di Stefano Olivari
Roger Federer non è morto, né dal punto di vista biologico né da quello tennistico: chi ha due match point per la finale degli Us Open ha ancora tantissimo da dire, al di là del piccolo particolare che nel 2011 sia stato l'unico essere umano capace di tenere testa al disumano Djokovic 2011 (quello dimagrito ma la cui palla misteriosamente viaggia più forte). Andy Withfield invece non c'è più davvero: un linfoma purtroppo ha chiuso la sua esistenza a 39 anni.
Ma cos'hanno in comune il più grande tennista di tutti i tempi e un bravo attore che dopo una onesta carriera aveva trovato la fama interpretando Spartacus? Prima di tutto il fatto che abbiamo sofferto per loro, ovviamente su piani diversi, in una maniera sincera e disinteressata. Eppure avendo superato da quasi tre decenni i 15 anni non c'è stata identificazione: siamo ben lontani sia dal giocare un tennis decente che dall'essere gladiatori. In secondo luogo di quello che pensano (pensavano, per Whitfield) dell'universo mondo sappiamo zero. Ignoriamo le idee di Federer sulla lotta al terrorismo (e ne avrà di sicuro) o quelle di Whitfield sulle energie alternative (ne avrà avute, avendo girato anche lui tutto il mondo), mentre la loro vita privata per noi si riduce a poche note: la discreta presenza di Mirka in tribuna e il commovente messaggio di Vashti, ci bastano. Eppure solo tramite le loro opere (definizione che vale anche per quel bellissimo fumettone che è Sangue e sabbia, mentre il prequel Gli dei dell'arena è di un gradino inferiore e non certo perché manca Whitfield) siamo sicuri di averli conosciuti meglio di un parente stretto o di una persona che per lavoro sentiamo tutti i giorni. C'è di peggio: per loro abbiamo sofferto più di quanto avremmo abbiamo fatto per persone fisicamente più vicine. Siamo specialisti nella lagna 'Ah, che belle le piccole librerie di una volta', poi nella realtà siamo ultrà di Amazon. Però le piccole librerie di una volta aiutano a scoprire per caso libri geniali: un anno fa a Trastevere è stato il turno di La morte del prossimo, dello psicoanalista Luigi Zoja. Che non conoscevamo, così come molte altre persone con qualcosa da dire. Cosa sostiene in pratica Zoja, per dirla con il nostro amatissimo professor Bignami? Che il prossimo, in senso letterale, non esiste più nella società occidentale (occidentale: sempre di noi si parla, del resto checce frega degli altri?), sostituito da soggetti o entità fisicamente lontani. Lontani dal vicino, vicini al lontano, parole di Zoja. Nelle società antiche, ma neanche tanto (diciamo pre-televisive), la distanza fisica era un ostacolo all'amore o anche soltanto all'interesse, adesso non è più così. Dopo la morte di Dio, scrive lo psicoanalista, con la morte del prossimo scompare la seconda relazione fondamentale dell'uomo moderno. In parole nostre, è più facile solidarizzare con gli orsi del sud est asiatico che impietosirsi per il lavavetri al semaforo o per il cugino malato. Facile capire dove voglia andare a parare l'autore, soprattutto per noi che davvero abbiamo a cuore l'orso e siamo in senso lato il bersaglio critico del libro. E oltre all'orso abbiamo a cuore Federer, Whitfield e varie altre persone. Detto fra noi, non troviamo così negativo avere a disposizione il mondo per scegliere a chi dare il nostro amore. Non è che il vicino di casa, il genitore o il figlio che ci sono capitati in sorte abbiano più diritti nei nostri confronti di quanti ne abbia un contadino del Bangladesh o una pittrice colombiana. E quindi noi non abbiamo obblighi. Sarebbe bello anche convincersene, per sfuggire alla società dei sensi di colpa in un momento storico in cui ex ribelli scoprono la comoda mafiosità della famiglia.
stefano@indiscreto.it
20 commenti:
Strepitoso come sempre, e vorrei avere scritto io cose del genere. Sulla mafiosità della famiglia e sulla disgrazia di vicini e parenti toccatici in sorte avrei storie recentissime e personali da far venire voglie assassine. Bravo
bravo stefano!
ps:
su padri e figli (toccati in sorte o meno), sempre di luigi zoja, consiglio:
il gesto di ettore. preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre
Spaventoso in quanto colpisce dritto al cuore e al cervello questo pezzo, Stefano! Le ultime due righe da imparare a memoria e ripetere ogni mattina davanti allo specchio.
Roberto, leggendo pensavo fosse un testo scritto da te...
@Direttore
Forma strepitosa, Rod Laver 1969, secondo slam.
i confini di Indiscreto si allargano e la qualità si dilata.
@all
Se non premiano ilDirettore, potrei anche spezzare qualche braccio ad un qualsiasi giurato :-))))
Italo
come articolo numero 1000 non c'è male ;)
italo
scusa l'ignoranza. premiano per cosa?
@Spike
per non essere il banale di Suez (cit.) :DDDD
Un brodista ibrido
Italo
@Stefano: lo diceva già Umberto Tozzi vent'anni fa, Gli altri siamo noi.
Italo
:D
siamo nell'era della "defilippizzazione" dei sentimenti e amare il prossimo costa tempo e fatica, anche se spesso è un'avventura meravigliosa...meglio dunque l'orsetto, il negretto adottato a distanza e la star di turno, che sono lontani, non mi rompono i coglioni e li accendo e li spengo quando mi pare.
Ex-ribelli che scoprono la comoda mafiosità della famiglia?! Ciapa chì:
http://milano.corriere.it/gallery/milano/09-2011/lapo/1/suv-lapo_a616d71e-d95f-11e0-91da-5052c8bbe100.shtml#1
pezzo eccezionale!
mi rivedo in tantissime cose che hai scritto.
Nell'era del FAST-TUTTO: "Fast-Ammmmmore" per tutte le cause, ma più lontane possibile dal vissuto quotidiano!!!
Sottoscrivo il consiglio di Igor, un po' da professore i parallelismo mitologici (Achille, Ulisse, eccetera) ma notevoli le parti su identità maschile e femminile, oltre che quella sulla comunicazione...più concretamente, visto che per vivere scrivo quasi quotidianamente di Calciopoli (non su Indiscreto, per fortuna), rivendico il diritto di non essere concreto...tanto a farci sentire in colpa pensa già il prossimo...
@ Dane: parlare di ex ribelli per Lapo mi sembra fuori luogo; comunque mi sarebbe piaciuto che il suv Lapo lo parcheggiasse a Vilnius, giusto per vedere l'effetto che fa...
http://www.youtube.com/watch?v=Xt3g9VZgkk8
errata corrige... "avesse parcheggiato..."
Un gioiellino il pezzo. Ingredienti :300g di amarezza, 120g di disincanto ,uno spizzico di rimpianto e un pò di sale del mar passato. Se lo metti in forno a 180 gradi ,l'immagine che si produce è quella che vorremmo essere ,ma pensiamo ,siamo convinti,che essa è lontana spazialmente e temporalmente irraggiungibile. Questa constatazione ci affibbia un senso di colpa di ritorno per non essere il meglio di noi stessi . Questo in verità è un falso, siamo sempre e comunque noi stessi e siamo gia perfetti. Non ci è toccata una famiglia e amarla indipendentemente da tutto è la sola via per cambiare il mondo. Se si smette di "fissare" l'attenzione nel modo che abitualmente facciamo ,allora possiamo avere una "attenzione mobile" e questo produce miracoli.
Gran pezzo, le riflessione sul rapporto col prossimo mi hanno fatto venire in mente che Facebook e le chat in generale hanno vinto per i motivi esposti nell'ultima parte dell'articolo.
Il loro uso distorto serve sempre di più a mascherare la nostra incapacità di tessere rapporti interpersonali dal vivo.
"Detto fra noi, non troviamo così negativo avere a disposizione il mondo per scegliere a chi dare il nostro amore"
Più o meno il concetto espresso in Kitchen di Banana Yoshimoto, bel libro che mi sento di consigliare agli astanti.
Bello.
Mille non più mille.
E' un grande periodo per alcune forme artistiche e le analisi sociologiche che,finalmente,incrociano la biologia con il post(umo) capitalismo e le scienze psichiche.
Il guaio,nel rumore bianco,è che arriva alla massa,che in quanto tale è massificata,solo la cultura media espressa oggi.
Quindi l'incontro tra calcoli di marketing e mediocrità di buon livello.
La tecnica uccide o sopprime l'uomo da secoli;l'evoluzione tecnologica,che è basata unicamente sulla velocità e la subliminalità del messaggio,la rende mostruosa.
Chissà cosa scriverebbe uno come il Colonna...
La famiglia è,in un evo di recessione socioeconomica,un bene rifugio.
Come il mercato immobiliare(ancora per poco tempo..),l'oro,la religione e la pornografia.
Però,malgrado tutto,non è male assistere agli ultimi giorni di Babilonia...
Spettatori paganti o attori pagati.
@Straw61:yes,I agree with you.
@Vincenzo:pensa che lessi quel romanzo quando uscì...
Per riprendere ciò che accennavo nel commento prima,ti consiglio uno sguardo all'incredibile "Hypnerotomachia Poliphili" di Francesco Colonna(sempre che sia lui l'autore..).
Era il 1499 ma il tema è sempre lo stesso.
E' un romanzo allegorico,un caleidoscopio,che ha influenzato enormemente la cultura occidentale.
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