è andato proprio ai Saints, che avevano bisogno di uno che intercettasse qualche pallone ogni tanto) in una difesa che sulle corse già faticava, e questo potrebbe essere un problema anche a lungo termine, ovvero in prospettiva playoff. Senza scendere ulteriormente in dettagli, che possono annoiare i non-specialisti, è una partita che potrebbe essere memorabile, esaltante.
4. Rodney Harrison, safety di New England, salta le prime quattro partite della stagione a causa di una squalifica. Ha ammesso di avere usato una sostanza vietata, probabilmente il GH, ovvero ormone della crescita, nel tentativo di riprendersi più in fretta da un infortunio. Bizzarro però che la NFL abbia squalificato per lo stesso motivo, assunzione di sostanze vietate, un… assistente dei Dallas Cowboys, Wade Wilson: 48 anni, ex quarterback che molti ricorderanno con i Minnesota Vikings, Wilson ha il diabete e «per migliorare la qualità della mia vita», come ha detto, ha assunto sostanze illecite. Perché allontanare dalla squadra per cinque gare un allenatore? Perché il divieto di provare droga o altro di proibito vale per qualsiasi dipendente della NFL o di una delle sue squadre, fosse anche il ragazzo che distribuisce la posta nei vari uffici. Giustissimo, ma non sempre verificabile. Nel caso di Harrison e Wilson, la radice è comune: i loro nomi sono saltati fuori nel corso di un’inchiesta condotta dal procuratore distrettuale di Albany (la capitale dello stato di New York) su un traffico di stupefacenti e steroidi. Un altro implicato è Richard Ryzde, medico dei Pittsburgh Steelers che in seguito all’indagine è stato licenziato. E’ ovviamente d’importanza massima che la NFL combatta l’uso di sostanze illecite: nonostante i progressi fatti in questa lotta, ci sono ancora troppi recuperi rapidi e troppi fisici grottescamente corpulenti.
5. In arrivo alcune novità grafiche, una in particolare, per le telecronache del Monday Night Football. Ma del MNF, istituzione cara, riparleremo presto.
6. E’ iniziata anche la stagione del college football. E’ il periodo dell’anno in cui i confronti hanno un significato lievemente minore, come succede anche nel basket, nel senso che le prime 2-3 partite vengono giocate dalle grandi contro college di minore levatura ed utilizzate come rodaggio. Contano ai fini del bilancio finale di vittorie e sconfitte, ma non per le classifiche di conference, e rappresentano quasi sempre una buona maniera di vincere facile, rodare gli schemi ed entrare poi nella fase di conference con maggiore fiducia. Il guaio è naturalmente quando invece si perde una di queste partite ‘facili’. E’ successo sabato a Michigan, in quella che alcuni ritengono già la sorpresa più grande nella storia del college football ma che noi, non amando iperboli e graduatorie che nascono più dall’emotività che dalla ragione, definiamo solo un grande, grande ribaltamento dei pronostici: i Wolverines infatti hanno perso in casa (in casa!) 34-32 contro Appalachian State (Appalachian State!), piccola squadra del college situato a Boone, nelle montagne del North Carolina, fate conto nelle medesime zone in cui è ambientato il film 'Un tranquillo weekend di paura'. ASU è il sesto college statale per ordine di grandezza, ma non se lo ricorda quasi nessuno per la sua posizione geografica fuori dai giri e per il fatto che le sue squadre competono a livelli inferiori rispetto a quelli di Michigan. La squadra di football è stata due volte campione di quella che si chiamava Division I-AA, ovvero un gradino al di sotto di quello che noi comunemente chiamiamo college football, prima di salire di grado, mentre quella di basket (ci giocò anni fa Alvin Gentry, ora assistente di Mike D’Antoni ai Phoenix Suns) fa parte già da tempo della Southern Conference della Division I, in cui lo scorso anno ha chiuso con 15-3 (25-8 in totale) venendo però sconfitta da Charleston nel torneo di conference e poi subito da Mississippi nel NIT. Per Appalachian (si pronuncia appalàcian) State quella di sabato ( http://www.youtube.com/watch?v=w_LnLiv99Ys ), ottenuta con un field goal a 26 secondi dalla fine seguito da un analogo tentativo di Michigan bloccato dallo special team ospite, una vittoria storica, che ad esempio ha già portato in visita al campus proprio oggi una troupe di ESPN per un servizio che andrà in onda sabato nella seguitissima trasmissione College Gameday, uno dei capisaldi del canale televisivo statunitense, ed intanto ha prodotto festeggiamenti nel campus, con lo sradicamento rituale di una delle porte del campo di football portata poi in processione, e l’inevitabile sequela di magliette commemorative, tradizionale maniera di fare cassa: tra gli slogan, “Siamo i Mountaineers ed abbiamo buttato giù la Casa”, riferito al fatto che lo stadio di Michigan è ribattezzato Big House, oppure oppure “Disorientato e confuso”, con la prima parola che è scritta non “dazed” come da norma ma “maized”, stessa pronuncia di mazed (forma arcaica di dazed) ma chiaro doppio senso riferito al fatto che i colori di Michigan sono “maize and blue”, giallo granoturco e blu. C’è chi dice che il succo del college football sono queste giornate in cui una piccola batte una grande e si costruisce una reputazione che dura per anni, ma sono le solite esagerazioni: prima di tutto perché queste cose possono accadere anche in altri sport, poi perché il succo del football universitario è così ricco e vario che ridurlo ad una spremuta di risultati a sorpresa è sbagliato.
7. Per finire, torniamo alle NFL, con le previsioni. Stavolta ci caschiamo. Non amiamo questo tipo di risvolto dell’attività giornalistica, per nulla necessario, ma è una maniera di parlare di tutte le squadre in una volta sola. Niente di particolarmente originale, peraltro, perché le squadre forti sono quelle, e le altre pure. Suddividiamo il pronostico per division, ma risparmiamo i pronostici sullo svolgimento dei playoff, come a volte si fa: troppe le variabili da qui a gennaio, infortuni compresi, per cui tanto varrebbe affidarsi al pendolino (lo fanno ancora?), e non vogliamo abbassarci a tanto.
NFC
EAST Philadelphia Dallas Washington NY Giants
NORTH Chicago Bears Minnesota Green Bay Detroit
SOUTH New Orleans Carolina Tampa Bay Atlanta
WEST Seattle San Francisco St.Louis Arizona
AFC EAST New England NY Jets Buffalo Miami
NORTH Baltimore Pittsburgh Cincinnati Cleveland
SOUTH Indianapolis Jacksonville Tennessee Houston
WEST San Diego Denver Oakland Kansas City
Roberto Gotta
chacmool@iol.it
http://vecchio23.blogspot.com
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