Bellinzona e impossibile

1. Se le giornate durassero almeno 36 ore ci piacerebbe parlare con maggior frequenza del calcio svizzero, torneo ricco di prospetti interessanti che negli ultimi anni ha confermato il proprio trend qualitativo in ascesa mettendo in vetrina i vari Rakitic, Kuzmanovic, Inler, Petric, Gelson Fernandes, Dzemaili, Schwegler, Margairaz, Caicedo e via dicendo. Prima però di proporre qualche commento sulla stagione dell’Axpo Super League appena conclusa intendiamo tributare il giusto omaggio alla grande stagione del Bellinzona, la cui promozione nella massima divisione riporta il Canton Ticino ai vertici del calcio elvetico sei anni dopo la retrocessione del Lugano per motivi finanziari. Una stagione strepitosa quella della compagine granata, ma anche molto sofferta; in testa alla Challenge League (la B svizzera) sin dalle prime battute, nella seconda parte della stagione l’ACB si è trovato inaspettatamente impegnato su due fronti, la Coppa di Svizzera e il campionato, con conseguente calo di rendimento che gli è costato il sorpasso del Vaduz. Per la promozione è stato pertanto necessario vincere i play-off, che in Svizzera vengono disputati tra la seconda della Challenge e la penultima della Super League. Lo scorso anno i granata furono immeritatamente sconfitti dall’Aarau, due settimane fa invece nulla ha potuto il San Gallo dell’ex nazionale bulgaro Krassimir Balakov, sconfitto 3-2 al Comunale di Bellinzona e 2-0 a domicilio. Per i ticinesi una festa resa ancora più frizzante dalla prima storica qualificazione alla Coppa Uefa, ottenuta dopo una brillantissima cavalcata nella coppa nazionale (eliminando anche due club di Super League, il Sion di Bigon e il Neuchatel Xamax) che li ha portati sino alla finale di Basilea, dove sono stati costretti ad arrendersi 4-1 ai più esperti e smaliziati padroni di casa. Ma chi era presente quel giorno al Sankt Jakob Park, o ha seguito l’incontro dagli schermi di TSI2, può testimoniare che fino all’ora di gioco, ovvero alla rete del 2-1 dei renani, la differenza di categoria tra le due compagini non si era praticamente vista.

2. L’allenatore Vladimir Petkovic, classico gentiluomo che governa la squadra con pugno di ferro in guanto di velluto, può essere soddisfatto. Con un budget risicato (poco più di 2 milioni di franchi, che raddoppieranno in vista della Super League, ma se si pensa che il retrocesso San Gallo ne aveva 7 milioni e il Basilea 30...) e una squadra con qualche giovane interessante (Pouga, Lulic, quest’ultimo appena ceduto al Grasshopper, La Rocca) mista a elementi di esperienza (Bucchi, Manuel Rivera Garrido, Belotti, Mangiarratti, il dribblomane brasiliano Neri, il fantasista Taljevic), è riuscito a compiere una grande impresa, alla faccia di qualche giornale italiano che, in occasione della qualificazione alla già citata finale di coppa, parlava del Bellinzona quale “squadra di scarti del campionato italiano” (forse in riferimento ai vari Grabbi, Andrea Conti e Wahab, nessuno dei quali comunque nell’undici titolare della squadra) facendo andare su tutte le furie l’ex presidente del club Manuele Morelli (dimessosi dalla carica proprio la settimana scorsa). Superficialità e disinformazione; chi segue il calcio cosiddetto “minore” ci è però ormai abituato da tempo, anche se di certe descrizioni imbevute di stereotipi (“la gente impazzisce e tifa tutta in piedi con il bicchiere di birra in mano”…manca solo la barretta di cioccolato e il coro di yodel delle Alpi) si farebbe volentieri a meno.

3. Il rovescio della medaglia, più scuro della pelle di quel Saliou Lassissi che si presentò a inizio stagione a Bellinzona parlando in terza persona (“Lassissi comanda la difesa”) venendo messo alla porta da Petkovic nel giro di poche settimane, è rappresentato dallo stadio. Il Comunale non rispetta i parametri previsti dalla Super League, pertanto in attesa dei lavori di rinnovamento la squadra, che ha costruito buona parte delle proprie fortune sul terreno amico, sarà costretta ad emigrare centinaia di chilometri più a nord, a Lucerna, San Gallo oppure a Basilea, visto che anche il centro sportivo di Cornaredo, Lugano, dove si allenerà la Svezia durante l’Europeo 2008, non è pienamente a norma. Per adesso però, tutti in attesa di conoscere la prima avversaria da affrontare in Europa.

4. Abbiamo citato Lucerna. La capitale dell’omonimo cantone è il luogo dove Davide Chiumiento è finalmente riuscito a mostrare il proprio potenziale e a rimettere in carreggiata una carriera che, dopo le folgoranti premesse nelle giovanili della Juventus, si era arenata in grigie esperienze a Siena, Le Mans e Berna (Young Boys). Classe, visione di gioco e belle invenzioni: un giocatore ritrovato che adesso spera di entrare nel giro della nazionale rossocrociata. Qualcuno però, memore del rifiuto alla convocazione nel novembre 2005 (Chiumiento puntava alla maglia azzurra), finora ha fatto orecchie da mercante.

5. Un piccolo Ferguson, una versione in gonnella di Abramovich, un settore giovanile modello Arsenal; fatte le debite proporzioni e rimpicciolito il tutto alla dimensione svizzera, ecco il Basilea odierno, il club più ricco e meglio organizzato del campionato elvetico, fresco dell’accoppiata scudetto-coppa nazionale. Un titolo sofferto arrivato solamente all’ultima giornata dopo la vittoria ottenuta al St. Jakob-Park Stadion contro lo Young Boys in quello che era un autentico spareggio per il titolo, con i renani in vantaggio di un solo punto rispetto ai gialloneri di Berna. Ma se quest’ultimi puntavano tutto sullo strepitoso stato di forma della coppia d’attacco al Gerovital Thomas Häberli-Hakan Yakin (42 reti e 25 assist in due, con il fantasista di origini turche capocannoniere, nonché miglior giocatore, del campionato), il Basilea poteva contare su un organico maggiormente qualitativo innestato in un impianto di gioco ampiamente collaudato. La continuità viene garantita dal tecnico Christian Gross, in carica dal luglio 1999 (nessuno più longevo di lui sulla panchina di un club svizzero), capace di plasmare ogni anno una squadra dall’identità ben precisa a dispetto delle puntuali partenze dei giocatori più talentuosi; i soldi invece provengono dal portafoglio del presidente-mecenate Gisela “Gigi” Oeri, moglie di uno degli eredi del colosso farmaceutico Hoffmann-La Roche, tifosa numero uno del club dotata però di sufficiente realismo per dichiarare che “ci sono limiti strutturali, organizzativi e dirigenziali che impediscono al calcio svizzero di poter competere con i maggiori movimenti calcistici europei”. Infine la materia prima, i giocatori; in tema di linea verde il campionato appena concluso ha messo in vetrina la punta Eren Derdiyok, (classe 88), autore anche di un super debutto in nazionale con gol a Wembley all’Inghilterra, l’esterno offensivo Valentin Stocker (89) e il difensore centrale Beg Ferati (86), ai quali sono destinati ad aggiungersi in tempi brevi un trio di classe 89 composto da Fabian Frei, fratello del più famoso Alexander, dal cursore Michel Morganella e dalla funambolica ala brasiliana Talisson Ferreira Da Costa, autentico craque nelle giovanili. Riguardo invece gli elementi di maggiore esperienza meritano una citazione Marco Streller, capocannoniere della squadra a dispetto dei numerosi guai fisici, Ivan Ergic, meteora juventina diventata il perno del centrocampo di renani, “Carlitos” Alberto Alves, sgusciante ala esplosa in ritardo, e il portiere argentino Franco Costanzo, decisivo in numerose occasioni nel coprire i buchi di una difesa non propriamente impenetrabile.

6. C’è un nuovo bomber argentino in città, si chiama Raul Marcelo “Tito” Bobadilla ed è stato la grande rivelazione del campionato svizzero 2007-2008 laureandosi vice-capocannoniere con 18 reti con la maglia del Grasshoppers, il club più “latino” (sei i giocatori sudamericani in squadra) dell’intero panorama elvetico. Classe 1987, scuola River Plate, Bobadilla ha raggiunto le Cavallette nell’estate del 2006, salvo poi finire in prestito in seconda divisione al Concordia Basilea, dove è subito finito in doppia cifra (18 gol) guadagnandosi il rientro alla base. Superato senza problemi il salto di categoria, adesso per “Der Bulle”, il Toro, c’è l’interesse di club di Bundesliga e di Liga spagnola.

7. C’era una volta il Thun, piccolo club che meno di tre anni fa sorprese tutti qualificandosi per la fase ai gironi di Champions League, terminata con un onorevole terzo posto in un gruppo comprendente Arsenal, Ajax e Sparta Praga. La favola però è già finita; dopo lo scandalo dello scorso novembre (diversi giocatori della squadra furono accusati di aver avuto rapporti sessuali con una 15enne) è arrivato l’ultimo posto in classifica, che è valso al club del Canton Berna allenato dall’olandese Renè van Eck la retrocessione diretta in Seconda Divisione. Gli farà compagnia il San Gallo del veterano Stefano Razzetti (portiere ex Cremonese, Acireale e Lugano), paradossalmente proprio nell’anno in cui è stato inaugurato il nuovo stadio, l’AFG Arena, impianto da 21mila posti che ha sostituito dopo 98 anni di attività l’Espenmoos. “Abbiamo lo stadio ma non la squadra”, è stato lo sconsolato commento del tecnico Balakov all’indomani della retrocessione.

8. Il vulcanico Christian Constantin, architetto per il quale il calcio rappresenta più di un semplice hobby, sogna in grande per il suo Sion, e non esita a tagliare teste quando i risultati non arrivano. Da quando nel 2003 è diventato presidente del club del Canton Vallese ha cambiato oltre una quindicina di allenatori, con tanti saluti a qualsiasi ipotesi di programmazione. L’ultima “vittima” è stato Alberto Bigon, tornato ad allenare dopo sette anni, forte di un contratto fino al 2010, ma dimessosi dall’incarico già lo scorso dicembre, salvo poi tornare alla guida della squadra a fine marzo. Ma è difficile allenare in un ambiente dove le smisurate ambizioni del presidente cozzano contro la realtà di un organico da piazzamento Intertoto (tra i pochi a emergere il nazionale costaricano Alvaro Saborio, punta potente ex campione continentale Concacaf con il Deportivo Saprissa). Tra gli italiani male anche Gianni Dellacasa, sollevato dall’incarico di allenatore del Lugano dopo una brutta sconfitta nel derby ticinese contro il Locarno. Per Dellacasa, emerso brillantemente qualche stagione fa sulla panchina del Neuchatel Xamax dopo anni di gavetta (Ivrea, Bellinzona, Winterthur), si tratta del terzo licenziamento consecutivo dopo quelli con Sion e Cremonese.

9. Delusione infine per lo Zurigo di Yassine Chikhaoui, funambolico attaccante tunisino (qualità tecniche indiscutibili, ma ennesimo personaggio dal carattere ispido) che nella prima parte della stagione ha letteralmente deliziato la platea con dribbling e numeri d’alta scuola guadagnandosi l’etichetta di giocatore fuori categoria, almeno per il campionato svizzero. Poi l’uscita di scena per infortunio che ha causato, unitamente alla cessione del bomber Rafael all’Herta Berlino, il progressivo spegnimento del club bicampione di Svizzera, costretto ad accontentarsi del terzo posto finale con conseguente qualificazione alla Coppa Uefa.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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