La regina e gli intoccabili

di Oscar Eleni
Il riciclaggio di Petrucci, l'eredità di Lefebre e i descamisados di Siena. Sensazioni su Milano, Siena, Calvani, Bologna, Cerella, Casale, Pasquini e Meneghin. Voti a Pungetti, Esposito, Hunter, Pianigiani, Mancinelli, Gentile, Aradori, Melli, Bonamico, Fotsis, Moss, Mordente, Vitali e Amoroso.
 



Oscar Eleni dalla provincia indiana settentrionale dell’Uttar Pradesh, dove la regina degli intoccabili ci ha chiamato per togliere i teli che coprivano gli elefanti Mayawati. Da loro, sotto elezioni, visto che l’elefante era simbolo del partito della primo ministro, non volevano influenzare i votanti. Sarebbe come se da noi coprissimo tutte le scrivanie dei comitati regionali per evitare che influenzino i votanti del prossimo congresso, quello del saluto “cordiale” a Dino Meneghin, quello della genuflessione al ritorno sulla via del damasco di Gianni Petrucci che, per adesso, si fa pregare un po’, si fa scrivere lettere d’amore, ma poi deciderà per il “sì vi salvo un’altra volta”, magari in mancanza di offerte migliori per la sua gloriosa carriera da dirigente sportivo, perché chi ha comandato così bene lo sport italiano, sogna qualcosa di meglio di una presidenza federale che lo farebbe rientrare dalla finestra nel consiglio del ministero sfuggito, per ora, alla fame dei partiti, anche se poi i partiti i loro uomini li hanno piazzati comunque dove si tira, si spara, si nuota, si corre, si pattina, si scivola.
L’aria triste di Lunchow dove gli inglesi, toh che sorpresa, massacrarono 2000 sepoy, non tantissimo tempo fa, la festosità delle spezie e delle chiaccherate in urdu che sembrano affettuose carezze come quelle che ci ha regalato Lorenzo Sani nel suo resoconto sui funerali del Lucio Dalla che a Varese ha compiuto il miracolo di riunire tifoserie notoriamente nemiche, abbracciate ascoltando la musica che sarebbe piaciuta anche all’Enzino Lefebre che di sicuro si è fatto mettere una parabola nell’anticamera del paradiso per vedere la rimonta vincente della Benetton disperata, una rimonta che purtroppo non riuscì a vedere nel suo letto di dolore a Ca Foncello dove era riuscito a collegarsi per guardare l’uscita dall’Europa di un gruppo che trova amici soltanto in cartolina e mai in banca, anche se poi il giovane Benetton ammette che Enzino è stato un grande maestro, un grande compagno di viaggio e non soltanto di squash. Ma allora, diciamo noi, perché non si ribella al volere familiare e trova una via d’uscita per tenere in piedi la squadra di basket con un progetto di sofferenza, ma anche di crescita, ultima foresta di Sherwood per il giocatore italiano fuorilegge. Questo Lefebre che ha ispirato bellissimi ricordi a Walter Fuochi, accidenti se ci manca una penna del genere nella mischia del basket denaturato, a Flavio Tranquillo, accidenti se è questo il giornalista che ci manca e non certo quello che cinguetta dietro ai tatuati, soprattutto adesso che sembra aver compreso che non possono essere gli avari, gli invidiosi della gloria altrui, i superegoisti ad esaltare un gioco che resta di squadra, una squadra allargata dove devi mettere anche gli arbitri perché se non li capisci poi vai fuori di testa.
Sulle note di Caruso si abbracciano antichi nemici, sulle ali del cinguettio di un ragazzo che non ha ancora vent’anni scopriamo l’evoluzione in peggio del pubblico di Siena che è stato sempre parte della storia mensanina, dai tempi del professor Cardaioli a questi anni di dominio assoluto. Quel devi morire urlato a Gentile non era certo condiviso dal vero pubblico che abbiamo conosciuto giocando, studiando, lavorando, ma adesso comandano i descamisados da palestra, quelli che, se ci fate caso, su ogni tribuna, dal calcio al basket, nel volley si difendono ancora bene, nel rugby hanno davvero un altro senso dello sport, vorrebbero essere i protagonisti dell’evento alla faccia dei giocatori che fingono di amare, salvo poi aspettarli al posteggio per dargliele perché non hanno ricevuto l’omaggio richiesto. Brutta china quella dove a comandare doventano quelli che si fanno dirigere come gregge da gente che neppure la guarda la partita. Pensavamo che avrebbero perso loro. Ci siamo sbagliati, ma forse chi ha ceduto per primo è chi poi li deve strumentalizzare questi descamisados da stadio e palestra, averli in coda per il voto, averli alle spalle per far dimettere un allenatore sgradito, per far scappare un giocatore pagato troppo quando si pensava che fosse irresistibile e non la passione nascosta di qualche figlio, figlia, moglie, parente di un presidente.
Siamo troppo bagnati dalla rugiada nepalese mentre entriamo nel Taj Mahal di Agra per voltarci indietro adesso che il calendario incalza e sta per arrivare la settimana di Azzurra che si presenta a Pesaro con qualche bella faccia nuova, che scandalizza chi vorrebbe mandare al confino una organizzazione dove i convocati per giocare sono meno di quelli che dovranno curarne salute tecnica, fisica, logistica, mentale. Famiglie allargate che devono pur ritovarsi per fare almeno il punto adesso che siamo intrappolati in una rivoluzione voluta da chi cammina sulle assi della nave, ma non scende mai sottocoperta per capire gli umori, gente da ammutinamento del Bounty con tendenze che soltanto lo spagnolo Zafon riuscirebbe a spiegare.
Sensazioni al profumo di zafferano.
Milano che si piega e non si spezza sembra una novità interessante, certo se dovesse acontentare di questo sai che divertimento in casa Armani dove sono convinti che non servano tacchi altissimi, ma un vestito sobrio che non faccia assomigliare la squadra curata con tante spese alla solita escort per i campioni designati L’Emporio ha bisogno di un nuovo giocatore se vuole evitare la finale Cantù-Siena e non è detto che il nuovo porti lo scudetto che arrivò per la fusione fra mente e braccio nei tempi dove Stefanel vestiva la squadra del Boscia senza rivali nella corsa dei sogni.
Siena ha necessità di mettere centimetri, più che chili, sotto canestro, per la finale europea di Istanbul dove arriverà se la tipa con i denti verdi smetterà di far cigolare vecchie giunture.
Ci dispiace per Calvani, ma la resa difensiva di Cremona ci convince che i lupetti perdono il pelo e l’allenatore odiato, odiabile, ma non il vizio di farsi i fatti loro sul campo.
Tormentare la Virtus Bologna che ha fatto il massimo è ingiusto. Soltanto la grancassa dei genuflessi poteva far passare per squadrone un gruppo che Finelli ha salvato troppe volte per non trovarlo sfinito adesso.
Siamo convinti che le salvezze passino dai Cerella e non dagli Amoroso, che certi salti di qualità passino da gente con dentro la rabbia dell’esistenza piuttosto che dai giocatori superboni che ora bussano alla porta dei loro agenti, spaventati all’idea di dover passare altri inverni da disoccupati.
Le fughe da Avellino dicono qualcosa a chi pensa di espandere e non restringere?
I finali sempre uguali della Casale battuta almeno 10 volte sul traguardo ci spiegano che cambiare allenatori non ha senso se poi non puoi cambiare i giocatori che li hanno portati a fondo.
Ci sembra logico che Sassari abbia dato un triennale a Federico Pasquini che ha lavorato così bene con Sardara, Dettori, sarà parente del grande fantino?, e Meo Sacchetti per la trionfale stagione del Banco Sardegna- Reale Mutua, l’unica società che alle finali di coppa Italia ha mostrato almeno un po’ di gentilezza nei confronti di chi assisteva all’evento e non soltanto per fare il tifo.
Siamo dalla parte di Meneghin a prescindere, così come ci piacerebbe vedere in azione il dirigente Bianchini o il dirigente Recalcati, ma vedere quello che fanno in A2, l’entusiasmo di tanta gente, ci sembra che quelli da mandare via, sui due piedi, non siano gli appassionati che ogni giorno cercano di trovare qualcosa per la mensa della loro povertà, ma gli ottusi burocrati che restano ipnotizzati davanti allo stesso piffero, cobra nel cuore, a quelli che ci parlano, da troppo tempo, di entrate ridicole, di uomini che, mai, diciamo mai, hanno mostrato di soffrire davvero per una creatura non più illibata, violentata dalla crisi. Pagelle saltando sugli elefanti di pietra alla faccia della regina che considera intoccabili quelli che fanno i lavori molto vicino alle deiezioni del mondo.
10 A PUNGETTI ed ESPOSITO
perché sentirli nelle telecronache per E’TV delle finali di coppa ITALIA stile A2, stile inno e cime di rapa, ci ha fatto tornare ai tempi in cui questo basket aveva magari il giro vita fuori posto, ma era un modo per dare al cuore molto più spazio.
9 All’HUNTER brindisino, MVP delle finali di Bari, per la sua meravigliosa storia di uomo e giocatore. Lo stesso voto al Maggioli della sorpresa Jesi capace di girare intorno al blocco di certi fischi che gli sembravano sbagliati con molto più stile di certi finti baroni del momento.
8 A Simone PIANIGIANI per le scelte sulla nuova Nazionale che ci intrigano, anche se siamo sempre in allarme perché le qualificazioni europee restano un muro alto per il livello raggiunto dai nostri giocatori di oggi.
7 Al MANCINELLI che a Pesaro sarà capitano di Azzurra perché ogni tanto ha reazioni da vero capo giocatore. Deve restare su questa trincea e non andare a cercare incenso nelle retrovie dove lo hanno sempre confuso.
6 A GENTILE, ARADORI e soprattutto MELLI perché adesso ci siamo convinti di aver trovato tre eccellenti giocatori, se nel gruppo si infileranno anche DE NICOLAO, POLONARA, insomma i ragazzi dell’argento europeo, cominceremo a valutare diversamente questo periodo che sembra la fine di una carestia provocata dalla ignoranza, dall’egoismo, dalla poca voglia di condividere, cercando di escludere.
5 Alla selezione delle “STELLE” per la partita contro l’Italia a Pesaro. Siamo sicuri che i giocatori della Scavolini supervotati meritino quel premio? Sbagliare una, due volte, ci sta, ma sballare tutte le volte che si aspetta il grande salto è da cinici bulli.
4 A Marco BONAMICO che, magari, con la rivoluzione gomorriana, resterà senza lavoro, perché ogni volta che va in campo con la A2 fa arrossire i pavoncelli di A1. Crudeltà esagerata per chi non capirà mai una partita come Jesi-Scafati o Jesi-Brindisi, per chi lascerebbe andare alla deriva Verona.
3 A FOTSIS e MOSS perché il primo, ogni tanto, spesso, si assenta dalla lotta e si mette a protestare, perché il secondo ci fa capire che siamo tutti superficiali giudicando un uomo dai suoi capelli, dai suoi tatuaggi, dalle sue scappatelle: con Fotsis troppo idulgenti, mentre Moss ci ha fatto sempre sentire stupidamente severi perché questo è davvero un giocatore da sbarco su qualsiasi spiaggia ci sia il fuoco nemico.
2 Al SISTEMA, al NOSTRO ARIDO MONDO, che ancora non si muove mentre noi disperati aspettiamo da oltre un mese di rivedere in edicola Superbasket che, magari, non era il nostro ideale di settimanale, ma era pur sempre vita nostra. Per fortuna qualche pirata in giro è rimasto e forse troverà il galeone con i dobloni, ma che fatica.
1 MORDENTE, VITALI, AMOROSO se qualcuno li ha visti, se qualcuno ha trovato il loro talento perso per strada faccia una chiamata al telefono di Azzurra sbiadita. Mancano alle loro squadre e ai loro poveri allenatori.
0 Ai FUORI di MELONE che confondono l’eliminazione dall’Europa di Milano con quella molto meno meritata di Cantù, a chi storce il naso se SIENA fa più di sei pit stop perché sarebbe da fessi dannarsi per dominare un campionato dove le avversarie si fanno del male da sole, a quelli che non sentono nemmeno un po’ di rimorso per quello che impedisce a Bologna di riavere il faro e i colossi.

Oscar Eleni, 5 marzo 2012

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