Morti con Pantani

Otto anni fa Marco Pantani lasciava questa terra, come ricordano anche i non appassionati di ciclismo. Al netto dei temini sugli eroi che devono morire giovani, da Alessandro Magno ai giorni nostri, con il campione romagnolo è davvero morta l’innocenza del ciclismo e di chi lo ama(va): pieno di morti tragiche, in gara e non, di doping e di storie sporche fin dalla sua nascita, ma sempre rimasto nell’immaginario popolare (soprattutto italiano) qualcosa di puro ed eterno.
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11 commenti:

4-3-3 ha detto...

Devo premettere, per chiarire la militanza, di aver avuto in tutta la mia vita un solo poster in camera: quello del Pirata che attacca in salita in maglia Carrera.
Col tempo è sparita la voglia di precisare, dettagliare, sottilizzare sull'argomento "Pantani-dopato", s'è allentata la voglia di difenderne la memoria, lasciando il posto ad una tenera e privata nostalgia.
Nostalgia per le sue imprese, la sua figura e, più in generale, per una visione del ciclismo che, come giustamente dice Stefano, per me è stata seppellita con Pantani.
Da allora, più o meno tutto uguale, lineare, senza aspettative e, quindi, senza emozioni.
C'è un'unica consolazione: aver vissuto in diretta le sue straordinarie imprese.

Italo Muti ha detto...

4-3-3

concordo, avere vissuto in diretta gli scatti in salita in mezzo alla gente, mi aveva riportato emozioni antiche, primordiali. Il dopo Pantani è piatto come un discorso al comitato centrale del pci o della dc.

Italo

Anonimo ha detto...

Ho incominciato a tifare Pantani paradossalmente solo dopo Madonna di Campiglio e nonostante non avessi mai dubitato che le precedenti vittorie non fossero solo farina del suo sacco.
Non so perchè ma la sua rovinosa caduta me lo ha fatto vedere sotto una luce diversa e l'ho visto, per la prima volta, in tutta la sua differenza umana e tecnica (almeno così mi è parso)rispetto agli altri.

Indelebile, per me, il Tour del 2000:l'incredibile tappa del Mont Ventoux con l'inutile e provocatorio commento di Armostrong ("l'ho lasciato vincere") e la strepitosa risposta a Courchevel del Pirata.
Anche per me, appassionato di ciclismo, la sua morte ha segnato uno spartiacque: non sono più riuscito ad appassionarmi a nessuno.

Cioè non si può passare da Pantani, pur con tutte le sue ombre, ai fratelli Schleck...

Arturo ha detto...

Perfettamente d'accordo col direttore, dopo Madonna di Campiglio emotivamente ci rimasi malissimo, pur essendo razionalmente disilluso o comunque scettico. E' stato il primo e ultimo corridore a creare in me questa discrepanza, sicuramente a causa della connotazione epica del modo di correre del pirata, dopo di lui solo disillusione e scetticismo a prescindere, magari preconcetto, ma tant'è. Quanto al santino mediatico, penso sia inevitabile di fronte a una morte tragica e prematura.

Italo Muti ha detto...

@Ricca

Armstrong, quello la cui preparazione era fatta dalla Nasa?

Un giorno presi il caffè con l'avvocato di Pantani che i disse :"Armstrong? è avanti anni luce...."

Italo

Anonimo ha detto...

Italo, meglio che non dico quello che penso di Armstrong......

Ricordo ancora (tra migliaia di episodi) una crono a squadre, mi pare del 2004, sotto il diluvio e con un forte vento contrario, in cui il texano tirò come un ossesso alla testa (quindi puoi bene capire lo sforzo) della sua squadra per quasi tutto il percorso. Arrivarono in fondo legnando tutti (comprese squadre che sulla carta erano fortissime a cronometro)con i suoi compagni semi distrutti dallo sforzo e lui fresco come una rosa.
Ma vaff...... va!!!!

spike ha detto...

diciamola tutta. il ciclismo s'è tirato la zappa sui piedi.
il tennis è più credibile? il nuoto?

solo che non fanno i controlli seri che fanno il ciclismo.

paperogha ha detto...

Oltre alle gambe ci sono la testa e il cuore del corridore. Della testa e del cuore del ciclista Pantani sono rimasto tifoso e ammiratore nonostante tutto.

transumante ha detto...

la differenza fra pantani e gli altri é nella sua ultima tappa al tour, con la commovente fuga con escartin

Leonto ha detto...

Piacerebbe fosse stato possibile oggi leggere un commovente editoriale del sant'uomo Candido Cannavò......

Dane ha detto...

Se c'è un motivo per cui non ho mai amato Pantani (se non dal lato tecnico, ma inutile soffermarmi su questo perchè chi non va in bici non capirebbe...) è proprio per come è stato fatto diventare santino mediatico.
C'è stato un ciclismo prima e dopo Pantani, sentir mitizzare i suoi scatti come "mai visti prima" o ascoltare robe tipo "grazie a Pantani anche i non appassionati seguivano il ciclismo" mi risulta insopportabile. No, non grazie a Pantani ma grazie ai giornali. Perchè il pubblico profano che si esaltava per Pantani era lo stesso che discettava e tromboneggiava di cazza la randa e stramba il pappafico sul tram o in ufficio ai tempi di Azzurra e Luna Rossa.
Fortunatamente c'è anche altro e c'è qualcuno in grado di individuarlo, in ogni caso io stavo con Tonkov...