Il pianto degli agnelli

di Susanna Tamaro
La Pasqua si avvicina. Gli scaffali dei supermercati sono un trionfo di uova di cioccolata di ogni dimensione, di colombe con tutte le possibili varianti — con uvetta, senza uvetta, ricoperte di cioccolata, con lo zabaione — per accontentare i gusti più stravaganti. Da qualche anno poi, alle più tradizionali colombe, si sono affiancati dolci a forma di campane e di agnelli, anche questi in svariate versioni.
Per chi vive in campagna, e ha lo sguardo abituato ad osservare ciò che succede nella realtà circostante, la Pasqua è quel momento in cui le gemme sui rami iniziano a ingrossarsi e i peschi e gli albicocchi, spesso temerariamente, schiudono i loro fiori. Le prime lucertole si svegliano e il loro fruscio si sente in prossimità dei muretti mentre le uova dei rospi, avvolte a migliaia da una lunga collana gelatinosa, ondeggiano tra le piante dei laghetti. Nel sottobosco spuntano le primule, le violette, i crochi, le pervinche e il mesto pigolio invernale degli uccelli si trasforma nella grande sinfonia che prelude al corteggiamento.
Il periodo che precede la Pasqua è il periodo in cui la vita si muove nuovamente verso la sua pienezza
e, con questa sua forza oggi così poco compresa, spinge anche noi a rinnovarci, ad abbracciare con una nuova visione lo scorrere incerto della vita. Anche molti animali partecipano a questo rinnovamento. La maggior parte dei capretti e degli agnelli nascono con la luna piena di febbraio e, dopo i primi giorni di timidezza trascorsi zampettando dietro l'ombra rassicurante della madre, si lanciano in corse scatenate con i coetanei del gregge.
Chi non ha mai visto gli agnellini giocare, non avrà mai un'immagine chiara della gioia che può pervadere la vita. Si inseguono in gruppi, sterzano, cambiano direzione, saltellano sulle zampe anteriori e posteriori, se c'è un punto più alto nel pascolo, una roccia, un tronco abbattuto, un fontanile, fanno a gara a saltarvi sopra e questo per loro è il massimo divertimento, e poi di nuovo riprendono a rincorrersi, ogni tanto si affrontano e si caricano a testate, simulando l'età adulta. Poi le madri li richiamano, e allora è tutto un correre, un raggiungere con misteriosa abilità, tra la folla del gregge, la propria genitrice, uno spingere con testa, un vibrare di codine soddisfatte. Sul pascolo scende allora il tenero silenzio della poppata.
Ma poi un giorno, poco prima della Pasqua, mentre gli agnellini pan di spagna sorridono invitanti sui banchi dei supermercati, nelle campagne arrivano i furgoni e caricano i piccoli delle pecore e delle capre. La gioia se ne va dai pascoli e subentrano gli strazianti belati delle madri che per tre giorni corrono incredule da un lato all'altro chiamando a gran voce le loro creature con le mammelle gonfie di latte. Poi, dopo tanta agitazione, sulle campagne scende il silenzio e i pascoli tornano ad essere delle distese brulle in cui i corvi zampettano tra le madri svuotate dal dolore. Intanto gli agnellini, avvolti nel cellophan, sono arrivati nei banconi dei supermercati: interi, a pezzi, o solo la testa, che pare sia una prelibatezza. Non posso non sussultare quando vedo, schiacciati dalla pellicola, quegli occhi opachi e quei dentini che già strappavano la prima erba.
L'altro giorno mi ha chiamato un'amica che lavora vicino al mattatoio
. «Mi sono messa i tappi, ma non serve a niente. Vengono scaricati ogni giorno, a centinaia, e urlano con voci da bambini, disperate, rauche, in preda al terrore, ma, a parte me, nessuno sembra farci caso. In fondo ogni anno è così. È la vita, è la tradizione, è Pasqua e questo è il rumore della Pasqua». Già, perché la Pasqua è soprattutto un pranzo tradizionale, una mangiata di quelle che si fanno di rado, con l'abbacchio trionfante in mezzo alla tavola, un abbacchio ridotto a prelibatezza culinaria, a segno di una cultura gastronomica mai tradita, spogliato da ogni valenza che superi il tratto gastrointestinale.
Ma in quei belati, in quelle urla, in quella vita che è pura innocenza, non è forse celata la domanda più profonda sul senso dell'esistere? Perché la morte irrompe e devasta, senza guardare in faccia nessuno. Nella nostra società così asettica e così impregnata di onnipotenza, lo dimentichiamo un po' troppo spesso, ma dimenticare l'ingombrante presenza della morte vuol dire abdicare, fin da principio, al senso della vita. Quando la morte scende su uno dei miei animali, gli altri fanno dei lunghi giri per non avvicinarsi al corpo, per non guardarlo e, per qualche giorno, il loro comportamento cambia, diventa stranamente assente, come se qualcosa, al loro interno, all'improvviso avesse cominciato a vibrare in modo diverso. La contemplazione della morte non può non provocare un profondo senso di timore, timore per quell'occhio brillante che improvvisamente diventa opaco, per quel vivo tepore che si trasforma in fredda rigidità. È per questa ragione che tutte le culture dell'uomo hanno sviluppato dei rituali di macellazione per rendere questo passaggio meno temibile — temibile per l'animale, ma temibile soprattutto per noi, temibile per la potenza evocativa racchiusa nel sangue che scorre.
Ma in una società come la nostra, totalmente profana, in cui nulla è più sacro e gli unici timori concessi sono legati alla materia, la catena di morte del macello non è che una realtà tra le altre.
Le urla degli agnelli sono un rumore di fondo, uno dei mille rumori che frastornano i nostri giorni. E forse non sapere ascoltare questo lamento è il non saper ascoltare tutti i lamenti — i lamenti delle vittime delle guerre, dei malati, dei bambini torturati, uccisi, delle persone seviziate, abbandonate, dei perseguitati, di tutte quelle voci che invano gridano verso il cielo. È anche il non saper ascoltare il nostro lamento, di persone sazie, annoiate, risentite, incapaci di vedere altro orizzonte oltre quello del nostro minuscolo ego, incapaci di interrogarci, di affrontare le grandi domande e di accettare il timore che, da esse, inevitabilmente deriva.
Sdraiati sul comodo divano della teodicea, continuiamo a ripetere che Dio non può esistere perché permette il male degli innocenti e questo assunto ci placa, ci quieta, ci mette dalla parte della ragione, proteggendoci dall'insonnia delle notti e dall'angoscia straziante del dolore del mondo. Quanti orrori — e quanti errori — derivano da quest'immagine di Dio onnipotente, da quest'idea di un Dio con la barba, seduto su una nuvola, parente stretto di Zeus, con i fulmini in mano, pronto a scagliarli sugli empi della terra. L'onnipotenza di questa società ipertecnologica, non deriva forse proprio da questo? Dio non è onnipotente, come ci aveva promesso, e dunque diventa nostro compito assumerci l'onnipotenza, raddrizzare le cose storte in cose dritte, creare il paradiso in terra, un paradiso in cui la giustizia finalmente trionfa, grazie alle nostre leggi. Il paradiso in terra però, come già abbondantemente ci hanno mostrato le tragedie del Novecento, ben presto si trasforma nel suo opposto perché, quando l'uomo crede di agire unicamente secondo i principi assoluti della ragione, sta già srotolando un reticolato e prepara potenti luci al neon per illuminare ogni angolo della prigione.
Forse il pianto delle migliaia di agnelli immolati per routine consumistica in questi giorni non è che il pianto di tutti i milioni di vite innocenti che ogni giorno in modi diversi, da che mondo è mondo, vengono stritolate dal male. E quel pianto che si alza verso il cielo senza ottenere risposta, ci suggerisce forse che il passaggio, la vera liberazione — la vera Pasqua — è proprio questa. Sapere che Dio non è onnipotente, ma, come Agnello, condivide la stessa nostra disperata fragilità. E solo su quest'idea — sull'idea che condividiamo la fragilità, che le tue lacrime sono le mie e le Sue sono le nostre — si può immaginare un mondo che non scricchioli più sotto il delirio dell'onnipotenza ma che si incammini nella costruzione di una vera umanità.
Susanna Tamaro, fonte: La coscienza degli animali

25 commenti:

lorenzozanirato ha detto...

Domanda priva di malizia da una persona che in 30 anni di vita A PASQUA in una famiglia abbastanza tradizionalista e cattolica (non talebana) non ha mai mangiato agnello: ma voi mangiate l'agnello a Pasqua ? Io ho fatto una rapida inchiesta con gli amici e nessuno lo mangia (principalmente perche' non gradisce quella carne). Lo trovo invece molto spesso da questa parte di mondo, vista l'influenza musulmana, pero' proprio e' un cibo che non mi appartiene. Vengo io da Marte ?

PS: Astenersi strumentalizzatori. La mia e' solo curiosita' gastronomica. Grazie

Stefano Olivari ha detto...

Qualche volta, una trentina d'anni fa, l'ho mangiato...quando ho potuto decidere non l'ho più fatto, ma onestamente è stata più una questione di gusto che una questione etica...quella è arrivata con gli anni e l'insopportabilità della violenza, non solo ovviamente contro gli agnelli...rispondendo alla domanda, senza fare sondaggi sento che metà delle persone che conosco a Pasqua lo mangia o perlomeno ce l'ha sulla tavola...

jeremy ha detto...

A Pasqua ho sempre mangiato capretto mai agnello. Ma è una questione di tradizione territoriale e alla fine, dal punto di vista animalista, se non è zuppa è pan bagnato.

transumante ha detto...

Stefano: credo che dovresti combattere la tua battaglia razionalmente. Parlare dei vantaggi della dieta vegetariana, dell'intrinseca maggiore efficienza che mangiare cio´che si coltiva ha su mangiare gli animali che mangiano cio´che si coltiva (si salta un passaggio, quindi...), dell'assurdita´di accettare acriticamente alcuna religione e tradizione

questo e´cio´che penso io, che trovo aberrante questo articolo nella sua volgarita´e vigliaccheria

E' volgare perche´la sofferenza e´innanzitutto interiore, non esteriore: si puo´ piangere senza lacrime e grida, ma per la tamaro ha dignita´solo la sofferenza che giunge alle sue orecchie sensibili.
E allo stesso modo vuole toccarci emotivamente con l'esteriorita´

E' vigliacco perche´non c'e´sforzo cerebrale, solo ignoranza abissale e rifugio nel mantra delle rilassanti flatulenze: cosa vuol dire senso della vita? Quali sono le colpe della societa´ipertecnologica? La sacralita´implica umanita´? E da quando?

Difra ha detto...

Che una larga percentuale di erbivori non arrivi all'età adulta lo ha previsto la natura:
il ruolo che migliaia di anni fa svolgevano i lupi oggi, per il mondo che abbiamo creato, lo ricopriamo noi. Certo, per noi non sarebbe necessario; ma per l'equilibrio dell'ambiente, anche di un ambiente antropizzato, lo è: se tutti gli agnellini che macelliamo sopravvivessero, in assenza di predatori naturali, spoglierebbero la terra e quanti di essi poi morirebbero di fame?

Io sarò cinico, bastardo, insensibile o quello che volete, ma per quanto mi riguarda quando si parla di esseri umani conta l'individuo, quando si parla di animali conta la specie.

Andrea ha detto...

Questo articolo mi ha ricordato quando da adolescente decisi di diventare vegetariano ispirato dalla potente lirica di "Meat is murder" degli Smiths. Sono durato poco più di una settimana...
Colpa della bontà della mortadella ? Forse. Anzi sicuramente. Ma a me piace pensare che prima o poi sarei arrivato alle stesse conclusioni anche col pensiero razionale. Provatelo anche voi ! Ti fa sentire come un peto sparato nello spazio siderale, ma... cazzo, sono iniziate le partite !

GuusTheWizard ha detto...

Articolo delirante.
Dalla costoletta d'agnello alle "tragedie del Novecento" senza neanche passare dal via.

Stefano Olivari ha detto...

Dalle premesse di valore dipendono i successivi ragionamenti, quindi per chi considera un cane con la stessa dignità di un uomo è normale pensarla così...se poi, più o meno sottilmente, mi si dice che la natura prevede che il più forte prevalga sul più debole, posso anche accettarlo come dato statistico ma non dal punto di vista etico...il diritto che risiede nella forza, Hitler lo ha scritto nel Mein Kampf (copiandolo da altri, ma diciamo che lui ha reso popolare il concetto) e noi siamo tanti piccoli super-uomini che accettiamo la bistecchina macellata da altri (io sono fra questi: non la mangio ma nemmeno metto le bombe nelle macellerie come dovrei fare se fossi coerente) ma cambiamo marciapiede quando vediamo una faccia male intenzionata...

GuusTheWizard ha detto...

@Direttore
Il "delirante" non era riferito ai vegetariani (dei quali, per inciso, fa parte anche mia moglie) ma all'accozzaglia di banalità presenti nel pezzo della Tamaro ("gli agnelli immolati stritolati dal male", ecc), che secondo me, una pecora vera, non l'ha mai neanche vista da vicino.
Poi, che le civilltà superiori non si cibino di carne è un dato di fatto.

Andrea ha detto...

Scusi Direttore, ma qui non è una banale questione di "legge del più forte". E' che parte del ciclo della Natura prevede che determinate specie si nutrano di altre specie, animali e vegetali. E lo prevede non solo per la salvezza dei primi, ma anche, indirettamente, per quella dei secondi ! Poi possiamo discutere sull'etica di certe modalità di allevamento, utilizzo e, forse, anche uccisione degli animali. Ma l'etica è un esercizio retorico dell'uomo che muta insieme a lui: in Natura, come sanno bene tutte le prede di questo mondo, non esiste.

P.S. si offende se dico che con quell'esempio di coerenza tra pensiero e azione che ha citato a proposito delle macellerie è andato un pò lungo in curva ? Ma un bel pò lungo !

jeffbuckley ha detto...

Mi sembra di aver letto che per produrre (se così si può dire) un chilo di carne ci vogliono 100 litri d'acqua. Vista il supposto sviluppo della supposta coscienza ambientalista di molti, magari questo dato può essere più utile dell'articolo effettivamente un po' lagnoso della Tamaro. Andrea e Difa, la natura allo stato brado si sa autoregolamentare, ma l'uomo ALLEVA milioni di animali al solo fine alimentare, se non li mangiasse non esisterebbero....

jeffbuckley ha detto...

OT: Diretur, continuo a non vedere gli ultimi commenti del muro del calcio.. sabotaggio perchè l'inter ha ripreso la sua marcia trionfale?

Davideazn ha detto...

Agnello di pastasfoglia con ripieno di crema pasticcera.. Slurp

Stefano Olivari ha detto...

Già diverse segnalazioni, come quella di Jeff, sul Muro del Calcio...io lo leggo bene sia da PC che da Mac...non sarà un problema di Blogger? Per la gioia di tutti, sto studiando su suggerimento di Nicola l'utilità ai nostri fini (cioè commentare l'ultimo Mourinho e poter mettere un link ad un articolo interessante) di Disqus...dopo l'agnello (di cioccolato) e Bolton-Arsenal rivedo tutto...

GuusTheWizard ha detto...

@Direttore
Confermo la segnalazione di Jeff.
Su Windows 7:
- con Internet Explorer Muro del Calcio "invisibile", probabilmente a causa di qualche burlone di Mountain View che sta testando un dispositivo di occultamento Romulano.
- con Firefox invece tutto OK.

Su Android tutto perfetto (ci mancherebbe altro).

Buona Pasqua a tutti.

axel shut ha detto...

pure io Windows 7, con Firefox e Chrome nessun problema, con Explorer non vedo niente
2 indizi non fanno una prova, aspettiamo il 3°

francesco74 ha detto...

Axel confermo... Stesso problema col muro dello sport

Leo ha detto...

Ho problemi col muro dello sport, non lo leggo da due giorni, e ci sono gli aggiornamenti sull'nba di Simo e soci, cazzo!!!

Sull'agnello, per rispondere a Cissi, devo dire che cerco di non mangiarlo, però non mi dispiace, soprattutto le costoline.
Io non ce la farei ad essere vegetariano in nessun modo, perché il pasto che più adoro consumare è un piatto di carne (arista, bistecca, pollo ai ferri, anatra o quello che volete voi, accompagnato da insaliatina o verdure grigliate) con del buon vino, la pasta e il pane, ad es., per me potrebbero abolirla, la mangio solo per non esagerare con la carne.
Per i vegetariani, che rispetto tantissimo e quasi invidio, ho una domanda fondamentale: perché mangiate surrogati (tra l'altro abbastanza schifosi) di carne? Se tanto son cereali non è meglio una bella zuppa di farro?

Arturo ha detto...

Ho avuto gli stessi problemi di accesso al muro dello sport e del calcio, risolti con l'entrata in blogger tramite "posta un commento"

Arturo ha detto...

Pardon, intendevo problemi non di accesso ma di visualizzazione degli ultimi commenti

Simone ha detto...

Il cibo che mangiamo è il risultato di un condizionamento sociale e culturale millennario.
L'uomo condivide il 98 percento del corredo genetico con un animale vegetariano come la scimmia.
Il nostro vero problema è che tendiamo agli scimpanzè più che ai bonobo.
Abbiamo una percezione della realtà comoda,che ci affianca e consola nelle "nostre" scelte.
Allora siamo convinti che Einstein sia più intelligente di un gatto o che l'industria alimentare operi per il benessere di chi ingozza...
Beati noi.

Non condivido la descrizione della natura,semi idilliaca,di questo pezzo.
E' un luogo sensuale e minaccioso.
Di una bellezza irraggiungibile e crudele che ci regala un'infinità di simbologie.
Torniamo alla pellicola pavloviana che ci avvolge.
Questa settimana dividevo due cani che provavano ad accoppiarsi.
Era un mio problema etico,di sicuro non loro.
Perchè avevo visto,due anni fa,la cagnolina partorire e accudire quello che adesso è il suo amante...

Simone ha detto...

Errata Corrige:"..millenario.."

@Cissiboy:non ho mai mangiato agnello a Pasqua.
Consumo pochissima carne e saltuariamente,ovvero quando mangio una pizza o un piatto esotico.
Penso che tra non molto avrò completato la mia conversione alimentare.
Da bimbo adoravo il ragù,oggi mi infastidisce il solo odore di condimento animale.

Ieri sera ero a cena in un ristorante.
Una tavolata di otto persone.
Sei antipasti,un primo(fettuccine alle ortiche con sugo di porri e panna),un pò di secondo(c'era chi mangiava un bel brasato)e un dolce(altri hanno fatto l'assaggio completo).
Cinque bottiglie di Barbera,una di spumante;io ho aggiunto anche quattro bicchierini di grappa e un caffè.
Essere italiani,almeno quando si è seduti e con le gambe comode sotto il tavolo,conviene ancora...

Simone ha detto...

Ah,il metodo migliore per leggere i post sui Muri è quello indicato da Arturo.
Blogger è afasico da quasi una settimana...

sergio.bocchini ha detto...

Cercare solidarietà su un sito di "rudi" uomini che si nutrono principalmente di sport con un articolo strappalacrime come questo da io donna mi è sembrato molto divertente specialmente leggendo i commenti suscitati, credo che se fosse per i frequentatori di questo sito la Susanna Tamaro sarebbe morta di fame. Temino elementare con la solita antropologizzazione del pensiero animale. Hanno ragione i commenti precedenti, meglio puntare sulla razionalità, se potete mangiate poca carne che fa bene alla salute e all'ambiente

libeccio ha detto...

Il pezzo della Tamaro è una metafora delle infamie che vengono commesse sul più debole. In generale intendo. Vengo da una cultura contadina dove a natale e pasqua l'agnello era d'obbligo. E tutto era inserito in un giusto contesto, dove gli animali venivano amati ben oltre il ruolo economico che pure avevano. Poi leggo l'inchiesta dell'Espresso secondo la quale non un frutto o una verdura che arriva sulla nostra tavola è affrancata dalla dura legge di mafia spa che monopolizza totalmente produzione, distribuzione, dettaglio. Come la mettiamo?