Sean Barnes ha vent’anni. Non è certo un personaggio conosciuto, ma un semplice ragazzo inglese appassionato di calcio. Uno come tanti. Beh, forse non così tanti visto che il giovane Sean in un articolo apparso su “When Saturday Comes” - fanzine nata nel 1986 grazie all’iniziativa di alcuni tifosi e ora diventata vera e propria rivista - si chiede quanti siano effettivamente i quindici/ventenni che oggi in Gran Bretagna frequentano abitualmente uno stadio. Secondo un sondaggio della Premier League inglese, solo il 9 per cento dei ragazzi sotto i 24 anni frequenta gli stadi. Gli altri? Chiusi nei pub con una bella pinta davanti a vedere la diretta su Sky, oppure comodamente seduti a casa sul divano a godersi il match con la televisione satellitare pagata da papà, oppure ancora all’interno dei centri commerciali, impegnati fra un Burger King e un salto da Dixons per vedere l’ultimo modello di cellulare assolutamente da acquistare. La stessa indagine della Premier ha anche rivelato che l’età media dello spettatore inglese è di 43 anni. Non più working class come una volta, ma borghesia media, persone con una buona occupazione e disposte a spendere 30/35 sterline a settimana per assistere alle partite.
Ciò che però tiene lontano i giovani dagli stadi non è soltanto il costo dei biglietti. Barnes nell’articolo fa notare come ai ragazzi di oggi manchino i “glory days”, la possibilità di voltarsi indietro e dire: ”Cazzo ma ti ricordi quanta acqua prendemmo quel giorno in trasferta a Middlesbrough?” o ancora come ci ricorda Nick Hornby in “Febbre a 90” anche il solo pensiero di prendersi un autobus e tre metrò per andarsi a vedere un ottavo di finale di Coppa di Lega. Ora il calcio è iperorganizzato, sicuro e di conseguenza molto costoso, almeno da quelle parti. Io aggiungerei che ai quindicenni d’oggi manca anche l’aspetto feticistico legato al gioco. Ricordo quando avevo io quindici anni e, come tanti altri miei coetanei, aspettavo con impazienza l’uscita del Guerin Sportivo per poter leggere dei campionati esteri, vedere le poche foto in bianco e nero che venivano pubblicate e che ci mostravano Bryan Robson pronto al cross, Gary Birtles pronto a colpire di testa o Nigel Spink che si tuffava sulla sua destra per parare un tiro. La paghetta ovviamente veniva spesa in figurine e perdere Novantesimo Minuto o la Domenica Sportiva era un evento raro, che non ci faceva stare in pace con noi stessi. Il Subbuteo poi, vogliamo dimenticarlo? Come pensate che i trentenni di oggi abbiano imparato la geografia? Personalmente ricordo ancora oggi di aver esclamato per il mio primo Milan- Sampdoria a San Siro: ”La maglia della Samp è proprio come quella del Subbuteo!”.
Tornando all’Inghilterra, qualche club sta cercando di fare qualcosa per riportare gli adolescenti allo stadio. Si parla sempre di soldi però e così il Fulham ha venduto biglietti per le partite con Middlesbrough e Bolton a cinque sterline per gli Under 16. Non è molto ma qualcosa è. Ciò che però i club devono capire è che stanno perdendo una generazione, che è frenata sì dall’eccessivo costo dei tagliandi ma che sembra ormai considerare il calcio come uno spettacolo come un altro, oggi all’Emirates, sabato prossimo al nuovo cinema multisala e quello dopo ancora a casa dell’amico con la Play. Che non si considera più tifoso ma cliente. Oddio, proprio come vogliono i club……
Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com
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