Quelli che se la cercano

Non è vero che i morti sono tutti uguali: continuiamo a credere che gli atti delle persone abbiano una certa importanza anche nei paesi in cui la responsabilità individuale di fatto non esiste. Per questo l’ondata di retorica sulla morte del tifoso del Parma, condita dalla solita ipocrita decisione di non giocare la partita, ha avuto toni se possibile ancora più assurdi di quelli usati l’11 novembre scorso per la morte di Gabriele Sandri, un altro ragazzo di buona famiglia bisognoso psicologicamente di dare un inquadramento militare alla propria passione calcistica. Come nel caso del tifoso laziale, Matteo Bagnaresi e i suoi compagni avevano attaccato briga con tifosi della Juventus durante una sosta all’autogrill: non erano insomma passanti o appassionati di calcio che si stavano facendo gli affari loro, fra una rustichella fredda ed un very best di Pupo pescato nel cestone. Rispetto all’episodio di quasi cinque mesi fa, nato da un litigio fra cani sciolti ormai terminato e male interpretato da un poliziotto, quello dell’area di servizio Crocetta Nord ha una connotazione più classicamente da tifo organizzato. Un centinaio di Boys del Parma incrocia un gruppo di juventini lontani dal mondo ultrà (Juventus Club Crema) e dopo averli 'avvertiti' già in autostrada, assedia il loro pullmann con le solite modalità. Pezzi di vetro, cinghie, bottiglie, minacce, con tentativo di salire sull’automezzo: intenzioni al centodieci per cento non pacifiche, paura fra gli occupanti, alcuni dei quali già colpiti mentre erano allo scoperto, ed ovvia richiesta all’autista di scappare il più in fretta possibile. Qui Bagnaresi si piazza davanti al pullmann con le mani alzate: un pacifista sfortunato? Non escludiamo niente, ma di sicuro non si trovava lì per caso come sarebbe potuto essere, ad esempio, per un qualunque altro cliente dell'autogrill. Poi l’incidente e tutte le cose che si sono dette, con l’italianissimo tentativo di mettere tutto e tutti sullo stesso piano quando invece ci sono stati aggressori e aggrediti, professionisti della provocazione senza causa (ci riferiamo a tutti gli ultras del mondo, non solo i Boys) e tifosi normali, gente che veniva da tre anni di Daspo (come Bagnaresi) e persone che volevano solo occupare la propria domenica. Poi la nostra cultura-blob può mettere Sandri e Bagnaresi sullo stesso piano morale di Salvo D’Acquisto, anzi lo sta già facendo, con annessi minuti di silenzio, trofei alla memoria e sociologia del ‘siamo tutti colpevoli’, dimenticando che qualche volta alla morte si va incontro.

14 commenti:

Uomo ha detto...

Per quanto riguarda la Pietà credo che tutti i morti siano uguali e degni di massimo rispetto (e perdono); per quanto riguarda il giudizio storico, invece, non necessariamente. Concludendo, quindi, sottoscrivo (qui come su "La Settimana Sportiva)" quanto affermato dal dott. Olivari. Avercene...
Alessandro B.

Anonimo ha detto...

Stefano, grandissimo pezzo, ce ne fossero di discorsi come questo in televisione.
Già alle 14.30 di domenica ero completamente contrario a far sospendere la partita (se mi capitasse di finire sotto un tram mentre mi reco all'Olimpico con la sciarpa al collo, fermano il campionato?), visti poi come sono andati i fatti, davvero non ho parole per l'ipocrisia di questa gente.

E vedere giocatori e presidenti che fanno finta di essere colpiti nel lutto, fa davvero schifo.

Mi chiedo: fosse successo di venerdì, il Parma avrebbe chiesto lo stesso di non giocare?

Anonimo ha detto...

Ciao stefano,
spesso apprezzo i tuoi articoli (tranne quando si parla di milan dove diventi meno obiettivo di un fan di britney spears), ma con questo articolo secondo me hai perso molti punti. Dovresti saperlo meglio di me che il moralismo da operetta (alla morte si va incontro, chi prende un daspo e' un delinquente tipo pluriomicida, e via dicendo) e' lo specchio e il compagno dell'atteggiamento superficiale che critichi nel tuo articolo.
Matteo era uno che aveva le idee chiare, che combatteva per quelle idee. Magari non era un sereno signore disposto ad accettare ogni decisione presa sulla sua testa, ma non era uno scalmanato. A me delle medaglie e dei minuti di silenzio non interessa granché, mentre della fiele che si sparge troppo spesso quando fatti tragici accadono con cinico sciacallismo, di questo si che mi interesso.
Avere preso un DASPO soprattutto con le nuove norme è tutto fuori che strano (decidono le questure, senza prove, solo con le relazioni degli uomini in servizio che come abbiamo gia' visto abbondantemente non decidono in termini di "giustizia" ma di comodità e di relazioni con i diretti interessati); qualche sfotto' e qualche scaramuccia tra tifosi succede pure al bar, non mi pare strano che avvenga in un autogrill. Mi pare un po' assurdo giustificare la morte di un ragazzo solo perché si è verificato qualcosa che va al di là di una stretta di mano. Non colpevolizzo l'autista, che penso sia più una vittima dell'isteria "anti-ultras" che molti media cavalcano; ma penso sia veramente sgradevole cercare di fare la stessa operazione con Matteo. Pensaci. Spero tu non ti debba trovare mai a spiegare a un giornalista convinto di sapere tutto del mondo, quanto la realtà sia diversa da quello che i media dipingono.

à la prochaine
nero

Anonimo ha detto...

Nero, io vado allo stadio da una vita, con me altri 5 o 6 amici, e nessuno di noi ha mai preso un DASPO.

Mi spieghi come mai, visto che dici essere una "sfortuna" casuale?

Smettiamola di santificare i delinquenti. E' notizia di pochi minuti fa che il ragazzo è morto quando aveva il volto coperto dalla felpa e la cinghia dei pantaloni in mano.

Se ne è andato un delinquente, io non capisco perché dovrei piangerci sopra...

Anonimo ha detto...

Vorrei dire a tanti fans della violenza o per lo meno della trasgressione organizzata che sottoscrivo la lettera ed il contenuto di Olivari. Io ho un lungo percorso alle spalle e di questi entusiasti organizzati che infestano il mondo dello sport e del calcio ne ho visti tanti e sempre compiere atti di puro teppismo. Mi risulta difficile provare sentimenti di giustificazione ma semmai di Pietas e di commiserazione per delle scelte sbagliate. Basta avere frequentato lo stadio, magari proprio quello di San Siro, sponda rossonera, per ricordare in modo indelebile la scia di morti(Cremonese, Roma, Genoa ecc.) che questi entusiasti del tifo hanno lasciato dietro di se.
Quindi mi sembra del tutto fuori luogo l'orgoglio dei curvaioli che spesso recitano solo una goffa e ben pagata dalle società funzione coerografica.
Abbonato al Milan da 50 anni.
Francesco

Anonimo ha detto...

Raramente commento i blog, mi trovo a farlo due volte in relazione allo stesso post, ma è necessario. Giusto per sottoscrivere nuovamente, alla luce di altri interventi, quanto affermato dal dott. Olivari. Basta giustificare o minimizzare determinati episodi. Sono abbonato dell'Inter da dieci stagioni (II° anello rosso), per un paio d'anni, con amici, sono andato a vedere a San Siro (in curva, entrando con regolare tessera), anche il Milan.
Non ho mai subito un DASPO, non ho mai rischiato di subirne uno, non mi sono mai trovato coinvolto in alcun incidente. Ho tifato senza insultare o provocare nessuno, ho sempre eseguito alla lettera le istruzioni delle Forze dell'Ordine (in una situazione militarizzata, e non certo a causa delle Forze dell'Ordine, si collabora, non si contesta), ho sempre occupato il mio posto, sono sempre entrato allo stadio con tessere o biglietti regolarmente acquistati o cedutimi (o regalatimi, comunque sempre in conformità con le leggi vigenti che, ci piacciano o meno, vanno rispettate e non eluse sistematicamente) da amici, tutte le volte che si sono verificati incidenti mi sono allontanato senza pretendere nulla (semmai, si fanno valere successivamente e nelle sedi competenti le proprie ragioni, ammesso di averne, e raramente se ne hanno, o perchè si è in torto marcio, o perchè, allontandosi e collaborando con le Autorità, non si è subito alcun torto di cui chiedere conto). Di sicuro, allo stadio, se c'è qualcosa che allo stadio mi spaventa, non è l'eventuale DASPO, ma sono gli ultras, spesso prepotenti e arroganti, oltre che esagitati (gente che spesso pretende di assumere il controllo e gestire lo stadio, ed i suoi dintorni, come un proprio feudo). Tutte le volte che ho visto verificarsi incidenti (e non sono poche), l'ho visto succedere sempre per colpa di tifosi particolarmente agitati, soggetti che si sentono legibus soluti o che cercano di sfogare in modo violento pulsioni per me difficilmente comprensibili. Non mi sento certo un represso o, al contrario, un modello di coscienza civica, ma semplicemente un cittadino civile che cerca di comportarsi razionalmente per non porre in discussione le regole basilari del convivere civile con comportamenti dettati da logiche tribali o accampando assurde pretese che esulano da qualsiasi principio di convivenza. Non credo di scrivere sotto l'influenza di "isteria anti - ultras" (tra questi ultimi, per altro, conto anche carissimi amici che, per altro, sanno bene quanto io non condivida il loro approccio nei confronti del tifo), ma semplicemente in base alla mia esperienza personale, nonché in base (mi sia perdonata la presunzione) alla ragione piuttosto che sull'onda dell'emotività o dell'es non filtrato. Questo in generale, con tutto il rispetto, la pietà umana e il dispiacere per la scomparsa di chi, comunque, non meritava di morire (nessuno lo merita, neanche per i propri errori) anche se "dopo 3 anni di Daspo era ancora nel posto sbagliato al momento sbagliato" (testuale da www.iostoconmancini.com, mi sembra un'affermazione condivisibile nel merito ed efficace nella forma).
Alessandro B.

Anonimo ha detto...

Complimenti Stefano per il tuo articolo, Bagnaresi è stato subito classificato come 'bravissimo ragazzo, laureato e impegnato nel sociale', e allora, ci si chiede, cosa ci faceva in mezzo a un'orda di assatanati che cercavano, nella migliore delle ipotesi, di riempire di botte un gruppo numeroso all'incirca un quinto di loro?
Basta per carità, spero che gli venga celebrato un funerale normale, come quello di chiunque muoia in un incidente stradale, senza gruppi di persone incappucciate e gli sguardi torvi, perchè se Bagnaresi è morto lo si deve solo al suo gesto estremamente stupido.

Anonimo ha detto...

stefano, si vede che non ti è mai capitato di fare attività politica che non fosse strettamente partitica, o di non aver mai da ridire con un poliziotto.
io l'anno scorso a inter-empoli (festa scudetto) sono stato bloccato all'ingresso per l'asta della mia bandierina casareccia, mi hanno mandato a prendere un asta al bagarino (il carabiniere), l'ho presa, sono tornato e ancora non mi facevano entrare, allora ho buttato a terra l'asta e ho detto "facciamo senza". Al che mi hanno tenuto un'ora li' per "mancanza di rispetto" e mi hanno minacciato di DASPO.
Se volete vivere nel mondo reale forse dovete rendervi conto di chi esercita il potere e come. Ma mi pare che su questo sito ci sia tanto moralismo qualunquista e poca sostanza (non parlo di te, ma dei commenti di certo).
Il DASPO e' un meccanismo per esercitare potere abbastanza casuale, nel senso che basta una relazione di servizio di un agente della digos senza uno straccio di prova per colpire un mio diritto costituzionale (quello alla libertà di espressione e non solo quello). Se volete fare finta che non è così, fate pure, ma vi state mettendo fette di salame sugli occhi.

Matteo non era un santo, ma non era neanche un criminale come vorrebbe far sembrare qualcuno solo perché includeva nei metodi possibili per protestare anche delle forme più decise del "mi scusi, si, ha ragione lei, signora appuntato". Troppe pecore cieche in giro e poche teste pensanti.

nero

Uomo ha detto...

Mi trovo a commentare lo stesso post per la terza volta, incredibile, non mi era mai capitato.
Va beh, c'è sempre una prima volta. Leggendo alcuni interventi di altri lettori del dott. Olivari, mi viene da dire, tralasciando le discussioni su presunti diritti costituzionalmente garantiti e qui citati in modo che a me sembra improprio (di ogni diritto esistono modalità per il suo esercizio, non esistono diritti il cui esercizio è illimitato), che chi vuole attuare forme di protesta (ma poi, perchè allo stadio bisogna protestare? C'è bisogno di protestare per vedere una partita?) "più decise", deve anche assumersi tutti i relativi rischi connessi all'esercizio di dette forme di protesta, evitando, possibilmente di atteggiarsi (lui, o chi per lui) poi a vittima di un sistema ingiusto. Determinate forme di protesta veicolano altrettanto determinate conseguenze che si conoscono e che vanno accettate. Se protestare in modo "più deciso" comporta il rischio di subire un DASPO, magari in un caso specifico anche (relativamente) ingiusto, non ci si può lamentare: io non voglio rischiare un DASPO, evito di trovarmi in situazioni che possano facilmente sfociare in una guerriglia, nell'ambito della quale diventa oggettivamente molto facile che ci possa essere un errore nella valutazione delle prove. Paradossalmente, per fare un esempio concreto, l'asticella casalinga della bandiera dell'Inter citata dal lettore "nero", nel giorno di Inter - Empoli della scorsa stagione (prima in casa dopo la conquista dello scudetto a Siena), l'ho lasciata a casa perchè sapevo che all'ingresso allo stadio (oltretutto era il periodo in cui si stavano montando i tornelli, si stava organizzando il prefiltraggio ecc., eravamo due mesi dopo i fatti di Catania) qualche rappresentante delle Forze dell'Ordine, magari anche troppo zelante, o forse anche arrogante (ma sono più gli episodi di prepotenza gratuita che ho visto porre in essere dagli ultras che non dalle Forze dell'Ordine, se io DEVO vedere gli abusi di queste ultime, qualcun altro, forse, dovrebbe togliersi "le fette di salame" per vedere quelli perpetrati dagli ultras e porsi qualche interrogativo), avrebbe potuto avere qualcosa da eccepire.
Lo so che è paradossale un discorso del genere, ma so anche che un'asticella casalinga per bandiera finisce per diventare, nelle mani di troppi scalmanati che affollano gli stadi, una piccola arma (da chi ci nascone la pista di coca, a chi la lancia in campo, a chi cerca di infilarla nell'occhio del vicino di posto con cui sta litigando), per cui non mi stupisco che un esponente delle Forze dell'Ordine possa anche impedirmi di portarla dentro lo stadio (dove, mi piace ricordarlo, non è tutto consentito, anzi, vigono leggi e regolamenti ancor più restrittivi che altrove, e visto il comportamento di molti tifosi, purtroppo, al di là della congruità e utilità, che può esserci o meno, delle singole disposizioni, non può che essere così). Penso che, anziché protestare in modo "più deciso" (ma vorrei sottolineare che tra la deferenza supina ipotizzata da qualcuno e la protesta incivile o arrogante esistono anche delle vie di mezzo e che si può benissimo far valere le proprie ragioni in modo fermo, ma civile, duro, ma corretto e, soprattutto, nelle sedi competenti), qualora si ritenga che determinate norme siano incongrue (e, conseguentemente, anche la loro applicazione da "chi esercita il potere", cioè tutti noi, non una "casta" o una "tribù" rivale), si può benissimo provare a comportarsi in modo tale da rendere determinate disposizioni inutili. Questo è possibile, però, se si considera un lo stadio un luogo in cui vedere la partita, e non una terra di nessuno in cui tutto è lecito, in cui ciò che al cittadino qualsiasi non è consentito (magari anche giustamente) è consentito agli esponenti di gruppi militarmente inquadrati. Per altro, mi sembra anche abbastanza fuori luogo mettersi a polemizzare allo stadio, in una situazione che si sa benissimo essere di particolare tensione, con le Autorità. Se si subisce un abuso vero, si può anche pensare ad un esposto alla Procura (i casi di esponenti delle Autorità condannati dalla magistratura per episodi di abuso non sono così sporadici).
Ed, in definitiva, se proprio non vogliamo sottostare a determinate regole, nessuno ci obbliga ad andare allo stadio (io, infatti, dopo anni, mi sto stufando, proprio per le pedanterie burocratiche che siamo costretti a subire, ma non penso che si colpa di "chi esercita il potere", che è al mio servizio e d è un'emanazione delle istituzioni che mi rappresentano, ma di chi non rappresenta nessuno se non sè stesso, non ha alcuna legittimazione, ma, siccome si è costituito in gruppo tribale, ragiona e si comporta secondo tale logica, sconosciuta, per fortuna, alla società civile). Del resto, non esiste alcun diritto costituzionalmente tutelato a recarsi allo stadio (né ne sento un bisogno fisiologico, il calcio è una passione, non un'esigenza esistenziale, nella vita credo in qualcosa di più importante che non in due colori che, per divertimento, amo tifare...). E se anche esistesse, andrebbe esercitato nei modi previsti: è troppo comodo pretendere il rispetto totale dei proprio diritti, ma poi pretendere di esercitarli nelle modalità che ci risultano più comode (non necessariamente corrispondono a quelle previste) e di venir meno ai doveri correlati.
Insomma, concludendo questo mio lungo intervento, non riesco a capire, in tutta sincerità, come si possa confondere l'indipendenza e l'esercizio libero del pensiero vero con l'esigenza di manifestazioni esteriori violente, irrazionali, incivili. In genere, è chi si comporta civilmente che porta avanti le grandi battaglie, che ha una testa pensante, che non è pecorone, anche se allo stadio rispetta le Forze dell'Ordine ed evita le polemiche (sai che coraggio a mandare affanculo un poliziotto, per poi potersi lamentare di essersi beccati una manganellata... proprio una grande dimostrazione di coraggio e di intelligenza, l'umanità sarà salvata da queste menti superiori...).
Un saluto a tutti.
Alessandro B.

Demiurgo ha detto...

Grazie di questo pezzo

Anonimo ha detto...

Caro Alessandro B, ti ringrazio per la risposta che almeno si può fare un ragioanmento. Cosa rara di questi tempi poveri di intelligenze :(

Tanto per sgombrare il campo: rispetto a Matteo io sindaco solo che un incidente sia stato trasformato dalla canea mediatica in un casus belli ultrà. Sarebbe bastato archiviarlo per quello che è, un incidente di merda :( Non volevo dal suo comportamento o da quello di altri fare una filippica sul mondo ultrà.
Seconda cosa: io non sono un ultras, non lo sono mai stato (tanto più che io nella curva della mia squadra - l'Inter - non ci posso mettere piede diciamo per divergenze politiche molto veementi). Sono un tifoso, a cui piace gridare, imprecare e far salire i toni, consapevole che alla fine della fiera è una partita a una volta fischiata la fine con chi ho insutlato fino a cinque minuti prima mi faccio volentieri quattro risate.

Veniamo a parlare del problema DASPO e compressione dei diritti costituzionali. Il mio problema con i DASPO è che sono una misura di inutile restrizione e che introduce nell'esercizio della legge una pericolosissima discrezionalità. L'esempio della mia asticella è molto calzante, e io non sono disposto a vedere compremere i MIEI diritti per la scarsa volontà o capacità di intervento complessivo su un fenomeno da parte di forze dell'ordine e istituzioni. Traduco: io non mi sono rifiutato di cambiare la mia asta casalinga con un'asta di quelle "autorizzate", ma una votla negato il permesso anche per questa seconda asta che mi aveva indicato il carabiniere, ho semplicemente buttato a terra l'asta e deciso di entrare senza. Questo gesto ha fatto "imbirrire" il carabiniere che è passato subito ad abusare della predetta discrezionalità minacciandomi di DASPO (usando la mia appartenenza alla scena dei centri sociali come "scusa sufficiente"). Questo per chi ritiene di avere a cuore "la democrazia" è una compressione inaccettabile, perché dimostra che in assenza della capacità di comprendere e intervenire sulla criminalità organizzata che fa man bassa nelle curve di manovalanza si punisce qualcuno nel mucchio pensando di fare bella figura.

Il problema è che come al solito in Italia anziché proporre una soluzione che indaghi e cerchi di risolvere i problemi, si mira a misure estremamente strumentalizzabili mediaticamente e che lasciano tutto il peso della decisione su chi non dovrebbe decidere ma eseguire (le forze dell'ordine), scaricando la coscienza di chi dovrebbe decidere (i politici e le istituzioni). Fino a che non si ribalta questa equazione privilegeremo la diminuzione di diritti a favore di un aumento di autorità che ci dia l'illusione di garanzie non meglio specificate di quieto vivere. E' un errore fatto molte volte nel passato, negli anni 20 e negli anni 70. Non ha portato bene.

Ultima nota: ognuno è libero di scegliere cosa fare e che rischi assumersi, ed è giusto che se li accolli. Ma non più di quelli. Se io mi metto in mezzo come spesso accade tra un pirla fascistoide e un immigrato allo stadio, rischio di prendere un sacco di botte, e fin qui va bene. ma che poi mi debba anche prendere un DASPO per aver difeso un principio democratico mentre i famosi steward (allenati dalle ffoo e pescati tra gli ultras stessi) stanno a guardare mi pare francamente un po' eccessivo. Tanto per fare un esempio di come "la parte giusta" sia un concetto un tantino superficiale quando si tratta di esseri umani.

Alla prossima.

nero

Stefano Olivari ha detto...

Quello che criticavo nell'articolo era il meccanismo mediatico secondo cui un morto 'di calcio', per cause ancora imprecisate e con responsabilit� tutte da definire, divnti automaticamente una vittima del sistema cattivo e della polizia alla Maurizio Merli. Ogni caso ha una sua storia, ma soprattutto le responsabilit� sono individuali.

Anonimo ha detto...

Questo articolo è stato fatto un giorno dopo la morte di Matteo, non ci sono ricostruzioni ufficiali, ma solo indiscrezione giornalistiche pronte a pompare qualsiasi evento e tu caro stefano olivari ti sei permesso di dire la tua, ma obiettivamente cosa ne sai? Sei sicuro che erano in 100 ad assaltare il pullman degli Juventini? Sei sicuro che era un pullman di un club occupato da tranquille famigliole? Sei sicuro che gli occupanti del pullman dello JC crema non abbiano aizzato i tifosi del parma. Sei sicuro che il Daspo venga dato dopo un riconoscimento certo dell'infrazione oppure un daspo può essere dato anche a caso "tanto un Ultras ha sempre fatto qualcosa che non va.."
Caro stefano olivari continua a criminalizzare gli ultras i tifosi ecc, continua a chiedere la precisione e perfezione all'ultima ruota del carro e nello stesso tempo resta tollerante verso chi si dopa, chi ruba milioni in plusvalenze, verso chi sta distruggendo il gioco del calcio.
Sicuramente il calcio è malato, gli Ultras sono l'influenza, il tumore purtroppo è in alto, e voi lo tollerate. Vergonatevi

Anonimo ha detto...

Quoto 'nero' e l' ultimo anonimo. Magari, di tanto in tanto, qualcuno che poco o molto detiene un enorme potere (o spazio, o mettiamola come ci pare) e cioè quello della capacità di penna, potrebbe mostrare un po' di coraggio e tentare di parlare semmai di un temino scondo come quello del Calcio Mod€rno appartenente agli ultra$, in luogo di scagliarsi sistematicamente contro la fetta sana degli ultras con la 's' normale, se-dove questa fetta ancora esiste.
E' ot? Non importa. Meditare.
D