L'ordine degli Advocaat

1. Da Piccolo Generale a Grande Zar. La resurrezione professionale di Dick Advocaat, che non ne azzeccava una più o meno dal 19 novembre 2003, quando la sua Olanda inflisse un pesante 6-0 alla Scozia vincendo lo spareggio qualificazione a Euro 2004, rasenta l’incredibile. Da tempo il buon Dick sembrava infatti avviato sul viale del tramonto; un campionato europeo in Portogallo terminato in una bufera di critiche, le dimissioni dopo meno di sei mesi al Borussia Mönchengladbach, una toccata e fuga negli Emirati Arabi Uniti tanto per irrobustire ulteriormente il proprio conto in banca, il dignitoso Mondiale 2006 con la Corea del Sud, comunque eliminata al primo turno. Poi lo Zenit San Pietroburgo, inizialmente scelto a scapito della nazionale australiana giusto per quel milioncino di euro in più che caratterizzava l’offerta dei russi; col senno di poi, l’affare della vita, per lui e per il club, che nel giro di due anni ha messo in bacheca un campionato russo, il primo dal 1984, una supercoppa e una Coppa Uefa, quest’ultima vinta dopo un’esaltante cavalcata che ha saputo coniugare gioco e risultati in maniera pressoché perfetta, mietendo vittime illustri (in ordine, Standard Liegi, Az Alkmaar ai gironi, Villareal, Olympique Marsiglia, Bayer Leverkusen, Bayern Monaco e i catenaccio boys dei Rangers Glasgow) in serie. Una dimostrazione in lingua russa di calcio moderno: tatticamente accorto, solido in fase difensiva quanto lucido e ricco di soluzioni in quella offensiva, ben organizzato in un riuscito compromesso tra omogeneità del collettivo e libertà di azione dei singoli talenti. Una sinergia eccellente tra proprietà (la Gazprom, che ha messo i soldi necessari per costruire una squadra competitiva, sia acquistando giocatori di spessore quali Tymoschuk e Pogrebnyak, sia trattenendo gli elementi migliori quali Arshavin), allenatore (Advocaat ha parlato di un ambiente piuttosto arretrato dal punto di vista tecnico, tattico e strutturale al momento del suo arrivo) e giocatori, a partire dal miglior calciatore ucraino del momento, Anatoliy Tymoschuk, per arrivare al talento puro di Andrei Arshavin e al fiuto del gol di Pavel Pogrebnyak, attaccante atipico che pur non essendo un portento di tecnica ed eleganza possiede un notevole repertorio a livello realizzativo. A seguire gli altri; il moto perpetuo Radek Širl, la diga difensiva Ivica Križanac, l’ottimo portiere Vyacheslav Malafeev, i brillanti Viktor Fayzulin e Igor Denisov, l’esperienza di Konstantin Zyrianov, gli sfortunati Kim Dong-Jin e Nicolas Lombaerts (la rinascita del calcio belga può partire solo da soggetti quali quest’ultimo, infortuni permettendo), persino il redivivo Fernando Ricksen, tornato a pensare più al pallone che non a molestare le hostess ed a trangugiare birra.
2. “Questa è la mia vittoria più bella”, ha commentato Advocaat, e per una volta possiamo affermare che non si tratta della solita frase di circostanza. I 67 incontri consecutivi senza sconfitte con i dilettanti del Dsvp Pijnacker, i titoli con Svv Schiedam, Psv Eindhoven e Rangers Glasgow, le finali di coppa d’Olanda e di Scozia, nulla di tutto questo può effettivamente essere paragonato all’impresa con lo Zenit. Una bella rispolverata di immagine per questo allenatore che viene ricordato come il responsabile di una delle peggiori Olande dell’ultimo ventennio, quella che riuscì ad arrivare fino alle semifinali dell’Europeo 2004 solamente perché nel proprio girone c’era anche la Lettonia ed ai quarti si trovò di fronte la Svezia di Ibrahimovic, ovvero di uno che con la maglia della nazionale (altri discorsi per Malmoe, Ajax, Juve e Inter) non è mai stato decisivo. In quel torneo il picco di impopolarità Advocaat lo raggiunse sostituendo Arjen Robben (quello dei tempi d’oro del Psv Eindhoven) con il vecchio Paul Bosvelt nell’incontro con la Repubblica Ceca; gli oranje, in vantaggio 2-1, finirono sconfitti 3-2 e in Olanda un gruppo di tifosi organizzò una colletta per pagare il biglietto aereo per il rientro anticipato in patria del commissario tecnico. Fischi e fiaschi insomma, e pure risate, quando il faccione di Dick comparve in televisione per pubblicizzare una marca di burro di arachidi. Tutto cancellato adesso. Onore dunque ad Advocaat e ai suoi ragazzi che hanno appena vinto “la finale meno attesa”, o almeno così abbiamo ascoltato sulle nostri reti televisive, le stesse che poi parlano di Zenit di Leningrado. Addavenì baffone.
3. Non solo Advocaat, però; tra i sempre numerosi tecnici olandesi all’estero una menzione speciale la merita Jos Luhukay, che è riuscito a riportare al primo colpo in Bundesliga il decaduto Borussia Mönchengladbach, raccolto agonizzante lo scorso anno sul fondo del classifica dalle mani di Jupp Heynckes. Una retrocessione pesante, per le casse e per il blasone del club, cancellata dodici mesi dopo dall’ottimo lavoro svolto da questo allenatore che già nel 2004 aveva vinto la Zweite Liga come assistente di Huub Stevens sulla panchina del Colonia. Questa volta però c’è stato più gusto, perché “si è vinto con le mie idee e la mia filosofia di gioco, che prevede un approccio aggressivo alla partita con quattro-cinque giocatori offensivi schierati contemporaneamente in campo. Ovviamente in Bundesliga sarà necessario tornare più cauti”. Nel frattempo i tifosi dei Fohlen si sono goduti il miglior attacco del campionato, 71 gol e una stagione sempre ai vertici. Una squadra dalle radici “olandesi” quella del Gladbach, con un esperto ragioniere del centrocampo come Patrick Paauwe (sette anni da icona silenziosa del Feyenoord prima della volontà di chiudere la carriera con un’esperienza all’estero) quale miglior giocatore della squadra e un prodotto importato dalla Eredivisie come Rob Friend (torre canadese che non aveva impressionato né ad Heerenveen né ad Almelo con l’Heracles) in qualità di bomber della squadra dall’alto dei suoi 18 centri. Ad essi si sono aggiunti altri giocatori made in Eredivisie, olandesi e non, quali Roel Brouwers, Kasper Bøgelund, Sharbel Touma, Nando Rafael e Alexander Voigt, più un paio di vecchie gloria quali Oliver Neuville e Sascha Rösler e un giovane di sicuro avvenire che risponde al nome di Marko Marin, esterno sinistro classe 1989. Un ottimo lavoro di gruppo che ha riportato il Borussia Mönchengladbach dove merita di stare.
4. “Il mio gesto non contiene alcun significato politico”; così l’allenatore dell’Olanda under-21 Foppe de Haan ha commentato la propria disponibilità nel dirigere gli allenamenti della nazionale del Tibet giunta in Olanda per uno stage nel complesso sportivo ‘t Paradyske di Langenzwaag. Ma il battage mediatico che si è scatenato nei Paesi Bassi alla diffusione della notizia ha fatto cambiare idea al tecnico: “Quando mi è stato comunicato che ci sarebbero state quattro telecamere a bordo campo per tutta la durata degli allenamenti, ho preferito declinare l’invito. I reality-show non fanno per me”.
5. Domenica 18 maggio si è ufficialmente chiusa la stagione calcistica olandese, con la fine di tutti i play-off che hanno delineato con precisione le squadre qualificate alle coppe europee, quelle promosse e quelle retrocesse. Partiamo da queste ultime; ha salutato la compagnia il Vvv Venlo, il cui mezzo miracolo era già stato compiuto evitando l’ultimo posto in campionato e regalandosi questa appendice stagionale extra. E’ piaciuto l’atteggiamento di club e tifosi; quello della Eredivisie era stato uno splendido incidente di percorso, perciò non è stato fatto nessun dramma, anzi, una volta smaltita l’amarezza, ci si è subito lanciati con entusiasmo nella programmazione della prossima stagione. Un’attività quest’ultima che dovrà essere pianificata meglio dal De Graafschap, vincitore della “nacompetitie” (così vengono chiamati i play-off promozione-retrocessione in Olanda) per manifesta superiorità, ma il cui crollo nella seconda parte del campionato (dalla zona Uefa al terzultimo posto) aveva fatto intravedere foschi scenari. Superboeren quindi salvi, mentre il posto del Vvv verrà preso dall’Ado Den Haag, passato in una manciata di mesi dalla depressione per un possibile fallimento (con tanto di colletta dei tifosi) all’euforia per una promozione acciuffata dopo un campionato piuttosto modesto (sesto posto finale a 19 punti dalla vetta).
6. Se la nacompetitie fa ormai parte della storia del campionato olandese, lo stesso non si può certo dire dei play-off per le coppe europee, giunti alla terza e ultima edizione. Una scelta, quella della Federcalcio oranje, che ci trova assolutamente d’accordo. L’esempio che avevamo fatto in una vecchia puntata di Radio Olanda si è verificato; il Nec Nijmegen, ottavo in campionato, ha battuto nell’ultimo spareggio il Nac Breda, terzo, per l’ultimo posto disponibile in Coppa Uefa (gli altri sono appannaggio di Ajax, Heerenveen e Feyenoord), lasciando ai gialloneri solamente la possibilità dell’Intertoto. Un verdetto assurdo, senza nulla togliere alle splendide prestazioni (14 reti in 6 incontri, con Lens mattatore a segno 4 volte) offerte nei play-off dagli uomini di Mario Been. Il Nac è stato la grande rivelazione del campionato, ha fatto peggio solo di Psv Eindhoven e Ajax, e ciò che gli resta è la qualificazione all’Intertoto. Un calcio nel fondoschiena probabilmente sarebbe stato meno umiliante.
7. In Champions League invece ci andrà il Twente, che contro l’Ajax ha evidenziato ancora una volta come organizzazione ed equilibrio siano più importanti del talento individuale. Gli ajacidi, dati alla mano, schieravano il capocannoniere del campionato (Huntelaar), il miglior difensore (Heitinga), il miglior terzino destro (Bruno Silva), uno dei talenti più grandi della Eredivisie (Suarez) nonché un portiere (Stekelenburg) nella sua stagione migliore; il Twente invece vantava un attacco da soli 52 reti segnate, un bottino pari a squadre come lo Sparta Rotterdam, ma la seconda miglior difesa del campionato. In totale, nelle quattro sfide stagionali tra Tukkers e ajacidi, due vittorie per il Twente e due pareggi. La lezione insomma è sempre la stessa; se ai rossi di Enschede sostituiamo lo Slavia Praga (preliminari di Champions), la Dinamo Zagabria (coppa Uefa) e il Nac Breda (coppa d’Olanda), il risultato per l’Ajax non cambia. E quattro indizi rappresentano ben più di una prova.
PS Nell’incontro di andata Twente-Ajax 2-1 l’arbitro non ha visto un macroscopico mani in area di Braafheid, mentre non ha esitato a punire con un calcio di rigore, poi trasformato da NKufo, un mani di Vertonghen. Decisioni che, alla luce dello 0-0 del ritorno, hanno influito sull’esito finale del doppio confronto. Non abbiamo però sentito alcun dirigente dell’Ajax affermare di avere “tutta l’Olanda contro”, né alcun giocatore commentare che “sappiamo tutti come ha vinto il Twente”. Applausi.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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