L'alleanza contro Coppi

di Simone Basso
Con l'ennesimo Mondiale danese in vista, diventa obbligatoria una rievocazione storica del passato. Copenaghen infatti ospita la rassegna iridata per la quinta volta: se l'esordio fu assolutamente originale, ovvero una cronometro individuale di 170 chilometri vinta da Learco Guerra (era il 1931), l'edizione più particolare, colma di retroscena, fu quella del 1949.
Annata storica per la pedivella e lo sport italiano in generale; zeppa di glorie assolute e di tragedie altrettanto imponenti (Superga). Fu la stagione che definì la leggenda di Fausto Coppi: all'apice quantitativo e qualitativo, mai nemmeno sfiorato e avvicinato da altri fino alla comparsa del cannibalesco Eddy Merckx. Quel campionato mondiale di fine Agosto rilesse le vicende di quei mesi anche attraverso la partecipazione, decisiva, di un grandissimo del ciclismo elvetico, ovvero Ferdi Kubler. Il 1949 di Fostò nacque però come reazione, o vendetta, al trionfo di Bartali nel Tour '48; messo in un angolo, mediaticamente, da un'impresa, quella di Ginettaccio, che ebbe intrecci politici celebrati ancora oggi.
L'airone di Castellania si preparò meticolosamente e già dalla Milano-Sanremo sfoggiò la pedalata dei giorni migliori: nella classicissima di primavera utilizzò da trampolino di lancio il Capo Berta. Bastarono cento metri su Fachleitner e Ortelli, in cima alla salita, per cominciare l'assolo; si presentò in via Roma, per il tris consecutivo, con oltre quattro minuti di vantaggio. Il Giro d'Italia, malgrado la corsa strepitosa di Adolfo Leoni, fu sorvolato con calma quasi olimpica da Coppi, che attese fino a poche tappe dall'epilogo per conquistare le insegne del primato. Lo fece con l'impresa più celebre del Novecento ciclistico, quella Cuneo-Pinerolo che rappresenta ancora oggi l'Aleph dell'immaginario di questo sport. Maddelena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere...Affrontati in progressione, come fossero una prova contro il tempo infinita: 192 chilometri di fuga con gli avversari dispersi, Bartali (secondo) beccò quasi dodici minuti, e il pubblico di Pinerolo dribblato dal clamoroso anticipo sulla tabella di marcia del capitano della Bianchi.
L'esordio alla Grande Boucle, attesissimo, fu veramente complicato: la cotta, più psicologica che fisica, di Saint Malo alla quinta frazione divenne un argomento centrale nell'odissea del campionissimo.
I bartaliani, gli scettici, sostengono che se fosse stato intruppato in un'altra squadra, non nella nazionale diretta da Alfredo Binda, quel crollo nervoso l'avrebbe pagato con l'impossibilità di rientrare in classifica. Invece, a dispetto della mezz'ora di distacco, Coppi risalì la corrente mostrando una classe e una cilindrata senza eguali: vinse le due cronometro, il tappone italiano che si concludeva ad Aosta, quello del celeberrimo incidente di Bartali, e concluse a Parigi con quasi undici minuti sul rivale toscano. L'impresa, perchè tale fu, stabilì un nuovo standard nel ciclismo moderno: la doppietta Giro-Tour, fino a quel periodo considerata impossibile dal punto di vista fisiologico, diverrà il requisito statistico dei fuoriclasse di ogni epoca. Ironico che l'asticella fu posta in alto da un corridore considerato, a torto o a ragione, fragile dal punto di vista della tenuta psicofisica: appunto, un motore straordinario ma dalla carrozzeria e dalla centralina delicate. Uno scherzo della natura che stava dominando la scena come nessuno prima di lui; un bell'esempio fu rappresentato anche dalle prove del campionato italiano, ai tempi una competizione a punti assegnata dopo una serie di classiche del calendario tricolore. Perse da Leoni il solo Giro del Piemonte, una gara maledetta che non riuscì mai a vincere e che gli avrebbe regalato, nel 1951, il più grande dolore della sua vita (la morte del fratello Serse), ma spadroneggiò al Romagna e altrettanto avrebbe fatto in Veneto aggiudicandosi il titolo. Così, con queste premesse roboanti, si presentò a Copenaghen.
La situazione era chiarissima: Coppi contro il mondo e a caricare la sfida una serie di storie che lo circondavano.
L'anno prima Valkenburg rappresentò il punto più basso dello scontro con Bartali e si vollero evitare altre repliche non convocando Gino. Il percorso, ahilui, sembrava l'unico immaginabile per limitare il suo strapotere: piatto, privo di strappi, insignificante. Però il formato della competizione, allora con soli trentacinque partenti, garantiva che nessuna formazione potesse controllare la corsa. Infatti Coppi entrò in quasi tutti gli attacchi di giornata e, nel finale, riuscì a selezionare il plotoncino. Rimase con Rik Van Steenbergen e Ferdi Kubler, ovvero gli avversari meno graditi dal suo entourage...
Spieghiamo l'antefatto: il fenomeno che stava comandando il circo a due ruote aveva sponde importanti.
Tanti amici in gruppo, come sempre, e fuori. Zambrini, il patron della Bianchi, era influente e Andrè Mouton, il ras dei criterium e delle riunioni su pista, l'amico che lo rese ricco con gli ingaggi che si adeguavano alla fama crescente. Ma proprio la popolarità e le vittorie del campionissimo avevano allertato la concorrenza: in Francia il clan Mouton aveva monopolizzato i circuiti, decidendo le fortune economiche (e sportive) di molti. Van Steenbergen e Kubler erano però amministrati dal belga Van Boggenhout che impose ai due un mantra: un altro trionfo del piemontese avrebbe ridotto drasticamente i contratti dei suoi assistiti. Così il campione rossocrociato corse da gregario di Rik I; all'ultimo giro una sparata di Coppi fu rintuzzata proprio dallo zurighese che riportò sotto il fiammingo. La volata sul traguardo, dopo 290 chilometri, fu un gioco da ragazzi per il re dei velocisti: primo Van Steenbergen, al bis iridato (il tris sarebbe arrivato, sette anni dopo, ancora a Copenaghen); secondo Kubler e terzo Coppi, deluso. Dichiarò che gli sarebbe bastato un cavalcavia per risolvere la faccenda; celeberrima divenne la frase di Gianni Brera che sintetizzò quella giornata: "Le aquile non volano sulle aie."
Ma il Fausto non ebbe tempo per i rimpianti e, a due dì di distanza, si presentò (attesissimo) ai mondiali su pista; specialità inseguimento individuale.
Nelle qualificazioni non fece fatica contro Ponehtal (raggiunto ai 2590 metri) e Piel; in semifinale battè Pedersen di cento metri. La finalissima, il 24 Agosto, opposto a Lucien Gillen fu più agevole: centosessanta metri di vantaggio e la seconda maglia arcobaleno dopo quella del 1947. Il Giro di Lombardia chiuse l'anno da favola del campionissimo. Era il 23 Ottobre, l'ultimo sigillo di una striscia vincente che era cominciata il 19 Marzo a Sanremo. Si presentò al Vigorelli con 2'52" su Kubler e gli altri, al termine del solito (?) volo pindarico. Calcolatrice alla mano, nel 1949 Coppi percorse davanti, in fughe solitarie e vincenti, 669 chilometri. Un dato tecnico e agonistico irreale.
La fase aurea del Coppi atomico si arrestò lungo le Scale di Primolano, al Giro dell'anno seguente, quando cadde (urtato da Peverelli) e si incrinò il bacino.
Fu una staffetta, un passaggio di consegne involontario, con il vincitore di quella corsa rosa, il primo forestiero in assoluto, ovvero Hugo Koblet. Il passista che più di ogni altro, per un paio di stagioni, si avvicinò alle performance strabilianti del campionissimo. Che ritornò se stesso nel 1952, l'anno del secondo double. Ma esistono parametri che possano confrontare quel Coppi con i corridori di oggi? Ni, nel senso che lo scenario è talmente cambiato da sconsigliare raffronti. Però i dati, finalmente rassicuranti, dei wattaggi sulle salite del Tour de France 2011 propongono un suggestivo parallelo. L'Alpe d'Huez di quest'anno, in una frazione (109 km) corta e micidiale, e la maratona (266 km) del 1952. Tra un Voeckler, disperato, in giallo (tempo di ascesa 44' 33") e il Coppi (45' 22") che staccò Robic ci sono apparentemente tutti i cinquantanove anni di distanza. Ma se ripensiamo al peso e ai rapporti di quelle biciclette, ai chilometraggi, all'alimentazione e alla preparazione fachiresca, materializziamo il talento incredibile, mostruoso, di Fausto Coppi. In fondo, citando Tomasi di Lampedusa, tutto si modifica affinchè resti uguale: ma in questo caso, vivaddio, è il ciclismo che ci guadagna.


Simone Basso, 16 settembre 2011
(Articolo pubblicato sul Giornale del Popolo, www.gdp.ch/)


22 commenti:

Dane ha detto...
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Dane ha detto...

'Azz, volevo scriverlo io un pezzo su quel Mondiale visto che se ne è discusso su altro forum, meno male che non l'ho fatto, almeno risparmio le fatiche per ultimare Labruna...
Per entrare in tema, la lamentela di Coppi è pretestuosa: non è che se un percorso non avesse caratteristiche non adatte a lui non fosse all'altezza, quindi il cavalcavia non è obbligatorio.
Giusto il riferimento al sistema operativo delicato di Coppi, frequente ai bluescreen e spesso e volentieri stampellato dall'antivirus Serse. Non a caso allo scadere della licenza dell'antivirus cominciò la decadenza del meraviglioso hardware.
Per quanto riguarda il confronto tra epoche credo non sia possibile anche per motivi di caratteristiche: Coppi era un meraviglioso scalatore e in pista correva nell'inseguimento, due discipline oggi agli antipodi. Sarebbe come unire in unico ciclista Pantani e Taylor Phinney, inconcepibile anche per il regista de "La mosca".
Certo che i riferimenti cronografici rapportati a materiali ed attrezzature danno da pensare.....

spike ha detto...

grande pezzo simone!

Silvano65 ha detto...

Grande pezzo, Simone. E complimenti anche dal Vecchio, che lo ha letto con i lacrimoni, visto che tiene il Calendario di Coppi in sala

Simone ha detto...

@Dane:effettivamente Coppi sarebbe piaciuto a Cronenberg.
Dal punto di vista della performance pura,non potendo comparare le ere,lui e l'Abebe Bikila del bis olimpico* rimangono due freak assoluti.
Il Fausto era soprattutto un passista formidabile e applicava la sua potenza ovunque:salita,pianura,velodromo.
E si allenava coltivando esclusivamente il fondo e non la qualità:quindi non raggiunse mai il 100% del suo potenziale atletico.
Ricordiamoci anche che vinse la Roubaix e sfiorò il bis almeno due volte.
Gli atleti al suo livello,nel Novecento,sono pochissimi.
Alla Sanremo'49 fu inseguito a bloc da un gruppetto che,dopo il Berta,fece i 40 orari di media nei 29 chilometri che rimanevano.
Lui,dai cento metri di vantaggio in cima al Capo,gli diede 4'17".
No comment.

*Fu operato di appendicite sei settimane prima dell'evento.
Fece 2h12'11"...
Avete presente gli extraterrestri?

@Spike:

http://youtu.be/DOOiw42UPv0

Tra parentesi,gran bella donna...

@Silvano65:merci!
Ringrazia il babbo,di cuore,da parte mia.

Dane ha detto...

Sì, Simone, passista ma con la necessità dello strappo per staccare gli avversari, in epoca moderna non esattamente caratteristiche da pursuit o da crono... ;-)

Simone ha detto...

@Dane:mah...
Sono tanti gli esempi del Fausto passista puro.
Nel 1954,alla Parigi-Nizza,se ne andò via a tremila metri dal traguardo.
Si arrivava a Vergèze,sull'asfalto e in piano:lui,a tutta,e a cento metri l'intero gruppo con le squadre che tiravano per i velocisti.
Non riuscirono a prenderlo:vinse con sette secondi di vantaggio.
L'inseguimento di allora non era ancora diventato la velocità prolungata di oggi.
Si correva sui 5 km,quindi si percorrevano mille metri in più.
Per me l'unico raffronto moderno,come azione complessiva e potenza espressa,è forse con Indurain.
Un altro che,se speso sul pavè,avrebbe vinto la Roubaix.

Dane ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Dane ha detto...

Simone, allora non vale l'alibi del "mi sarebbe bastato un cavalcavia, le aquile non volano sulle aie, etc, etc...". :-D
A parte le battute, è chiaro che l'inseguimento oggi è cambiato, anche per quello sostengo che sia difficile fare paragoni.
Per questo non mi convince tanto (al di là della progressione prolungata simile) il parallelo con Indurain (che tra l'altro secondo me aveva le caratteristiche fisiche per la Roubaix ma non quelle tecniche) che certi strappi in salita di Coppi se li sognava. Poi certo, ai tempi non c'era la specializzazione odierna e Coppi era un po' atipico (per le gambe lunghe che vanno anche in salita inizialmente pensavo di rivederlo un po' in Schleckino...), ma insomma..... ;-)

Simone ha detto...

@Dane:a parte le peculiarità di ognuno legate anche all'evo(Coppi più potente,Indurain più agile),entrambi in salita vivevano di progressioni.
Si,Fausto aveva la botta che Miguelon non possedeva.
Però...

http://youtu.be/IhEKRjhLuds

Guarda i visi di Rominger,Pantani,Tonkov,Gotti,Rijs,Chiappucci...
Fu Robosport pieno,ma in troppi dimenticano i numeri tecnici del navarro.

Dane ha detto...

Simone, appunto: Robosport, con un passo e una progressione che gli altri non riescono a tenere. Coppi si alzavano sui pedali e li lasciava lì, completamente diverso dal punto di vista tecnico.....poi vabbè, ognuno ha le proprie sensazioni...

transumante ha detto...

e che en dite di questa progressione? qui le facce delle altre non si vedono

http://www.youtube.com/watch?v=OD4OUTXvtRU

Dane ha detto...

Transu hai ragione, le facce delle altre non si vedono..... :-P
Non entrano nemmeno nell'inquadratura..... :-D

ken shiro ha detto...

forse non si è capita l'allusione di transu all'utilizzo di d****g da parte del navarro..

chad palomino ha detto...

@ken: capita si è capita, però nel plotoncino dietro a indurain si vedevano rominger, pantani, gotti, rijs, chiappucci... in pratica tutto il gotha del robociclo anni novanta... nessuno che potesse dare lezioni di etica e candore quindi.

ken shiro ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Dane ha detto...

"forse non si è capita l'allusione di transu all'utilizzo di d****g da parte del navarro.."

Sè capita benissimo, tant'è che ho parlato di facce che nemmeno entravano nell'inquadratura...

"nessuno che potesse dare lezioni di etica e candore quindi."

Nessuno che potesse dar lezioni ovvio, però c'è doping e doping e l'italico "è tutto un magna magna" non vale...

"vabbuò mettiamola così a parità di d***g vince chi ha più talento oppure a parità di talento vince chi ha più d****g..:-DDDDDDD"

Questa ha il medesimo valore scientifico de "le svedesi la danno facile" e "gol sbagliato gol subito"...

ken shiro ha detto...

@chad è vero, però non mi sembra che neanche sulle piste di atletica (femminile) degli 80s la marita fosse l'unica che prendesse qualche corroborante di troppo...un0 su tuttI la kratoshvilova :-O
vabbuò mettiamola così a parità di d***g vince chi ha più talento oppure a parità di talento vince chi ha più d****g..:-DDDDDDD

Simone ha detto...

@Dane:il parallelo tecnico è proprio quello.
I corridori dell'epoca sostenevano che non fosse difficile,se armati di coraggio masochistico,seguire il Coppi in salita.
Faceva un ritmo costante,non era Bartali che ti uccideva con gli scatti.
Il problema era il fuorigiri.
Faceva venti all'ora,poi ventuno,infine i ventidue e magari i ventitre.
All'inizio pareva possibile tenerlo Poi,all'improvviso,capivano di avere l'acido lattico anche nelle orecchie.
Arrivava la bambola.
Infatti i più saggi lo lasciavano andare via e speravano nella buona sorte e nelle alleanze...

@Transumante,Ken Shiro,Chad Palomino:
Tutto quello che avevo da dire l'ho scritto in "M il mostro di Ferrara".
C'è il nome del preparatore di Indurain nell'articolo su Ullrich.
E' un periodo da storicizzare e il senso l'ha reso benissimo il primo intervento di Chad Palomino.
Punto e a capo.
Piuttosto,l'avete vista la finale degli Us Open?

Per tornare al campionissimo,oltre a "Coppi e il diavolo" di Brera(un capolavoro),consiglierei(tra i mille usciti)"Coppi vivo" di Sergio Neri.
Un giornalista che,come nel suo stile,evita di raccontare la parte oscura della luna(cioè il sistema che si creò attorno ai tre grandi)ma che pennella alcune storie che descrivono benissimo il dominio dell'airone.
Soprattutto l'aneddoto,divertentissimo,di un Giro del Veneto(era il 1947):uno degli esempi massimi dello strapotere atletico di Fostò.

Dane ha detto...

Bèh, Simone...a Coppi che non ti uccideva con gli scatti mi arrendo... :-D

Arturo ha detto...

Sullo strapotere di Coppi si potrebbe citare anche Rino Negri a proposito delle modalità che precedettero e accompagnarono il record dell'ora in un vigorelli a rischio bombardamenti. Sulle caratteristiche tecniche concordo con Simone, Coppi non era un grimpeur alla Bartali, ti uccideva con la progressione, non certo con lo scatto secco sui pedali, in questo è assimilabile al navarro in effetti, facendo le debitissime proporzioni ovviamente. Per quanto riguarda la chimica, si abusava anche nel far west totally free dell'era coppiana, con modalità ante litteram più casarecce se volete, ma l'aiutone da "asteriscare" esisteva eccome, peraltro le condizioni strutturali - se così si può dire - di mezzi e strade del tempo richiedevano sforzi a dir poco sovrumani.

Simone ha detto...

@Arturo:yep,infatti il suo avversario più simile(come caratteristiche tecniche)era Hugo Koblet.
Con Fausto,assieme a Louison Bobet,cominciò il ciclismo moderno.
Anche in quel senso.
L'epoca dell'aiuto chimico di qualsiasi tipo era essenziale nella pedivella prima dei Trenta.
Faticavano come bestie in condizioni inenarrabili,inumane.
Leggiti Albert Londres e il suo reportage,leggendario,sul Tour 1924.