1. “Il vero giornalismo è quello intenzionale, vale a dire quello che si dà uno scopo e che mira a produrre una qualche forma di cambiamento. Non c’è altro giornalismo possibile”. Le parole del mai troppo compianto Ryszard Kapuscinski ci sono tornate alla memoria (ri)leggendo un reportage a firma di Ernest Landheer pubblicato qualche mese fa sul settimanale olandese Voetbal International. Si parlava di calcio sudafricano, o meglio, della spirale di corruzione e di inefficienza che sta affossando il movimento dei Bafan Bafana (nomignolo che in lingua zulu significa “i ragazzi”). Un biglietto da visita non certo ideale per un paese già sommerso da problemi di varia natura (la violenza in primis) e che tra due anni avrà l’onore, e l’onere, di essere il primo paese africano nella storia del calcio a cui è stata affidata l’organizzazione della fase finale di una coppa del mondo. Ci piacerebbe leggere inchieste di questo tipo anche sulle testate sportive italiane; temiamo però che, soffocati tra un articolo sul mercato della Juventus e uno speciale sui tatuaggi di Lavezzi, i nostri desideri siano destinati a rimanere tali.
2. Il punto di partenza è un dato statistico; le nazionali sudafricane under-17 e under-20 non sono riuscite a qualificarsi per i campionati africani, mentre la selezione maggiore è invece reduce da un biennio altamente mediocre iniziato con la mancata qualificazione ai Mondiali di Germania e proseguito con le deludenti eliminazioni al primo turno della Coppa d’Africa 2006 (tre sconfitte e una sola rete segnata) e 2008 (due pareggi e una sconfitta). Una crisi che affonda le proprie radici nella pessima gestione del settore giovanile, dove la cronica carenza di fondi si unisce ad un contesto tecnico-strutturale di livello scadente, come più volte lamentato dall’ex commissario tecnico della nazionale Carlos Alberto Parreira (“come è possibile che uno degli stati più all’avanguardia dell’intero continente africano come il Sudafrica non abbia tornei under-19 e under-17 a livello nazionale?”). Parole sottoscritte in toto da Cavin Johnson, responsabile capo del settore giovanile del Mamelodi Sundowns, il club che ha vinto gli ultimi due campionati nazionali, nonché scopritore di uno degli ultimi talenti espressi calcio sudafricano, ovvero il centrocampista dell’Everton Steven Pienaar, letteralmente strappato all’età di dieci anni dal quartiere di Westbury, periferia meridionale di Johannesburg ad alto tasso di criminalità, per inserirlo nella propria scuola calcio. “I ragazzi che alleno ora”, commenta Johnson, “non riescono a giocare più di tre-quattro incontri di buon livello all’anno, perché al di fuori di Città del Capo la situazione a riguardante le squadre giovanili è deprimente”. In un simile contesto risulta problematico sperare di scovare e crescere le versioni autoctone di Drogba o di Essien.
3. Una volta tanto il problema non sono i soldi, basti pensare ai milionari contratti conclusi dalla Federcalcio Sudafricana (SAFA) e dalla Premier Soccer League (PSL) con l’Absa Group Limited, la più grande banca di tutto il Sudafrica, e la Castle Lager, marchio del gruppo SABMiller, multinazionale che opera nel settore delle birre. “E’ una questione di mentalità”, prosegue Johnson. “La mancanza di pianificazione e di politiche di medio-lungo termine da parte della SAFA si concretizza nella mancata percezione del valore formativo del settore giovanile; di conseguenza i club non investono soldi, pagano poco e male gli allenatori, e quest’ultimi non vedono l’ora di lasciare una posizione considerata umiliante. Per farlo devono mettersi in mostra, quindi vincere, e perciò non esitano a falsificare i certificati di nascita dei propri ragazzi, una pratica questa ancora molto diffusa in tutto il continente africano”. Pur non mancando qualche esempio di club virtuoso (l’Ajax Cape-Town, società satellite dell’omonimo club olandese, e i Kaizer Chiefs di Johannesburg), buona parte delle squadre di Prima Divisione rientrano nella descrizione fornita da Johnson. Emblematico è proprio il caso dei “suoi” Mamelodi Sundowns, il cui proprietario Patrice Mosepe possiede un patrimonio stimato attorno agli 1.4 miliardi di euro, ma le cui selezioni giovanili non hanno nemmeno un proprio spogliatoio in cui cambiarsi.
4. Nel 2005 l’olandese Jan Gösgens sbarcò in Sudafrica per gestire il vivaio del Supersport United di Pretoria, nell’ambito di un rapporto di partnership con il Feyenoord, già attivo a livello di scuole calcio in Ghana. Finì tutto nel giro di un anno e mezzo. “Avendo lavorato in Ghana mi aspettavo grandi cose da un paese con enormi potenzialità quale il Sudafrica, ma la disorganizzazione è paragonabile a quella degli stati africani più poveri. La differenza è che in Sudafrica le risorse ci sono, ma vengono gestite male; del resto basta vedere la dilagante corruzione all’interno della SAFA, a partire dal suo presidente Molefi Oliphant, per rendersene conto. Va dato atto al paese che uscire dall’abominio dell’apartheid non sia propriamente una passeggiata, ma dirigenti quali Oliphant e il suo braccio destro Irvin Khoza stanno rendendo un pessimo servizio alla popolazione di colore”. Un problema ulteriore è rappresentato dallo stile di vita tenuto da molti giocatori; alcol, droga, festini, belle donne e auto di lusso. “Il cinquanta per cento dei calciatori che militano nella PLF beve troppo” denuncia il già citato presidente degli Orlando Pirates Khoza. “Siamo in presenza di un autentico degrado morale” rincara la dose Shaun Bartlett, attaccante dei Kaizer Chiefs con abbondanti trascorsi nella Premier League inglese. “Lo stile di vita di molti giovani atleti è preoccupante. A differenza di stati quali Ghana o Camerun, in Sudafrica un giocatore di Prima Divisione arriva a guadagnare delle belle cifre, e pertanto quello che dovrebbe essere solo un punto di partenza, magari in vista di un’esperienza europea, per molti diventa un punto di arrivo. Manca la fame che c’è altrove”. Gabriel Mofokeng rappresenta il perfetto esempio di una carriera distrutta dall’alcol e da una condotta di vita poco salutare; era arrivato fino alle giovanili dell’Ajax seguendo le orme di Benni McCarthy, Aaron Mokoena e Steven Pienaar, e secondo Cavin Johnson possedeva qualità tali che nel 2010 sarebbe toccato a lui guidare da capitano la nazionale sudafricana ai campionati mondiali. Una previsione che non potrà avverarsi, perché Mofokeng ha appeso le scarpe al chiodo a soli 25 anni di età. Una decisione che presto è destinato a prendere anche Jabu Pule, artista del dribbling che nel 1999 esordiva appena 19enne nei Kaiser Chiefs, oggi alcolizzato cronico in cerca di ingaggio dopo essere stato lasciato a piedi dagli austriaci del Mattersburg e dagli Orlando Pirates. Ma Pule e Mofokeng rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in preoccupante aumento.
6. L’inchiesta si conclude indicando i due punti cruciali per uscire da questo circolo vizioso: la costruzione di un grande accademia calcistica a livello nazionale e la contestuale esclusione dal campionato di tutti quei club che non annoverano tra i propri ranghi anche selezioni under-19 e under-17. Un progetto che, afferma la SAFA, è già in cantiere. Calcisticamente parlando invece ci sentiamo di affermare che la luce in fondo al tunnel del calcio sudafricano si chiama Kermit Erasmus, attaccante 17enne del Supersport United che in patria ha già scomodato paragoni illustri. Merito della tripletta rifilata in 45 minuti allo Zimbawe con la maglia del Sudafrica under-17 (7 presenze e 6 reti finora), ma anche di un fisico alla Wayne Rooney che coniuga potenza e notevole fiuto del gol, facendo intravedere ottime potenzialità. Erasmus, che lo scorso 4 marzo ha segnato all’Ajax Cape Town la sua prima rete da professionista, sogna di partecipare al Mondiale 2010; nel 2008 intanto assaggerà l’Europa, avendo firmato un pre-accordo con gli olandesi del Feyenoord, club che raggiungerà non appena compiuti i 18 anni. Avrebbe potuto arrivarci prima nel Vecchio Continente, ma il provino che avrebbe dovuto sostenere con il Tottenham Hotspurs fu annullato per colpa della Federcalcio sudafricana, che durante la Coppa d’Africa under-17 in Togo gli perse il passaporto, impedendogli così di lasciare il paese.
7. Chiudiamo continuando a parlare di giovani ma spostandoci dal Sudafrica alla nostra amata Olanda, dove il Psv Eindhoven ha chiuso al meglio la stagione mettendo in bacheca anche la Coppa d’Olanda giovanile. Ci sono voluti i rigori allo Jong Psv per avere la meglio sullo Jong Nec, con tanti ringraziamenti alle parate del portiere brasiliano Cassio Ramos, il giocatore (arrivato in estate dal Gremio) che secondo i piani della dirigenza sarebbe destinato nel lungo periodo a sostituire Heurelho Gomes. C’è di tutto nella versione baby del Psv, dall’immancabile colonia verdeoro (oltre a Cassio ci sono anche Jonathan Reis e Fagner Conserva Lemos) agli “emarginati” della prima squadra Aissati e Zeefuik (entrambi con alle spalle addirittura presenze in Champions League), dal figlio d’arte Nigel Hasselbaink (al quale dall’anno prossimo si aggiungerà Arne Nilis, figlio del mai dimenticato bomber belga Luc) a due prospetti di grande interesse quali Rens van Eijden e Olivier ter Horst. Un mix ben calibrato e foriero di buoni auspici per il futuro, quindi in netta tendenza con il clima da resa dei conti (ultimo colpo di scena, le clamorose dimissioni del deus ex machina del mercato Piet de Visser) che si respira all’interno dei vertici del club.
Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it
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