di Stefano Olivari
8 - La caccia al Centro-Sud, la penisola del calcio e la non retrocessione della Juventus. 
Dopo la scottatura olimpica riprende la normale attività, con la FIGC  decisa a diffondere il calcio di Prima Categoria in tutto il paese.  Anche a costo di andare contro la logica tecnica, visto che i grandi  club sono tutti situati in un’area geografica ben precisa. Non che la  situazione sia cambiata molto, in un secolo, ma rimaniamo nel 1912…In  agosto al termine di una infuocata assemblea la federazione approva una  riforma che riprende molti difetti dei campionati precedenti ma che ha  almeno due grandi meriti: 1) il coinvolgimento del Centro-Sud; 2)  l’introduzione del diritto sportivo, con un meccanismo di promozioni e  retrocessioni deciso già all’inizio della stagione. Sintetizzando al  massimo, il campionato di Prima Categoria 1912-13 spacca l’Italia ma  anche la unisce. Ci sono infatti tre gironi del Nord (Lombardia,  Piemonte e Veneto-Emilia), le cui migliori si qualificheranno per le  finali Nord e le cui peggiori retrocederanno. La campione del Nord,  chiamiamola così, affronterà la vincente del torneo centro-meridionale.  Un torneo anche questo molto articolato, prima per regioni e poi con  finali interregionali. L’assemblea, con quella che viene ricordata (da  nessuno, c’è solo su qualche polveroso libro) come la riforma  Valvassori-Faroppa (Emilio Valvassori è il presidente ad interim della  federazione, che nel 1911 è tornata a Torino dopo sei anni milanesi),  enuncia diversi principi ma come vedremo non fa i conti con la realtà.  Di sicuro seppellisce, dopo tre stagioni di girone unico o ‘semi-unico’,  l’omogeneità della competizione. Ci sarà un campione d’Italia e ci  saranno più città coinvolte, ma pagare sarà il livello del calcio.
Il ritorno alla regionalizzazione del campionato è un errore, ma è un  errore anche giudicarlo con gli occhi di oggi. Nell’Italia del 1912 le  trasferte anche solo da Milano a Roma sono lunghissime, in più il  pubblico sembra interessato maggiormente alle sfide con il vicino o  comunque con i rivali storici che ad aprirsi a nuove avventure: un mondo  provinciale che produce un calcio provinciale, in altre parole. Infine  il Centro-Sud va messo di forza sul treno giusto, per non lasciarlo al  suo destino e poter quindi diffondere l’interesse per il campionato in  tutta l’Italia. Il torneo Maggiore, cioè quello del Nord, porta le  migliori due dei tre raggruppamenti interregionali (piemontese,  lombardo-ligure e veneto-emiliano) ad un girone finale a sei squadre,  che viene letteralmente dominato dalla Pro Vercelli (22 gol fatti e 1  subito nelle 10 partite decisive), con il Genoa secondo e il Milan  terzo. Male l’Inter, terza nel girone lombardo-ligure, malissimo la  Juventus sesta e ultima nel girone piemontese. In teoria per i  bianconeri dovrebbe esserci la retrocessione, ma il campionato sarà  allargato e la sciagura rimandata di 93 anni. Il torneo Peninsulare  permette di associare al grande calcio squadre nuove: dopo le varie  battaglie regionali, la semifinale dell’Italia Centrale viene giocata  fra la Virtus Juventusque di Livorno (nel 1915 insieme alla Spes darà  vita al Livorno arrivato fino ad oggi) e la Lazio, mentre quella  Meridionale fra Naples e Internazionale Napoli. Doppia finale  Lazio-Naples, con i romani che si guadagnano il diritto di essere  massacrati (6 a 0) in finale nazionale (1 giugno 1913) da una Pro  Vercelli priva di metà dei titolari. Si è giocato tanto, tutta Italia è  più o meno entrata nel giro. In mezzo a mille ricorsi, un folle tutti  contro tutti con qualsiasi pretesto legale, la squadra piemontese è per  la quinta volta campione e della sua leggenda si parla in tutta Italia.
Abbiamo accennato all’ultimo posto della Juventus nel girone piemontese  1912-13, che secondo il regolamento dovrebbe portare il club bianconero  alla retrocessione. Non è un buon momento per la società, a ogni  livello: fra debiti e disorganizzazione, con Edoardo Agnelli che  arriverà solo fra 10 anni, il club per qualche settimana va dalla  certezza delle retrocessione in Promozione alla possibilità di sparire. A  lavorare per la Juventus non è in questa fase la Juventus, ma sono i  tanti club che chiedono l’allargamento dei gironi della Prima Categoria.  Una mazzata alle speranze juventine arriva però dalla FIGC che  accorpando il comitato regionale ligure a quello piemontese di fatto  toglie quei posti che sulle prime sono sembrati disponibili. Assurdo  parlare di regolamenti, visto che in quella estate tutto è frutto di  contrattazione. E’ così che l’ingegner Malvano, uno dei pochi dirigenti  della Juventus rimasti al proprio posto per salvare il salvabile,  contatta l’amico Giovanni Mauro: questi è presidente del comitato  regionale lombardo ma soprattutto fratello di Francesco che della FIGC è  reggente (in futuro ne sarà anche presidente).  Ci si mette a tavolino e  si trova la italianissima soluzione: la Juventus diventerà  provvisoriamente una squadra lombarda, facendo parte dello stesso  girone di Inter e Milan, rimanendo quindi in Prima Categoria. Gli ex  diririgenti interisti Mauro evitano così che la Juve retroceda. Qualcosa di simile avverrà una decina di anni dopo per l'Inter, a riprova che la nobiltà nasce spesso da porcherie o quantomeno da forzature della legge (è l'aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende, diceva quel tale che in troppi rimpiangono) e che le mitiche 'maglie' sono solo stracci che assumono valore diverso a seconda degli uomini che le indossano. Però non lo si può dire, se no a chi venderemmo la nostra scienza?
stefano@indiscreto.it
 
 
Nessun commento:
Posta un commento