1. Castione della Presolana. “Ma chi è questo Sella?”. Tra le più belle del Giro, l'uscita di un candido Denis Menchov all'Alpe di Pampeago. E il controcanto di Mario Cipollini al notturno “Alla luna” di Cannavò. “Lassù il mondo ha finito di essere verde e il pianoro, tra chiazze di neve e tappeti di fango, è sciatto di colori, grigio, lunare. Plan de Corones, chissà da cosa derivi questo nome che arricchisce di un gioiello la leggenda infinita di questa Italia pellegrina che ha attraversato un secolo”. Tutto qui? Altro che Leopardi, “tecnicamente Plan de Corones non ha regalato nulla” ruggisce Re Leone sulla stessa verdellea (già rosea). Nel gregge dei suiveurs come nel “branco di pecore” cicliste figurato da Simoni in Val di Fiemme, sono prevalsi un certo attendismo, nei giudizi di fondo sul livello di gara ed estrema spregiudicatezza, nel pagellare tutto e tutti e ogni tre per due. Caso di scuola: al vincitore voto 10, agli altri meno. Ah però. Meno matematica e più sentimentalmente nostalgica, la migliore dell'uomo della strada: “Era meglio quando si dopavano”.
2. “Tu-tu-tu / Un sorriso nel cielo blu”. Tu-tu-tutti a chiedersi se la sigla Rai Sport al Giro sia stata scritta, veramente, da Andrea Camilleri e se sia cantata, veramente falso?, da Fiorello. Ma “come senti Auro Bulbarelli la poesia cessa d'incanto”, risponde per le rime Aldo Grasso. Variazione sul tema - sovrasviluppato - della ripresa delle trasmissioni televisive, a male parole o a sfottò personale ad andar bene: non sparate (solo) sul telecronista, mirate piuttosto alla regia, così miope e distratta, e nonostante il colpo d'occhio di Silvio Martinello. C'è ancora chi aspetta di vedere il passaggio dei migliori sul muro di Sorrivoli. C'è persino chi osserverebbe dall'alto il paesaggio italiano, venisse mai inquadrato da un secondo elicottero, prima o poi. In compenso si squadrano da vicino, anzi da vicinissimo, occhi e bocche ma soprattutto cosce e altre grazie, di qualsivoglia hostess o miss a tiro di zoom zoom zoom, la sola canzone che passa per la testa a quelli del camion con la farfallina. Eppure guardare le gambe di Baliani, seguendo una corsa, piacerebbe anche di più.
3. La miglior difesa è l'accatto. Giovedì 5/6, presso il tribunale di Utrecht, primo dibattimento di una causa non senza conseguenze, venissero riconosciuti ragioni e diritti di Michael Rasmussen, il vero vincitore (amorale) del Tour de France 2007. L'ultimo corridore al mondo capace - da un anno a questa parte, perlomeno - di lasciarsi dietro addirittura Alberto Contador, subì infatti un clamoroso e discusso licenziamento all'alba dello scorso 26/7, giusto avanti il suo decimo giorno in maglia gialla, appena dopo un successo solare al tramonto sull'Aubisque e quando a Parigi non mancavano che 601 Km: ma la Rabobank suo datore di lavoro aveva poi giustificati motivi o solo occasionali, magari politici, insoliti pretesti? Finiscono a giudizio e a verbale prassi amministrative, comunicazioni interne, dossier di squadra e controdossier individuali messi al dunque alla rinfusa e uno contro l'altro, mischiando le carte in un reciproco scambio d'accuse da torti in faccia, liberi tutti o nessuno è innocente. Richiesta di risarcimento sui 5,5 milioni di Euro, più le spese legali.
4. Si direbbe lobby, non si scrivesse l'hobby: “Dev'essere chiaro che Bicitalia non è un documento di piano, ma una proposta culturale”. Il recente Bicitalia Day Fiab, “Per una rete ciclabile nazionale”, fornisce lo spunto per una svirgolata alta sopra le traverse (14 ciclovie principali, per un totale di circa 15.000 Km) disegnate sulla carta dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta, la onlus di Claudio Pedroni. Che vola basso, molto prudentemente. Difatti “Bicitalia non può realizzarsi con le sole nostre forze, serve un impegno a livello nazionale”, frena un poco l'entusiasmo movimentista un ultimo rapporto sullo stato dei lavori in corso, fermi a tre grandi cantieri. Primo la Ciclopista del Sole Brennero-Siracusa, secondo la Via del Po e delle Lagune Ventimiglia-Trieste, terzo la Via dei Pellegrini Como-Brindisi. Strade maestre che insegnano a guardare all'Europa di EuroVelo, più che a estemporanee iniziative locali e localissime. Dare la precedenza alla lunga percorrenza, please. E stop! alle piccole piste ciclabili di quartiere o quartierino, tanto inutili e furbette.
Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it
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