di Alvaro Delmo
Seguiamo Enrico Ruggeri da tempo immemore, precisamente dall'epoca delle nostre scuole medie, ossia quella che spesso tentiamo musicalmente di descrivere, ricordare ma anche attualizzare. La prima immagine che ricordiamorisale al Sanremo 1980 quando, insieme ai Decibel, sorprende critica e pubblico con un look elegante e provocatorio per celebrare una... Contessa. Brano contenuto nell'album Vivo da re, la cui title track è un altro piccolo gioiello che a distanza di trent'anni rimane una sorta di inno per chi fa musica on the road. Da lì a poco Ruggeri sceglie la strada solista e comincia a gettare le basi per una luminosa carriera.
Gli anni Ottanta sono di fatto stati quelli del suo lancio, molto interessanti sotto diversi profili. Una produzione vasta e intelligente e la collaborazione contemporanea a progetti di altri artisti che ne hanno poi fatto uno degli autori più ricercati, capace come pochi di usare la parola come un pennello sulla tela. A questi anni, quelli degli 'occhiali', si deve di fatto un viaggio variegato, composto di canzoni dai testi attenti e sagaci frutto di una sconfinata capacità di analisi del mondo che lo circonda. L'esordio solista di Enrico avviene con l'album Champagne Molotov (1981) che darà poi il nome anche alla band che lo accompagnerà per anni e per la quale scriverà anche alcuni bei singoli come C'è la neve e Volti nella noia. Leader degli Champagne è l'amico chitarrista Luigi Schiavone, da sempre vero suo alter ego sul palco così come nella scrittura delle canzoni. Sue infatti le musiche di parecchi successi ruggeriani. Ma torniamo a quel primo album, un lavoro già ricco di spunti che verranno sviluppati ulteriormente in quelli successivi. Le due canzoni probabilmente più note di questo disco sono Senorita e Vecchia Europa, ma a noi piace citare anche Passato, presente e futuro contenente intuizioni come "il presente è sempre qui ma la butto via così e passato diverrà... il futuro inizia qui, il destino va così forse mi accontenterà".
Con l'album seguente il destino di Ruggeri si fa ancora più luminoso. Stiamo parlando di Polvere (1983), disco nelle sonorità ancora legate al passato dove domina l'enorme e celeberrima title track, ma che trova nelle atmosfere decadenti di Gerarchie e Qualcosa (per prenderti al cuore) altri piccoli gioielli. "Spesso l'amore è un castigo, è il caso che punirà chi non sa rimanere da solo, e grazie ad un'altra soffrire potrà" afferma con decisione nella seconda. E arriviamo al 1984, ancora Festival di Sanremo, quattro anni dopo Contessa. "Ma un telefono suona e tutto ricomincerà che stavolta sia la volta buona, chè il presente scivola già". E' Nuovo swing, il colpo di genio di Enrico Ruggeri che, in gara anche con la indimenticabile Sonnambulismo cantata dai Canton, stupisce e percepisce che si può proporre un discorso musicale sofisticato ma nel contempo in grado di stregare il pubblico. Dopo l'intermezzo di Presente, dove ripropone alcuni suoi successi in versione live e altri registrati in studio (tra cui Il mare d'inverno, portata al successo da Loredana Berté), l'anno dopo sforna quindi il suo album più completo dal quale è difficile selezionare una cosa migliore delle altre.
Tutto scorre (1985) è infatti un concentrato di vita, specchio dell'esistenza quotidiana, dove si affrontano un ventaglio di temi: dal futuro alla solitudine, dall'adolescenza alle donne. Le due canzoni più note di questo lavoro sono Il futuro è un ipotesi ("Sì, lo so che starmi accanto molto spesso costa, ma sai quante volte mi costa restarmene qui") e Poco più di niente oltre a Savoir faire ("Non esiste gioia che la vita ti darà che potrà eguagliare ciò che ti negherà"), ancora un piccolo goiello donato alla Berté. Ma come detto si tratta di una raccolta di 11 (12 nella versione CD) racconti esplosivi nella loro narrazione, un eccellente preludio a quello che sarà poi il primo vero successo commerciale di Ruggeri. Il tutto dopo un altro Sanremo, quello di Rien ne va plus (1986, contenuto nel mini Difesa francese) e del relativo premio della critica.
L'album è Enrico VIII (1986), disco d'oro trainato da Il portiere di notte, un lavoro 'pensato', ancora una volta connotato da intelligenti intuizioni e osservazioni. In questo caso ci piace citare Certe donne ("E a te, che non fai guerre qui in quest'epoca feroce, regalo una mimosa e canto con un po’ di voce. Goditi l'invidia della gente o le parole di un perdente che vorrebbe avere te"), La bandiera e La carta sotto. Ormai Enrico è conosciuto e la sua popolarità è destinata a cresce ancora di più grazie al trionfo sanremese del 1987 con Si può dare di più, una canzone di cui è solo interprete insieme a Umberto Tozzi (autore con Giancarlo Bigazzi e Raf) e Gianni Morandi e che venderà enormemente, anche all'estero. E' anche l'anno di Quello che le donne non dicono di Fiorella Mannoia che lo mette ancora di più in primo piano trainando il tour che verrà poi documentato nel doppio Vai Rrouge. Intanto Enrico prepara il disco successivo che dovrebbe sancirne il definitivo successo.
Nel 1988 esce La parola ai testimoni, lanciato dal singolo La signora del tempo che vola. Un disco considerato minore, rispetto anche a quelli che poi lo seguiranno, ma che invece rappresenta un tentativo importante di mantenere la rotta dopo la sbornia di Sanremo. Il risultato è buono e noi siamo particolarmete legati a Marta che parla con Dio e I ragazzi che volano via. Del resto all'epoca avevamo 17 anni... Il decennio si chiude con un disco principalmente di cover, un progetto ambizioso quello di Contatti, aperto dall'inedito 'sinfonico' Che temperamento.
La giusta rampa di lancio per gli anni Novanta quando Il falco e il gabbiano (1990) del cantautore milanese (e nerazzurro) planeranno con tutta la loro forza sul pubblico italiano. Sono gli anni più poderosi in termini di vendite, in primis grazie a Peter Pan (1991) e alla vittoria sanremese di Mistero (1993). Da lì un'altra sfilza di album di qualità, per un autore costantemente prolifico, con l'ultimo uscito lo scorso anno (La ruota). Piccola nota in chiusura: non finiremo mai abbastanza di ringraziare Enrico Ruggeri anche per due piccole perle anni Ottanta come Tenax e Le Louvre interpretate da Diana Est. Grazie Rrouge!
Alvaro Delmo, 3 novembre 2011
(per gentile concessione dell'autore, fonte: Ottanta e dintorni)
11 commenti:
diana est! che flash....qualche tempo ho sentito una sua intervista in cui diceva che dopo quei 2 singoli prendeva una vagonata di soldi per cantare in playback nelle discoteche, ma abbandonò ben presto perchè non era quella la sua aspirazione
L'ho letta anche io...mi fa piacere però che non sia nel circuito dei revival, torna a suo onore...meglio che Diana Est rimanga un mito vero...anni dopo il suo successo è venuto fuori che era nipote di Mario Lavezzi...
@Alvaro
"La tua storia è falsa"
@Guus: l'amico vitello coi piedi di spugna ti ha svelato la verità? ;-)
Salve, sono l'admin di http://pronostici-soccer.blogspot.com/p/scambio-linkbanner.html
le scrivo per proporle uno scambio link/banner
in attesa della sua riposta, le porgo distinti saluti
Grazie Alvaro per aver pubblicato un articolo su un cantautore che mi pare sia considerato un po' "di nicchia" (forse proprio per la ricercatezza dei testi, chi altro potrebbe usare parole come "interiezione" nel testo di una canzone?) ma che è amatissimo da noi fan. Mi spiace però che tu non abbia dedicato 2 righe ad un CD come L'isola dei tesori, nel quale ha riproposto canzoni scritte per altri. Sarà che ha un timbro di voce così particolare ma ha dato nuova vita a pezzi che, da allora, non riesco più ad ascoltare cantati dai "titolari", come ad esempio "Anna e il freddo che ha" o "I dubbi dell'amore", per non parlare di "L'altra madre" inserita però in un CD precedente. Io che non ho mai sopportato le cover apprezzo anche la sua esecuzione di "Anche per te" (per me il capolavoro di Battisti) e addirittura di "Incontro" di Guccini, che è il mio cantante preferito. Grazie davvero, Alvaro.
@Angius63: purtroppo (o per fortuna) la discografia di Ruggeri è sterminata e non si può parlare di tutto... concordo su L'isola dei tesori che contiene diverse chicche quali una versione rock di Sonnambulismo e la meravigliosa Il giudizio universale. Io comunque non lo definirei di nicchia. Piuttosto, non essendo nel giro dei cantautori anni '70, inevitabilmente soffre un po' fronte critica.
D'accordissimo con te Alvaro, il mio"di nicchia" era proprio riferito alla critica, la gente lo ama molto. Ho assistito a 5-6 concerti del Rrouge e c'era sempre il pienone. tra l'altro è anche una persona molto rispettosa del pubblico, sempre puntualissimo l'inizio dello spettacolo ed alla fine (quando era possibile, come in teatro) si ferma addirittura ad aspettare che tutto il pubblico sia uscito, da non credere in quest'epoca di divismo.
Complimenti Álvaro, ripercorrere la lunga carriera di Enrico Ruggeri non è esercizio semplice.
Tra le tante cose forzatamente non dette a me piace ricordare anche l'Enrico Ruggeri più irriverente, quello delle prime apparizioni che portava occhiali a specchio per reggere sguardi forse troppo pesanti da sostenere (cit.).
Il Ruggeri di brani come "salviamo milano" o "fuoco sui giocattoli", il geniale manipolatore di parole nel testo di "tanti auguri"...
Grazie per l'articolo.
@Kim: ritengo le liriche di Ruggeri di una intelligenza sopra la media per come riesce ad osservare la realtà e tramutarla in parole. E i suoi dischi appaiono comunque pensati, nel senso che difficilmente ci trovi dei riempitivi per fare numero (anzi, diverse chicche non sono mai state proposte come singoli). Sulle tue citazioni appartengono alla prima parte di carriera (tra Decibel e album da solista) ed è interessante notare l'evoluzione che hanno avuto i suoi testi per ragioni anagrafiche ed esperienziali mantenendosi però sempre a tratti profondi e a tratti ironici.
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