La periferia dentro

di Stefano Olivari
E' finalmente uscito Il teppista, il libro di Giorgio Specchia prodotto da Indiscreto. Un attacco veramente sciatto per un'opera straordinaria, che ci recensiamo da soli senza mendicare il favore dall'amico dell'amico. Ringrazieremo i giornali che scriveranno di noi, nessun problema con chi ci ignorerà: non è un complotto contro Indiscreto o contro Specchia, il problema è che escono troppi libri e quasi tutti del temibile 'collega' al quale non si può dire di no.

E adesso finalmente parliamo di una storia emozionante che del romanzo ha solo la forma, ma che della Milano e dell'Italia degli ultimi trenta anni ha la tremenda sostanza. La storia di Nino Ciccarelli, personaggio inimitabile e non certo per i dodici anni di carcere effettivamente scontati (con un po' di impegno in galera ci possiamo finire tutti), ma per le molteplici incarnazioni: detentore del record mondiale di giorni di presenza in aula in un anno scolastico (due, in prima media, con tanto di articolo sui giornali dell'epoca), teppista di Quarto Oggiaro, volontario sulle ambulanze, buttafuori, imprenditore, mille altre cose con alti e bassi, ma conosciuto in tutta Italia soprattutto come ultrà. Rispettato in maniera trasversale da tutte le tifoserie, secondo un codice d'onore che possiamo solo intuire.
Fondatore dei Viking, un gruppo della curva interista, insieme all'autore del libro e ad altri amici, Ciccarelli è stato testimone ed attore protagonista di molti episodi da stadio che hanno fatto epoca: dal ragazzo morto ad Ascoli nel 1988 al motorino bergamasco lanciato dal secondo anello di San Siro nel 2001, passando per tante altre storie finora conosciute solo da pochi. I fatti di Ascoli, per i quali la magistratura ha accertato l'estraneità di Ciccarelli, hanno cambiato per sempre la sua vita: perché in carcere non si conoscono iscritti al Rotary e da cosa nasce cosa. Certo è che gli ultras del calcio non godono di buona stampa, in un mondo costruito per tifosi lobotomizzati e  casalinghi da Playstation. Di sicuro un vetro rotto a margine di una partita ha da noi la stessa importanza mediatica di una città sfasciata per motivi politici. A questo proposito, il libro rende benissimo il disinteresse della maggior parte degli ultras per la politica. Il luogo comune li vuole di estrema destra o di estrema sinistra. Ma invece...
Questo non è comunque uno dei mille libri sul tifo, pieni di dettagli violenti su battaglie mai combattute, né tantomeno un'esaltazione della criminalità o di un certo tipo di machismo. E' la storia, con il filo conduttore della vita di un ragazzo senza protezioni, di trent'anni della nostra storia. Vissuti incontrando i personaggi più diversi, da Franco Califano all'ex tennista diventato boss delle scommesse, da Ignazio La Russa a Patrizio Oliva, dal terzino pieno di cocaina a Marco Predolin, dal capo dei capi a Chuck Jura. Un elenco completo sarebbe comunque riduttivo, quello che conta è il senso: che è quello di un ragazzo di Quarto Oggiaro che ha davvero vissuto la sua vita, pagando in prima persona per i tanti errori fatti.
L'aspetto generazionale del libro è quello che secondo noi prevale su tutto: chi è nato alla fine degli anni Sessanta e in tutti i Settanta si ritroverà in descrizioni e comportamenti che nessuna sociologia potrà mai spiegare come chi c'era. Un altro pregio del libro è lo stile secco, senza orpelli, che non respinge chi legge ma lo avvolge in un'epoca senza tediarlo con tirate del genere 'formidabili quegli anni'. Non c'è nostalgia, non c'è autocompiacimento, non c'è rifugio in un passato meraviglioso, non c'è nemmeno il mitico 'messaggio'.
Per qualche secondo torniamo editori, orgogliosi di non avere sponsorizzazioni né contributi e quindi con lo spettro del fallimento a darci le motivazioni giuste. Di puro passaparola, visto che mentre stiamo scrivendo queste righe non abbiamo ancora acquistato nemmeno un euro di pubblicità su Google e Facebook, in tre giorni abbiamo venduto la bellezza di 800 copie e ne abbiamo distribuite altre 1.200: abbiamo colto lo spirito del tempo, anche se non sappiamo di quale tempo. Diciamo 'abbiamo', ma in realtà dovremmo dire 'Giorgio Specchia ha'. Come tutti i migliori libri, questo nasce dall'urgenza e dalla necessità di comunicare qualcosa. Nonostante un giornalista (Specchia da 15 anni lavora alla Gazzetta dello Sport) sia spesso costretto ad inventare o a ingigantire i fatti, in questo libro di inventato c'è davvero poco.
Tornando alla storia, crediamo che chiunque venga dalla periferia possa identificarsi in Nino. E non ci riferiamo alla periferia rispetto al centro delle città, ma a quella parte di italiani costretti a vivere da outsider senza raccomandazioni, genitori che ti spianano la strada, conoscenze, club e conventicole che in cambio di un voto o della prostituzione intellettuale ti danno le briciole. La periferia non è solo vivere in case tristi abitate da gente triste con prospettive tristi, ma è soprattutto un luogo dell'anima. Possiamo uscire da lei, ma lei non esce mai da te.


stefano@indiscreto.it
(26 ottobre 2011)


IL TEPPISTA - Trent'anni maledetti a Milano, di Giorgio Specchia 
Indiscreto Editore, 160 pagine, 12 euro.

In vendita via web, in libreria e anche in versione eBook.

Per informazioni: www.ilteppista.com

54 commenti:

Anonimo ha detto...

Direttore l'ultimo capoverso, per me che non vengo dalla periferia, è un pugno allo stomaco;salutare direi. Complimenti

transumante ha detto...

"con un po' di impegno in galera ci possiamo finire tutti"

mah

"Certo è che gli ultras del calcio non godono di buona stampa, in un mondo costruito per tifosi lobotomizzati e casalinghi da Playstation."

quindi gli ultras sono disgiunti dai lobotomizzati?

"Di sicuro un vetro rotto a margine di una partita ha da noi la stessa importanza mediatica di una città sfasciata per motivi politici."

il problema e´l'associazione guardo la partita-> rompo un vetro

" La periferia non è solo vivere in case tristi abitate da gente triste con prospettive tristi, ma è soprattutto un luogo dell'anima"

vero, sono persone che, se non esistessero, nessuno se ne accorgerebbe, quindi migliori di ciccarelli

vero anche la periferia e´altro: c'e´gente che invece di rifugiarsi nei luoghi dell'anima e identificarsi con chissachi´ preferisce farsi il culo e realizzarsi, ma non e´materiale da romanzo

Stefano Olivari ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Stefano Olivari ha detto...

@Ricca: la periferia, secondo me, è soprattutto la sensazione di esclusione. Questo al di là del fatto che noi ci si viva concretamente (non per fare l'Eros Ramazzotti dei poveri, ma sotto la mia finestra c'è un deposito di tram). @Transumante: hai al 90% ragione (il discorso sui lobotomizzati è invece più ampio, qui ha già detto tutto Ballard). Infatti nessuno scriverà mai un romanzo basato sulla mia vita, 12 ore al giorno davanti al computer a scrivere cose inutili per arrivare alla fine del mese dopo aver sollecitato ogni pagamento una media di 5 volte.

Felix ha detto...

Comprato e letto. Per chi come me è del 68 e ha iniziato a frequentare lo stadio fra i 70 e gli 80 un bello tuffo neol recente passato. Non ho mai frequentato la curva ma ovviamente i personaggi citati nel libro bene o male li ho sempre sentiti nominare.
Piu' che sugli aspetti sportivi mi pare ben tratteggiato un ritratto della Milano-By-Night a dir poco crepuscolare e ben incipriato di polvere

spillo ha detto...

non ho ancora letto il libro, lo farò presto.
sono interista e appassionato di mondo ultrà, la curva nord però l'ho sempre frequentata poco avendo capito, proprio a metà degli anni 80, quale fosse l'andazzo.
sono nato e cresciuto a baggio, non ho avuto conoscenze nè genitori che mi hanno spianato la strada, ma non sono rimasto invischiato in storie di droga, risse allo stadio o davanti lo shocking, non ho aspettato tifosi juventini in piazzale axum col coltello. ho un lavoro modesto ma onesto. avrò avuto una vita triste con prospettive tristi, ma sono contento così

Dane ha detto...

Quoto la polemica di Transumante e Spillo, al di là dell'ultima frase della recensione, che pare tradurre in salsa italica la definizione che Michael Jordan dava di Dennis Rodman, sto mito della periferia mi pare un alibi sopravvalutato.
Un po' come quando al liceo quando si faceva casino: quelli coi genitori divorziati avevano una sorta di lasciapassare di tolleranza (genitori divorziati che erano tra l'altro anche il primo alibi per chi si bucava negli anni 80...).
Che il libro sia interessante per certi aspetti sociali toccati è indubbio (tant'è che m'è venuta voglia di comprarlo nei giorni scorsi già solo a vedere la copertina in alto a destra nella homepage...), che l'alibi di Ciccarelli sia l'esser nato in periferia e che per questo chiunque nato lì possa indentificarsi con lui assolutamente no.
Tra il delinquente da curva e il figlio di papà raccomandato ci sono 1000 gradi intermedi e solo in base alla responsabilità personale ognuno sceglie quale occupare...

transumante ha detto...

Stefano: certo, volevo solo contestare la linearitá del collegamento fra "vivere la periferia" e diventare un delinquente buono a nulla. In fondo noi non viviamo nei romanzi

Stefano Olivari ha detto...

@Spillo e @Dane: una storia è...una storia, per quanto vera e viva come questa...non è di sicuro una lezione di vita... del resto uno dei pregi di Nino è che non ha mai cercato giustificazioni 'sociali'...ho accoltellato uno? E' giusto che vada in carcere...con la retorica del disagio dovremmo essere quasi tutti delinquenti o tirare estintori contro le camionette della polizia...per dire, io mi sono identificato molto con quell'ex carabiniere disperato che ha ammazzato un produttore-regista al quale aveva prestato dei soldi...ma non ho mai nemmeno minacciato i tanti furbi del mondo dell'editoria che non mi hanno pagato...e forse ho sbagliato, sarà che vengo dall'oratorio...ribadisco: una storia è una storia, le fedina penale del protagonista non è secondo me un giusto parametro di valutazione.

Dane ha detto...

Direttore, Transumante nel suo ultimo post ha sintetizzato quanto volessi dire io. Non conosco le vicende del protagonista anche perchè non ho ancora acquistato il libro qundi figuriamoci se mi permetto di dare giudizi, però come dice lei una storia è una storia e, se mi permette il brutto gioco di parole, fa storia a sè. Quindi sono d'accordo che la fedina penale del protagonista non sia un giusto parametro di valutazione come ritengo non lo sia nemmeno l'esser nato in periferia: Ginetto Trestanti, Costante Girardengo e Sante Pollastri eran praticamente vicini di casa. Uno ha fatto il contadino, uno è diventato campione, uno si è dato alla criminalità... ;-)

p.s.: credo pesino di più le singole vicende personali, come la sorella di Pollastri stuprata da carabinieri. A questo proposito io mi sono identificato di più col regista, se mi passa la battuta... :-D

Lupo ha detto...

Non so se interessa ma il libro ancora non si può acquistare tramite IBS. Siccome a giorni devo ordinare alcuni libri, non è che il direttore renderà possibile l'acquisto anche tramite quella libreria on-line?

Leo ha detto...

ma a quella parte di italiani costretti a vivere da outsider senza raccomandazioni, genitori che ti spianano la strada, conoscenze, club e conventicole che in cambio di un voto o della prostituzione intellettuale ti danno le briciole

Beh, siamo in 55 milioni almeno... Se la tua ambizione non è frequentare il billionaire o andare in tv non è tanto tragica dai...

Per quanto riguarda la storia non capisco le critiche, il direttore non credo volesse dire che chiunque nasca in periferia diventa così, per la maggior parte è vero il contraria, ma solo che chiunque nasce in periferia, soprattutto fino alle medie, conosce certe dinamiche e certe storie. Poi crescendo se ne libera.

Stefano Olivari ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Stefano Olivari ha detto...

@Lupo: non ho purtroppo alcun potere, contrattuale o di altro tipo, nei confronti delle librerie online. Loro prendono dal distributore i libri che vogliono...di solito Ibs i nostri libri li vende, forse in questo caso sono solo poco reattivi (visto che è un libro che gli converrebbe vendere)...garantisco solo su Hoepli.it perché i libri glieli porto personalmente (nel verso senso dell'espressione, riempiendo vecchi zainetti Invicta e mettendomeli in spalla) e sono molto seri nelle spedizioni, anche all'estero... @Leo: d'accordo con la considerazione sulle logiche di cui liberarsi, per il resto ci accontenteremmo di concorsi pubblici non truccati e di una vita lavorativa in cui non sia necessario essere iscritti a un partito, un sindacato, un'associazione religiosa, una loggia massonica, un clubbettino del tipo 'noi siamo i migliori'...

Roberto Gotta ha detto...

Stefano, se mai pensassi (ma perché?) di scrivere un'autobiografia saresti assunto come mio ghost writer, anche perché descrivendo te hai descritto anche me: "12 ore al giorno davanti al computer a scrivere cose inutili per arrivare alla fine del mese dopo aver sollecitato ogni pagamento una media di 5 volte"
:-(

Leo ha detto...

Beh sarebbe un punto da dove cominciare.

In ogni caso per aggiungere qualcosa ma anche no, è persino ovvio che qualcuno prenda in mano un libro che racconta questa storia, invece di un altro che racconta come il figlio di un operaio di Quarto Oggiaro sia diventato primario.

perché i libri glieli porto personalmente (nel verso senso dell'espressione, riempiendo vecchi zainetti Invicta e mettendomeli in spalla) e sono molto seri nelle spedizioni, anche all'estero...

Qui una critica: perché con una mano infarcisce i suoi post di quanto sia sbagliata la frase "ah che tempi", e con l'altra regala questi aneddoti (lo zaino immagino sia di quelli in nylon a righe orizzontali)? E' la dura verità o ha perfettamente capito i gusti dei suoi lettori (del blog intendo)?

Leo ha detto...

Gotta & Olivari: eppure siete in una posizione in cui basterebbe poco per svoltare, abbastanza conosciuti, penso, nell'ambiente, per farvi una carriera alla Damascelli per lo meno. Ditelo chiaramente che non vi interessa! ;-P

spillo ha detto...

settimana scorsa a NY in metro ho visto spuntare uno zaino invicta, tipo quello che avevo io in prima liceo nel 1984 (e che mi è durato per tutto il liceo e oltre)....naturalmente era un italiano, per di più oltre la cinquantina...

Stefano Olivari ha detto...

@Roberto: finché ci sono pagamenti da sollecitare c'è vita...@Leo: il figlio dell'operaio di Quarto Oggiaro che diventa primario meriterebbe un servizio e un libro, se ne conosci uno gli propongo un'intervista per Indiscreto! Gli zaini esistono ancora e lottano insieme a noi per i trasporti di fatica, del resto non riesco a buttare via mai niente: non quelli di nylon a righine, che pure avevo, ormai sfibrati, ma quelli più solidi con le bretellone...@Spillo: dell'Invicta ho anche i guanti da sci, con scritto un improbabile 'Tested -35°'...

Dane ha detto...

Bèh, ma l'Invicta delle medie ce l'ho ancora anche io: un bel Jolly Top arancione, con su disegnato Bob Marley ovvio...
Anche se ormai lo uso solo in qualche passeggiata, che per girare in bici ho ormai la mia Messenger Bagaboo...

Tani ha detto...

"...e sono molto seri nelle spedizioni, anche all'estero..."
Mi hai letto nel pensiero, Stefano. Quindi mi posso fidare di loro? ...;-)

@spillo,
"sono interista e appassionato di mondo ultrà, la curva nord però l'ho sempre frequentata poco avendo capito, proprio a metà degli anni 80, quale fosse l'andazzo."

Qualche anno fa avevo avuto una discussione,(un tifoso interista qui su Indiscreto, ma non ricordo chi) proprio sugli ultra'. Ricordo che si era offeso per una mia affermazione (del tipo che gli ultra' sono dei delinquenti del cazzo, che per me potrebbero morire tutti domani mattina). Ora, per come concepisco io gli ultra' di oggi, sono piu' convinto di allora della mia affermazione, ma e'probabile che la mia e' una visione limitata, e proprio perche' mi incuriosisce e vorrei capire ti domando, visto che sembri piu' informato di me in materia:
qual'e' la differenza tra il mondo ultra' al quale ti eri appasionato, e quello della mafia e dei delinquenti che popola le curve di oggi?
Qual e' la differenza tra il tifoso non ultra', ma malato della sua squadra, che soffre, bestemia, non dorme la notte per una sconfita, e il concetto romantico(non delinquente) del ultra'?

Stefano Olivari ha detto...

@Tani: ti sei già stancato dell'iPad?

Tani ha detto...

No, Ste', lo amo ancora di piu', ma vorrei farmi anche la collezione cartacea delle prime opere di Indiscreto Editore. Sai mai con il passare degli anni...

transumante ha detto...

ovviamente lo zaino invicta classe 1995 ce l'ho anch'io, tuttora affidabilissimo e utilissimo per fare la spesa

mi avete fatto spaventare con l'amarcord, credevo non li facessero piu´!

Anonimo ha detto...

Transu
me too :-))

Dane ha detto...

Zaino Invicta classe 1995?! Cazzo il mio l'ho comprato negli anni 80, giocavano ancora Platini e Maradona! :-D

Marattroni ha detto...

fiero possessore di un invicta Magnum del 92, preso in prima media e arrivato a fine liceo. ce l'ho tuttora anche se usato pochissimo ormai

lorenzozanirato ha detto...

Invicta fluo..anni penso 91-92 all'incirca..

Tutt'ora usato qui a xinjiapo x uscite pomeridiane. "Very colorful" e' il commento di tutti quelli che lo vedono

tiziamal ha detto...

dai miei c´e ancora l´invicta top grigio dell´estate 93 e usato dal primo all´ultimo giorno delle superiori e poi perfetto per il mare e le altre uscite all´aperto

Stefano Olivari ha detto...

@Tani: ti rimetti in pari al prossimo viaggio in Italia, la cosstente delle opere di Indiscreto è che non vanno mai esaurite...@Invicta: nessuno con il prestigioso Jolly? E' indistruttibile...invece di minisac a righine ne avrò sfondati 200...era più adatto all'era dei tablet...

Marattroni ha detto...

è il motivo per cui non uso più il mio invicta...decisamente troppo very colorful alla soglia malsana dei 30. Quando mi serve 9 su 10 ripiego su un seven nero adesso, l'invicta ormai va bene al mare o in posti dove so che lo posso danneggiare..

Silvano65 ha detto...

Ho sempre rigettato lo zaino Invicta, preferendogli zainetti ex militari che trovavo più affidabili ;-)
Sul libro l'ho cercato da Feltrinelli in Centrale visto che ci passo tutti i giorni, ma a questo punto andrò alla Hoepli magari lunedì pomeriggio visto che in questo ponte lavoro e sono scapolone cone moglie e figlia in Germania. Commenterò quindi dopo la lettura. Penso che incontrerò diverse situazioni conosciute (ho abitato vicino a Quarto in gioventù e ho fatto il volonario in ambulanza in un'Associazione che operava sulla zona, la Croce Verde Sempione).
La prefazione é intrigante, però mi piace leggere che il messaggio ivi contenuto sia che Ciccarelli appare come quello che nessuno di noi vorrebbe essere e vorrebbe che fossero i suoi figli: non certamente comparabile ad un Pepé Flachi, tanto per parlare di uno che bazzicava negli stessi anni (con un'altra età e con altre responsabilità) dall'altra parte della Ferrovia Milano Seveso delle Nord e che ha fatto una carriera più prestigiosa (ha meritato persino una voce su Wikipedia), ma di certo un esempio da non imitare. Il codice d'onore delle tifoserie ultras non solo possiamo intuirlo, ma sarebbe buona cosa che non lo condividessimo. Attenzione poi a non cascare nella logica dell'ultras nemico e combattuto mediaticamente e per strada, vittima designata di un sistema che preferisce prendersela con loro anziché con altre realtà: l'ultras é quello che spesso in trasferta entra gratis mentre tu invece devi pagare il biglietto, é quello al quale per "motivi contingenti di Ordine pubblico" vengono concesse cose che al comune tifoso, normalmente rispettoso di leggi e regolamenti, invece vengono negate a manganellate sui denti.
Ciccarelli ha il pregio (e il vanto, giusto secondo me in questo Paese di pagliacci) di poter dire a se ed agli altri di avere pagato i debiti, e di poterne essere orgoglioso. Però é giusto che ciò sia avvenuto, lo scandalo é che altri coinvolti magari in fatti più gravi non lo abbiano fatto. Come me, che pago le tasse fino all'ultimo euro in un Paese con un'evasione fiscale devastante: non sono un eroe, faccio il mio dovere. E lo Stato dove vivo non deve darmi un premio ne mettermi nelle condizioni di non pagare anche io ma, molto semplicemente, fare pagare anche gli altri come lo faccio io. Ho vissuto come scrivevo sopra nella periferia nord di Milano, andavo anche io allo stadio negli stessi anni (e a vedere la squadra giusta ;-) ), ho fatto il volontario in ambulanza. Ne sono uscito vivo, facendo un lavoro differente da quello di mio padre (che quindi non mi ha dato una mano), credo di avere avuto anche io le mie esperienze forti (perché noi in fondo siamo in strada con loro, però dall'altra parte) ma per ora sono incensurato. Non mi riconosco quindi in lui, abbiamo semplicemente calcato gli stessi marciapiedi. E siamo entrambi la dimostrazione che si potevano prendere diverse strade uscendo dallo stesso portone di casa, tanto é vero che io ho fatto alle medie due anni di seguito senza neppure un giorno di assenza. Ciccarelli non é figlio del sistema, ma uno che ha fatto le sue scelte, avendo anche la possibilità di farne altre. Scelte, le sue, sbagliate, perché magari conformi ad un codice che si sono dati lui e quelli come lui, ma sicuramente contro la legge. E ha pagato. Il messaggio deve proprio essere questo: non fate come me, perchè queste scelte si pagano. Magari non tutti pagano, ma se voi siete nelle mie condizioni state pur certi che pagherete. Tutto. Detto questo, leggerò il libro e, conoscendomi, credo che lo finirò in un paio di giorni.

Dane ha detto...

@Direttore: come nessuno col Jolly?! Io ho parlato addirittrua di Jolly Top, ho avuto ogni release della serie, anche se è il Top che mi è rimasto, grazie a Bob Marley...

@Silvano: quoto tutto, soprattutto aver ricordato cosa vuol dire ultras. Che tra l'altro oltre al biglietto per lo stadio nemmeno il treno paga...

p.s.: pardòn, il "treno speciale"....

Simone ha detto...

Per i dì minimali utilizzo uno zainetto vinto,una dozzina di anni fa,a una fiera(sic).
Alcune volte il personale femminile(...)mi fa notare l'idiosincrasia tra quel coso gialloblu e il sottoscritto...
Nei giorni impegnativi uso un Falchi da alpinismo del 1979.
Indistruttibile o quasi,ha visto di tutto:dal Monte Rosa al Virus di Milano.

Stefano Olivari ha detto...

@Silvano: il non detto di tutta la letteratura sugli ultras (come ottusità il giornalismo è fuori concorso) non è che sono vittime del sistema, come a qualche nostalgico degli anni Settanta fa piacere credere, né che sono politicizzati (cosa fra l'altro sempre meno vera), ma che fa comodo a tutta la società avere dei luoghi preposti allo sfogo di rabbia incontrollata e di ribellione senza causa...la Premier League piace a noi che vogliamo andare allo stadio senza essere accoltellati, ma alla società inglese nel suo complesso faceva più comodo il modello pre Hillsborough...non si può generalizzare, ma all'ultrà del nostro mitico 'risultato' importa abbastanza poco...il senso di appartenenza, il viaggio, i disagi, la soldiarietà, queste sono le cose che contano...certo, bisogna crederci (io non ci credo, per dire), ma la stessa cosa si potrebbe dire di religioni o ideologie politiche...che si basano su premesse di valore altrettanto dogmatiche...

Lexo ha detto...

Acquistato e letto d'un fiato. Sinceramente? Deluso. Un po' per lo stile, che non mi appassiona, un po' per il succo. E' che ho avuto la sensazione che spesso mi viene chiacchierando con chi la curva la frequenta. Vanno in curva perchè... vanno in curva. Tautologia tipo "lunghe code a causa di traffico intenso". A scavare un po', non c'è dietro letteralmente nulla. Aggregazione e stop.

Lexo ha detto...

Ho trovato invece strepitosa la storia di Filippo Paita inserita nel libro,letta grossomodo uguale qui sul blog. A questo punto aspetto una biografia...

Stefano Olivari ha detto...

@Lexo: mi spiace che il libro non ti sia piaciuto (mi spiace doppiamente, in questo caso, perché quando scriviamo cose tirate via, cioè nel 99% dei casi, le critiche non fanno male: e questa non mi sembrava una cosa tirata via), ma sono contento che abbia colto (pur non apprezzandolo) il senso tautologico e anti-giustificazionista della storia: la maggior parte degli eventi della nostra vita sfugge a una nostra strategia (non è verità assoluta, ma l'autore e il protagonista, ed io, la pensiamo così), sono solo reazione a fatti e stimoli esterni...quanto a Paita, è un personaggio di culto conosciuto da un numero clamoroso di persone: meriterebbe un posto d'onore in un libro sul mezzofondo italiano degli anni d'oro, ci penseremo...

vincenzo ha detto...

Ecco un possessore di Invicta Jolly, ne ho usati tre a cavallo tra la quinta elementare e gli anni dell'università. Pratici e comodi, l'ultimo lo possiedo ancora e torna sporadicamente utile per trasferte e gite al mare.

paperogha ha detto...

jolly invicta giallo-blu, utilizzato dalla prima superiore fino alla tesi di laurea. poi l'ho dovuto buttare via perché l'ho un po' maltrattato negli anni

cydella ha detto...

Inchinatevi davanti al mio Jolly PRO 4: dalla 4° elementare fino alla fine del dottorato.
Adesso è qua in camera su una mensola.

GuusTheWizard ha detto...

Scusate, ma la zona medaglia non me la toglie nessuno.
Modello "Caribou" nero, tuttora completamente operativo, risalente alla fine degli anni '80.
Dall'inferno dell'Aula H di Fisica (Primo anno di Ingegneria) alle piste sterrate del Chobe National Park, dal deserto dell'Arizona ai ghiacciai del Banff National Park.

Dean M ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Dean M ha detto...

Libro acquistato (ps complementi alla Hoepli per la rapidità nella consegna) e letto in meno di 2 ore.Libro che in sole 160 pagine racchiude moltissime storie : la periferia, la violenza, la droga che ha spazzato una generazione,la politica, il tutto legato dalla passione ultras per il calcio e la sua deriva. Per certi versi mi ha ricordato alcune pagine di Edward Bunker. Libro bellissimo senza con questo voler mitizzare la figura ivi raccontata condividendo le giuste osservazioni fatte nel post da Dane,Silvano, Spillo e Transumante.

Dane ha detto...

Ragazzi se per la gara a chi ce l'ha più lungo la mettiamo sul chilometraggio e il cronometro, il mio Invicta dalle elementari al Master alla NYFA ha fatto 4 continenti in 27 anni, eh?!... :-D

p.s.: oddio....America del Nord e Sudamerica possono passare come due continenti diversi, vero?!... :-o

spillo ha detto...

@tani
rispondo un po' in ritardo, del mondo ultrà a me piaceva (e piace tuttora, nonostante abbia 40 anni) l'aspetto scenografico, i bandieroni, le sciarpate, i fumogeni (lo so che sembro un adolescente), i cori, etc
pensavo che a ciò si potessero unire uno spirito di gruppo e di amicizia senza contrapposizioni troppo forzate con le altre tifoserie, senza violenze, senza giri di denaro, senza politica. ma mi accorsi presto che non era possibile. però devo ammettere che ancora adesso allo stadio passo parecchio tempo ad osservare le curve, anche se purtroppo dall'introduzione della tessera del tifoso spesso gli ultrà della squadra ospite non sono presenti

Nicola Rizzuti ha detto...

@Olivari: un consiglio sul layout, meglio rimpicciolire la foto del "teppista" e spostarla in alto a sinistra, sopra i commenti (tra l'altro è il punto di maggiore visibilità), e tenere virgilio banner in alto a destra (i tipi di virgilio potrebbero rimuovere il banner notando che non è nella prima schermata).

Silvano65 ha detto...

L'ho letto, ed in effetti mi ha permesso di respirare un po' dell'aria di quegli anni. Tra l'altro il protagonista avvisa subito che non tutto é vero, e quindi alcuni particolari possono in fondo non essere reali. La caratteristica però di queste storie di Ultras é che i protagonisti non le prendono mai, e non scappano mai davanti ad altri gruppi, e se cadono lo fanno perché colpiti a tradimento o uno contro cento: siccome tutti la raccontano così, qualcuno racconta balle ;-)
Comunque, Stefano, non é vero che non c'é la morale in questo libro: c'é, eccome. Leggendolo, anche con un atteggiamento fortemente negativo come quello che potevo avere io che ho una certa repulsione per le teste di curva, sei quasi ad un certo punto portato a fare il tifo per l'ultrà, che fa in fondo quallo che molti di noi vorrebbero fare o avere fatto, dalle mazzate al ragazzo di quinta che ci vuole firmare (che poi quelli di quinta non firmavano, anzi: nella mia scuola proteggevano dagli abusi i primini firmando gli altri che esageravano) alla scroccona lasciata in albergo con il conto da pagare per arrivar alla possibilità di fermarsi una settimana in un'altra città per scoprire una truffatrice, facendosi poi naturalmente giustizia da soli. Gli anni di galera cadono addosso a Nino quasi per caso, tra una pagina e l'altra. Si capisce che Giorgio lo rispetta, però é un rispetto differente da quello che provo io. Il messaggio che passa, a mio parere, non é positivo: é vero, la nostra società é piena di ingiustizie sociali, ma la ricetta per risolverle non é la mentalità ultras, che in fondo é l'applicazione della legge del più forte, con la sola regola di scontrarsi ad armi pari e lontani dagli uomini di legge. La filosofia positiva dell'Uomo, invece, dal Cristianesimo in poi (e in certe culture anche da prima) da millenni lotta per garantire un futuro anche ai più deboli, e infatti il periodo del Nino volotario CRI passa molto sottotraccia, con un unico episodio del tutto inventato (i cadaveri vengono portati via dalla Mortuaria). In quanto ai rapporti con la politica, la visione del libro, a mio modesto parere, é un po' troppo romantica: qualcuno in curva probabilmente non si interessa di politica, ma molti invece si e hanno lavorato e lavorano con l'intento di sostenere padrini politici, oltre ad essere a volte il braccio armato di altri. Va letto, quindi, ma con la guardia alzata: ad un adolescente che non conosce la realtà milanese di quegli anni lo consiglierei per documentarsi ma con l'avvertenza "Handle with care".

Stefano Olivari ha detto...

@Nicola: grazie del consiglio, su Virgilio non sono molto reattivo non per snobismo (non sputo su 2 euro al giorno, sono più di 0) ma proprio per una mia lentezza congenita...pensa che sono dieci anni che dico che voglio riformare il forum...messo così fa passare la voglia di intervenire...non di leggere, quello no...due o tre volte al giorno leggere i commenti tutti in fila è ancora una delle cose migliori della mia giornata...@Silvano: condivido molto di quello che dici, non essendo mai stato ultrà né aspirante tale non sono ne pro o contro gli ultras...è che proprio non li capisco...non è un caso, questo aspetto il libro lo rende molto bene, che agli ultras siano assolutamente indifferenti la squadra o le polemiche su cui ci scanniamo noi (rigori, Calciopoli, dichiarazioni varie, addirittura lo stesso risultato del campo se non in circostanze particolari)...non sono d'accordo con te sulla morale: esiste sì la legge del più forte, ma Nino non mi sembra esattamente il più forte nelle vicende raccontate...ci sono assassini che sono stati in carcere molto meno di 12 anni...Nino non è un eroe ma è un outsider, un escluso, uno che non ha mai conosciuto persone 'utili' o avuto raccomandazioni...in questo senso lo sento molto vicino, anche nella rabbia...penso che spacciare droga non sia peggio (anzi) che rubare il posto a un ragazzo meritevole truccando un concorso pubblico...solo che Nino è andato in carcere, il primario mafioso no...e io sono dalla parte di Nino.

Silvano65 ha detto...

Stefano, probabilmente mi sono spiegato male. Nel primo commento dicevo infatti che lo scandalo non sono i dodici anni scontati da Nino ma il fatto che altri macchiatisi di altri delitti non siano invece mai passati dal portone al numero 2 di p.zza Filangieri.
Riguardo alla legge del più forte, mi riferivo invece alla risoluzione delle controversie, piccole o grandi, con la violenza anziché il diritto. La violenza é una costante nel libro, come del resto lo era in quegli anni, ma non viene mai condannata. Mi sta bene dire che la società odierna non sia in grado di tutelarci, vedo ingiustizie ogni giorno della mia vita, posso capire chi a volte vorrebbe farsi giustizia da solo: però occorre rinsavire, perché l'alternativa è la legge della giungla. Nino picchia forte, e nella giungla é senza dubbio vincente; quando trova gente più forte, dai questurini che se lo vogliono bere ai delinquenti di livello maggiore che minacciano la sua vita scappa, o ci tenta, sempre in quella logica. Porto ad esempio la scena dei giovanotti che entrano in casa della vedova in P.zza Prealpi per minacciarla e per punirla dello sgarbo di qualche sera prima (non aveva chiamato l'ambulanza per soccorrere l'amico in overdose: gesto riprovevole ma forse inconsapevole e figlio della diffidenza che chi ha vissuto in p.zza Prealpi e zone limitrofe conosce bene). La punizione consistita nello strappare la foto del marito morto buttandola nel wc (fosse stato un uomo o una donna giovane che sarebbe accaduto?) passa senza commenti da parte dell'autore (che mi auguro non abbia fatto parte del "commando"), mentre doveva (secondo me) essere condannata senza se e senza ma. Come tanti altri episodi simili: emerge nel libro (ed é un merito) l'assoluta pochezza della mentalità ultras (che poi sia inconsapevole politicamente l'autore lo mette in dubbio quando cita i risultati delle ultime lezioni legati alla polemica sulla Tessera del Tifoso: non sono convinto che sia stato un contributo fondamentale negli ultimi risultati elettorali, ma rivela comunque la consapevolezza di poter incidere politicamente), ma questa pochezza emerge dal racconto, mai l'autore ne prende le distanze. Quando poi Nino, in Spagna, scopre che i vecchi ultras ormai non vengono più, cacciati dallo stadio attraverso la Tessera del Tifoso, mi viene da pensare che se davvero fosse stato vero vorrebbe dire che l'esperimento sarebbe riuscito.
Ribadisco, rispetto Nino perché ha sbagliato e ha pagato, a differenza dei molti che, sbagliando, non hanno invece pagato niente. Ma da qui a stare dalla stessa parte ce ne corre...

Poli ha detto...

Cmq sia al Direttore Editore avrà fatto immagino piacere la tirata sul sito del Corriere di oggi. E a leggere il numero di copie vendute non posso che fargli le mie congratulazioni...

Stefano Olivari ha detto...

@Poli: molto piacere...essendo anche abbastanza critica nei confronti del libro mi fa anzi doppiamente piacere...proprio perché non è stata 'sollecitata' (un po' perché siamo meglio di altri e molto perché non abbiamo alcun potere per così dire contrattuale) vale tanto...@Silvano: l'episodio della vecchia di piazza Prealpi non è commentato dall'autore, ma come del resto quasi niente altro...è una storia, vera ma pur sempre storia...ho capito però cosa vuoi dire: l'impianto ideologico del romanzo è assolutorio anche se le malefatte di Nino (rapine ai Tir, spaccio, eccetera) sono elencate quasi tutte...qui non ho risposta, nel senso un punto di vista è sempre necessario. Di solito, per personaggi del genere, leggiamo sempre temini che variano dalla retorica giustificazionista del disagio all'invocazione del braccio violento della legge...Nino mi sembra sia al di fuori di tutto questo, non si ribella ad alcun modello di società e non ha un obbiettivo. Per questo lo trovo a suo modo unico e la sua storia mi ha preso fin da quando l'ho conosciuto.

Tani ha detto...

Letto il libro (in versione iPad, Stefano). Condivido ogni parola scritta da Silvano.
Mi è piaciuto lo stile. Asciutto senza inutili parole.
Non mi è piaciuto il messaggio che Specchia è riuscito a mandare (magari involontariamente). Un fenomeno come l'omertà' tra delinquenti (perché di un delinquente si tratta, per quanto avvolto dal romanticismo del tifo) è visto come un codice d'onore degno di rispetto. Va benissimo raccontare una storia, ma il tifo di Specchia in favore del suo amico (ex?) è a volte addirittura fastidiosa (magari colpa mia che sono troppo sensibile su certi argomenti). Ciccarelli viene quasi dipinto come uno Jean Valjean, quando invece l'unico suo "merito" è di avere fatto tutti gli anni di galera per reati che ha commesso. Ma non mi sembra una vittima dello "stato di polizia", come dipinto da Specchia.
Per carità, anche questo potrebbe essere una medaglia al valore in un paese dove la metà dei parlamentari sono dei delinquenti a collusi con la mafia.
Comunque, un libro da leggere, per chi, come me, di quel mondo non sapeva niente.

nick ha detto...

FINALMENTE UN BEL LIBRO AUTOBIOGRAFICO SUL "HOOLIGANISMO" ITALIANO. DOPO TANTE BAGGIANATE, ALCUNE MAGARI BENE FATTE, DI SOCIOLOGHI & C NE AVEVAMO PROPRIO BISOGNO COME L'OSSIGENO...
DI POSITIVO C'E' L'ASSENZA TOTALE DI RETORICA, LO STILE SECCO E DURO COME UN CAZZOTTO IN PANCIA, I MIEI RICORDI DI CURVA CHE RIAFFIORANO E, INFINE, LA CRUDA REALTA' CHE SOLO UN PROTAGONISTA DI QUEGLI ANNI PUO' NARRARCI.
DI NEGATIVO: CERTI PASSAGGI POCO CHIARI E IL FATTO CHE IL PIACERE SIA DURATO POCO, MERITAVA MOLTE PIU' DESCRIZIONI, SUI PERSONAGGI...LO SO CHE DIFFICILE MA MANCA UNA STORIA CORALE SU QUEI TEMPI E SU QUEGLI EPISODI. E DEVE ESSERE FATTO!!! CASS PENNANT L'HA FATTO E NON SOLO LUI.
JOHN KING HA SCRITTO ROMANZI ECCEZZIONALI, IMMORTALI. MANCA LA STORIA ORALE ITALIANA SULL'ARGOMENTO. IO AVREI ALCUNE IDEE MA NON HO MAI TROVATO TERRENO FERTILE. CI PROVIAMO?