Le mogli dei Lakers

di Oscar Eleni 
Quattro giorni senza domani, il segreto delle grandi squadre, l'ultimo giro di Phil Jackson e l'isola di Sassari.


Dal silenzio meditativo di Barcellona, dove i campioni d’Italia sono stati respinti un’altra volta, impotenti davanti a certe scelte che portavano nella grande finale europea vinta dal drago Obradovic, a queste ore infernali per chi cerca un posto al sole, per chi vorrebbe salvarsi, per i finti pentiti, soprattutto giocatori e manager, per le società che non crescono mai. Quattro giorni senza domani. Diceva Gary Cooper alla piccola Judy Garland: ”So bene che non sposi l’uomo dei tuoi sogni. Ma di tutti i miliardi dei nostri sogni sì. Come sai gli uomini passano, ma i miliardi restano”.
Discorso da pirati che però va benissimo anche nello sport per i matrimoni dei giocatori. Non si hanno sempre i miliardi dei nostri sogni e quindi neppure gli uomini migliori, ma attenti a dove mettete le mani e i piedi perché la famosa “chimica di squadra” nasce dalle piccole cose. Chiedere alle squadre d’oro della nostra storia. Era più facile gestire il gruppo in spogliatoio che fuori. Oltre le righe del campo c’era il filo spinato dell’incomprensione. Se si odiavano le mogli, le compagne, era un disastro. Ve lo confermeranno in molti di quell’epoca: guai avere contro una moglie del primo tiratore se eri l’allenatore, se eri il secondo tiratore. Capirete adesso la differenza fra Siena, Cantù, la Varese sbocciata fra gente che portava ortiche e fingeva di regalarti rose e amicizia, comprenderete bene come funzionano le cose se guarderete oltre le lavagnette, le statistiche, ma andrete nella testa dei giocatori.
Guardate cosa è capitato ai Los Angeles Lakers, campioni in carica della NBA usciti al primo scontro duro contro Dallas che in passato si frantumava sull’ego della proprietà. L’obbiettivo finale, la gloria, i miliardi, non contavano più niente per quello squadrone, non era più credibile neppure un grandissimo come Phil Jackson. Invidie, liti fra donne, odio familiare e puff, ecco il disastro. Non ci stupisce che in mezzo ci sia Bryant e il suo mondo, lo notavamo anche quando svolazzava sulla povertà di Milano.
Voi credete che un grande come Messina sia caduto a Madrid per problemi tecnici? No. Anche in Castiglia era l’odio, l’invidia, a spezzare tutto. Per questo Cantù e Varese sembrano isole, come la Sassari non sponsorizzata che scrive il nome dei 2000 abbonati sulla maglietta. Ma vedrete che gli invidiosi si metteranno subito al lavoro e per questo serve vigilanza notte e giorno, meglio la notte. Per questo Milano è così difficile da gestire, così fragile anche dopo costruzioni miliardarie. Nel film erano gli uomini a passare e i miliardi a rimanere. Nello sport dovrebbe, potrebbe, essere diverso, ma pensate alla pantomima Gattuso-Leonardo. Lo capiremo in queste giornate da infierno.

1 commento:

jeffbuckley ha detto...

post interessante che conferma come le squadre siano un microcosmo difficile da gestire sotto molti aspetti, dei quali quello tecnico / tattico è solo uno e forse nemmeno il più importante, alla faccia di chi, a proposito di calcio, discute di un metro più avanti o più indietro e quando si parla di moduli da i numeri...