I brodi di Bufalini

di Oscar Eleni
La notte di Piazza Fontana, l'addio di un grande, gli arbitraggi da vomitino e un rimbalzista per Siena. Voti a Giuliani, Bourousis, Caja, Datome, Karl, Reyer, Cerella, Lega, Fip, Petrucci e Lanzarini.


 

Oscar Eleni dal villaggio di bambù, in Birmania, da dove è partita per la sua vittoriosa marcia della libertà San Suu Kyi, eroina per chiunque abbia voglia di battersi contro il grande gioco dove per un ricco, con la corte dei miracoli che gli fa pigiamini di saliva, ci sono un milione di veri poveri, dove chi comanda con il bastone pretende di avere anche le scuse se sporca di sangue una strada. Grazie a Luc Besson marceremo con lei conoscendone anche le debolezze, perché i grandi scrittori, i grandi registi, non usano soltanto l’incenso, ma cercano di essere leali con tutti, anche con gli spettatori e i lettori, come dice la Tobagi sul lavoro durissimo, difficile, di Marco Tullio Giordana che ci deve ricordare la palude dove siamo stati confinati. Viene in mente piazza Fontana perché, nel notturno del tormento, dopo l’angoscia che ci aveva preso a metà pomeriggio, era già buio a dicembre, fummo risvegliati dallo sconforto che ci aveva preso nei corridoi della Gazzetta dove stazionavano ancora a mezzanotte i praticanti della rosea del grande ammiraglio Zanetti, dalla telefonata di Ghighi Parodi, giornalista alla Notte, che aveva già raccolto tante informazioni, ma doveva tornare sul luogo della strage. Telefonata fra amici di basket, fra gente che ancora sognava e malediceva tutto. Con Ghighi verso piazza Fontana senza quasi parlare, ma qualcosa ci diceva che dovevamo comunque farlo e allora perché non ricordarsi di come avevamo fatto nascere i Giganti del basket seguendo il geniaccio di Crespi, restando legati per sempre all’avventura con Menichelli, anche se ci sentivamo davvero male perché quello era il giorno che iniziava dove finiva ogni incatesimo. Ho scritto di Parodi perchè prima di andare a Famiglia Cristiana fu uno di quelli che visse la notte di nascita dei Giganti spariti oggi, come Superbasket, per la gloria di un mondo da tagliatella cup che ha persino una Lega e una fittizia Federazione dove gli asini volano, perché fu un buon giocatore con Genova quando l’oro Saiwa faceva correre persino il marchese Dal Pozzo, perché si è inventato il basket di San Felice con Pieri e Riminucci in squadra, perché adesso che si avvicina agli ottanta vorrebbe fare l’attore davvero dopo averlo fatto così bene, da dilettante, per molti anni della nostra vita. 
Ci è venuto in mente pensando a quante volte ci siamo fermati parlando di Sauro Bufalini che se ne è andato a giocare altrove dove certo lo accoglieranno con abbracci e caciucchi il Rico Garbosi che lo portò allo scudetto con la Ignis, il primo di Varese, il Rubini che lo stimava davvero come avversario, persino il Giancarlo Primo che, sbagliando, cambiò tutta la Nazionale per l’europeo napoletano di quel maledetto 1969 lasciando fuori i veterani che avevano dato gloria alla Ignis Sud. In macchina con Ghighi si parlava proprio di questo toscano così forte, divertente, così vero, ricordi strani per chi ha dato una pedata al pallone, mandato tutti a granchi, ritirandosi nel mitico panificio pisano di famiglia in piazza delle Vettovaglie, e dove se no, quando si è accorto che i suoi straordinari minuti di silenzio non potevano più essere capiti. Il Bufalini che fermava il gioco dopo 30 secondi, radunava i brodi togliendosi gli occhiali scuri, senza dire una parola. Sguardi che erano minacciosi consigli: fuori i maroni o si chiude. Ecco, lui non ci stava se si faceva la danza delle ore sul campo. Meglio chiudere coi pallonari come ha scritto, meglio dire vi saluto dal mio campo di battaglia che è stato grande persino alla palestra dei pompieri di Varese, che è stato vita e per questo ho amato proprio tutto. 
Ci piaceva davvero il Sauro ululante e per fortuna la commissione che ha in mano le ammissioni alla Casa della Gloria del nostro basket ha inserito Bufalini nell’elenco dei nuovi ammessi che il 7 maggio saranno onorati a SportItalia, nella prima cerimonia televisiva per questo riconoscimento purtroppo ancora senza casa, da Bruno Bogarelli, altro personaggio che il basket dovrebbe almeno beatificare e non soltanto perché riesce a dare vita al vero Peterson, uno che prendendo la Nazionale ha deciso che per Azzurra servirà un tipo speciale di tutela e non soltanto la partita, alla faccia di chi ha accusato Meneghin di averla svenduta, senza sapere che chi la voleva se la godeva un notte per poi lasciarla sul marciapede, come del resto si fa con il campionato. Si divertirà il Sauro insieme all’arbitro Duranti che trovò quel collare a cui teneva tanto poco prima di lasciarci soli davanti a questi arbitronzi che si mettono le maglie colorate della protesta e poi ne combinano di ogni tipo perché questo fine settimana è andato davvero in cinemascope davanti a direzioni da vomitino come direbbero Aldo, Giovanni e Giacomo. Quello che hanno visto a Roma, Milano, Varese, Ancona è stato davvero esemplificativo per comprendere chi sono questi ricercatori accaniti delle poltrone per comandare anche fuori, non soddisfatti di quello che fanno per rendere difficile il rapporto con gli allenatori, per rendere irrespirabile l’aria ai ragazzi che dovrebbero crescere bene e non essere castigati da tutti perché sono i vasi di coccio di ogni situazione.
Prima di andare al pagellario centrale una considerazione sulla caduta europea di Siena. Non hanno la fortuna che meritavano dopo le prime due fasi giocate in maniera stupenda. Non ha funzionato qualcosa nella riparazione delle falle che si venivano a creare per giocatori incompatibili o infortunati. Forse è la prima volta che succede, perché l’anno scorso andò benissimo persino con Jaric che sembrava oltre la frutta. Qualcosa ci dice che in sala registrazione la musica non esce più limpida come prima. Il campionato può essere rivinto, perché restano i più bravi uniti da una fede, da un progetto, da qualcosa che altri sognano e non sanno neppure imitare, anche se Milano e Cantù hanno armi, o almeno pensano di averle, ma siamo davanti ad un fine progetto che potrebbe dare un senso diverso a tutto quello che oggi si fa nella città che ha comandato per 5 stagioni e mezza. Ora aspettiamo le mosse mercato dell’Armani che, fortunatamente, non potendo avere Rivers, potrebbe sterzare su un bel rimbalzista da combattimento come suggerirebbe Ivkovic accarezzando i suoi marcantoni tipo Hines, ma anche quelle di Siena perché ci devono dire se il Summers giustamente mandato via per sbadiglio continuo, per aver sempre preferito i cani caldi alle ribollite, era strutturalmente l’uomo giusto per completare la squadra anche nei giorni in cui Lavrinovic e Andersen erano freschi. Insomma serve il numero 3 che diventa anche 4, insomma c’è bisogno di chili, centimetri anche per tenere a bada l’Emporio che a rimbalzo ha molti smemorati del tagliafuori, per reggere contro Cantù adesso che si trova con un Micov in meno. Pagelle e riso alle ortiche con premio speciale al mio devoto “nemico” Campana per il bel ricordo di Bufalini sul sito del nobile Aiace Albanese che scopriamo oggi fra i tanti dal sangue blu che piacciono da sempre al nostro Henry the vip.
10 ad Elio Giuliani storico e mitico addetto stampa di pesaro per il pesce d’aprile alla squdra in partenza per ancona dove poi si è fatta mangiare in un derby velenoso: alla partenza un vecchio pullman del 1935 chidendo scusa per il ridimensionamento , ai tempi puglisi si invento la meraviglia dei sedili jumbo, a causa della crisi. arte del saper vivere, giocare, prendersi in giro in una citta dove i nuovi fanno davvero paura se non capiscono il calo zuccheri di chi non e abituato alle grandi cavalcate.
9 al Bourousis che ogni tanto esce dall’antro di Polifemo e si mangia le olive della pace con il pubblico di Milano. Ora se può fare partite come quella con la Reyer deve dire perché nella sua storia armanica ci sono anche quelle tipo Cremona.
8 ad Attilio Caja che ha prestato anche il suo artiglio a Stramaccioni per la giornata della rinascita interista nel surreale. Forse adesso farà bene a scrivere appunti sui principi base della difesa che servirebbero a casa Moratti e anche in altre case del basket superficiale dove i video nascondono gli uomini come le statistiche.
7 al Datome da combattimento anche nel finale difficile contro Treviso. Ci sta davvero smentendo questo bel tenebroso che deve ancora scorpire l’utilità del gomito.
6 alla famiglia Karl per la domenica trionfale delle palme: il padre vincitore ad Orlando, il figlio nella battaglia contro pesaro.
5 alla Reyer che doveva chiedere un minuto di silenzio per il suo ex campione Bufalini. Etica è anche ricordo e questo servirebbe pure alla Milano che non fa una piega se la ciclista del comune che “dirige sport e tempo libero”, sognando piscine aperte di notte, non fa una piega quando si sposta al 2013 il varo del nuovo Palalido che non sara dedicato a Rubini come promesso da troppi, persino dal tifoso Formigoni. 
4 al Cerella che dovevamo premiare tante volte perché un tipo cosi lo devi tenere sempre quando c’e battaglia, ma non in un finale come quello contro l’inguardabile Cantù nella settimana dove gli uccellini annunciavano che forse lo avrebbero chiamato da Siena.
3 alla Lega e alla Fip che si sono dimenticate di far ricordare con un minuto di silenzio l’azzurro bufalini.
2 alla scuola di tifo, ovunque sia, se non licenzia i cattivi maestri che assistono passivamente alle fischiate dei virgulti quando entra in campo una squadra ospite, ai dirigenti che ci parlano di etica e ancora non hanno scovato i fischiatori con trillo similarbitrale che infestano troppe partite.
1 a Gianni Petrucci se lascia andare in giro troppa gente che dice di parlare a nome suo mentre si procura qualche voto e una futura poltrona. Facciamo le votazioni al campo: giocatori, allenatori, addetti ai lavori. Tanto per vedere l’effetto che fa. Non siamo ingiusti con chi manda avanti i comitati, il basket giovanile, siamo curiosi di sapere perché chi si occupa di cose importanti vuole dare lezioni anche su cose che non conosce se non avendole viste da molto lontano.
0 all’arbitro bolognese Saverio Lanzarini che a Roma è riuscito a mandare un centimetro oltre la barbara riga di contenimento il povero ed esterreffato Djordjevic per consentire a Facchini di non passare inosservato neppure in una partita che meritava di essere decisa da giocatori che avevano anche commesso più errori degli stessi arbitri. Per lui esiste già una barzelletta. Sulla madre che prende a schiaffi il figlio e interrogata dall’assistente sociale che voleva sgridarla ha replicato: vuole fare a botte come il padre, ma poi se la fa sempre addosso. 


Oscar Eleni, 2 aprile 2012