Spettacolo da funerale

di Oscar Eleni
L'egoista Carmelo, lo show intorno a Dalla, la fame di Siena e la riforma di Petrucci. Voti a Sacchetti, Minucci, Markoishvili, D'Ercole, Andersen, Roma, Djordjevic, Pianigiani, Lega e Siviglia.


Oscar Eleni dal bistrot del mondo di Bobo l’accciaiolo a sud ovest di Firenze per intercettare la jeep di chi mi vorrebbe buttare fuori dalla tana dell’orso, di chi usa toni dolci per graffiarti il malleolo. Siamo in pausa gioco dopo il turno infrasettimanale che apre la strada verso Pesaro e l’edizione simil primaverile di Azzurra che ha l’effetto lassativo sui tanti ragazzi: se ci fate caso fra i convocati soltanto il futuro capitano Mancinelli ha reagito bene, infischiandosene del nostromo di casa, per gli altri più bassi che alti, per non parlare dei ragazzi di Treviso che devono vivere nell’incubo di una società che c’è, ma che non sa se ci sarà, che, come il povero Lin di New York, dopo il rientro di Carmelo l’egoista puro Anthony, si trovano di fianco dei compagni che sono oltre la frutta e fanno presenza sul carrello dei bolliti, che non è buono come il lampredotto di Bobo, che non soddisfa come l’arista fritta con acciugata che ci servono per dimenticare quasi tutto.
Giornata di sacrosante smadonnate perché troviamo tonificante persino il Michele Serra, aiuto pilota, che una volta tanto non strombazza a vuoto e si offre per dare l’Oscar a chi, finalmente, presenterà i cattivi, i malvagi, gli schifosi della vita per quello che sono e non come eroi. Giornata di riflessione seria sul pezzo che Loris Mazzetti ha scritto sul “ Fatto” per dire, finalmente, la verità su quello che è diventato lo spettacolo della morte di Lucio Dalla. Ci voleva per la nostra poca resistenza vedendo quello che accade intorno a noi che eravamo persino pronti a pagare più tasse per essere governati da gente che sembrava seria e preparata. Già. Come quello che hanno messo alla Cultura, come tanti altri che fingendosi salvatori avevano nelle scarpe diamanti presi altrove come direbbero al Pirellone che ci vogliono far passare per pirloni.
Giornata da cioccoloto fondente amaro perché siamo sempre alla fase della barzelletta “più gliene dicevo e più me ne dava”. Sono quelli che Siena riempie di bile e di cazzotti cestistici, facce gonfie, teste ronzanti, ma insistono, senza accorgersi che avrai solo lividi se provochi quelli che da 5 anni vincono il titolo. I nuovi del gruppo, persino Rakocevic, capiscono il sistema, o almeno ci provano, persino uno che si era dimenticato che la difesa fa parte del gioco. O mamutones di borgata, volete capire che se sono padroni di tutto, una cosa che è già entrata nel sangue di chi, non tanto tempo fa, aveva altri orizzonti e passioni e ora le canta a chi potrebbe disturbare i manovratori senesi, se, come dice Minucci, e non soltanto nelle interviste immaginarie dei nuovi Enrico Toti della stalla, il dominio è costante anche negli anni dove non tutto va bene, un motivo deve esserci. Il primo è che, anche quando non hanno fame, si divertono a mangiare tutto, dopo aver solo spiluccato qua e là. Tu mi provochi, diceva l’Albertone Sordi, è io te me magno. Insomma non ha senso mettersi ad urlare nei minuti di sospensione che la Siena dei miracoli è finita. Eh no. Non basta fingersi coraggiosi se nella testa dei tuoi lanzichenecchi non hai messo anche l’idea che ci si tuffa sulle palle vaganti, che non ci si cambia il pannolone al momento di fare il tiro che conta, quello che non si può sbagliare, così diverso da tutti gli altri, così significativo per definire un giocatore vero. Milano ha riposato e ha visto come Siena ha fatto sosta premio sul campo di Varese dove pensavano che si potesse ripetere la partitona contro la Virtus Bologna. Eh no. C’erano strati di roccia diversa da superare e lo si è visto.
Dal monte rosa arriva il messaggio sulla fragilità competitiva di un campionato dove devi tollerare tutto. Sono allarmati per quello che succede ad Avellino, altri si chiedono cosa stia succedendo davvero a Teramo e Caserta, molti sono sullo strapiombo per capire se qualcuno stia per volare di sotto prima che i cervelloni messi in moto dal giocatore di domino Gianni Petrucci possano varare la nuova riforma dei campionati che al momento convince poichissimo, a parte chi ha già trovato le mezze penne con sugo di coniglio per far diventare un locale il terrazzino appena intonacato come direbbero i furbetti di qualsiasi quartierino di questo paese che fa scappare tutti perché chi comanda ha scoperto che è meglio non dare l’acqua ai paesi, alle città, se si vuole vendere acqua minerale con varechina. Pagelle del tormento esistenziale, quelle che fai per te stesso, che non leggerà nessuno perché se davvero uno fosse ascoltato per quello che scrive, per quello che vota, allora non saremmo a questo punto come dicono i naufraghi dei partiti che amano farsi battere. Pessimismo di giornata mentre Nelson Trinchieri sta portando Cantù in posizione giusta nell’Abukir di un campionato che si può decidere con battaglie anche navali, quelle dove i Napoleone di oggi potrebbero diventare i maestri della Caporetto del domani.
10 A Romeo SACCHETTI prima che gli invidiosi, come accadeva l’anno scorso con Vitucci, ci vengano a dire che Sassari è così in alto perché ha una squadra forte e costosa. Caro Meo sono gli stessi che ti rompevano quando eri a Castelletto. Il popolo dei dubbiosi a prescindere esisterà sempre, loro ti puntano perché non stai una notte intera a guardare i filmati perché anche tu sai benissimo che certi ragazzi nati sul pisello basta vederli in riscaldamento per capire la loro debolezza.
9 Al MINUCCI che non ha mai fatto pesare certe scelte tecniche eppure nel suo castello, prima di affidarsi all’arciere di casa, erano passati in tanti e qualcuno, come Ataman o Recalcati, aveva portato alla fonte Branda trofei mai visti prima. Avere dal gruppo Pianigiani-Banchi il massimo del rendimento, mentre in piazza vola qualche straccio e le fondazioni scricchiolano, è già un capolavoro.
8 Al MARKOISHVILI che sembra risorto dopo un inizio stagione passato sul “treno della vita” dove giocava a travestirsi da giocatore saggio, lui che è un ragazzo bim bum bam alla alla Ibrahimovic.
7 Al D’ERCOLE che ha trovato, finalmente, la doppia dimensione dopo lo svezzamento con Mahoric. Forse bisognerebbe guardare meglio certi giocatori prima di convocarne altri.
6 A David ANDERSEN per averci smentito su tutta la linea. Pensavamo che avesse portato anche il cane a Siena per godersi una dolce pensione dopo aver vinto tanto. Questo, invece, è un artista che se avesse di fianco uno con un po’ di chili potrebbe davvero aprire le porte dell’Eurolega che ora sembrano protette dai soldati del CSKA.
5 Ai DOPPIGIOCHISTI che non sentono nelle nuove telecronache quella emozione, quello slancio, che manca a loro da troppo tempo. In casa Rai hanno ragazzi di fegato e di cuore. In casa A2, con la rivelazione Esposito, uno che, dicono tutti, dovrebbe tornare ad allenare presto, con le tagliatelle del Pungetti, ci hanno quasi commosso. A Sport Italia sono quasi tutti bravi, quasi tutti, ma il lavoro pro basket è così sentito che riusciamo persino a credere nella reincarnazione del vero Peterson che ora sta ricostruendo la storia dei vivai milanesi, un’idea da grande, un’idea vera anche se, temiamo, non pagata, e questo, per lui, è terribile.
4 Alla ROMETTA che vorrebbe mangiarsi un altro allenatore. Non bisogna mai fidarsi di chi ha almeno tradito tre volte. Lo dice la storia della società e tu puoi essere bravo fin che vuoi, ma poi arriva l’ora della verità e ti buttano giù. Prendere i dati ufficiali su basket, pallavolo e calcio a parte la Lazio, almeno fino a quando hanno potuto lavorare bene Delio Rossi e questo santo gigante di Reja, per capire chi non capisce cosa.
3 A Sasha DJORDJEVIC se non si accorge che i suoi veterani sono tipi che abbandonano le navi molto prima che venga lanciato l’SOS.
2 Al PIANIGIANI che dovrebbe fare un esame del sangue ai nuovi azzurri per scoprire cosa li ha portati a fare passi indietro così evidenti, che dovrebbe controllare meglio certe notizie se poi arriva a convocare chi ha fatto salti nel buio che valgono come prova per sempre.
1 Alla LEGA e a chi organizza la fiesta mobile di Pesaro se ancora pubblicizza questa menata della gara di schiacciate che ha nauseato persino gli americani. Non è vero che la gente si diverte. Al basket, come a tutte le partite, nei giochi di squadra, non vai mai per le esibizioni, ma per sentire l’effetto che fa quando gli uomini si battono. Il tempo degli Harlem è finito da almeno trent’anni e non diteci che si vendono biglietti per una schiacciata. Non offendete chi ha fatto della palestra il suo letto da fachiro.
0 Al padrone della SIVIGLIA che ci ha già fatto sapere di non voler continuare nella sponsorizzazione di Pesaro perché si è reso conto che il mondo basket è pieno di verdoni senza denti. Ci dispiace, forse ha pure ragione, ma costringere Scavolini a fare un altro aut aut in momenti così difficili ci sembra davvero pericoloso e speriamo che dal bunker pan di zucchero dove i legaioli contano soltanto le pecore, abbattendo i tori, qualcuno si accorga che la situazione è oltre il rosso pomodoro, oltre la Palla sul lungomare.

Oscar Eleni, 8 marzo 2012

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