Come avrete già letto in American Bowl, la rubrica di Roberto Gotta, domenica sera Wembley ha ospitato una partita di NFL. New York Giants-Miami Dolphins, per l’esattezza. Prima volta che una partita di campionato di uno dei principali sport americani viene giocata all’estero. Grande successo di pubblico e possibilità che nella prossima stagione altre partite di regular season della NFL vengano giocate in Europa. Il giorno dopo Gabriele Marcotti, brillantissimo editorialista sportivo del Times e uno dei nostri preferiti per la sua competenza, ha incominciato a chiedersi se anche l’Inghilterra abbia intenzione di esportare il suo principale prodotto sportivo. Il calcio ovviamente: http://www.timesonline.co.uk/tol/sport/columnists/gabriele_marcotti/article2759457.ece. La discussione nasce da un incontro avuto qualche tempo fa dallo stesso Marcotti con un dirigente della Major Soccer League, il quale ha paventato come una possibilità non fantascientifica l’idea di un club di Premier League con sede a New York e che, in un futuro non lontano, possa affrontare settimanalmente le varie Manchester United, Chelsea, Arsenal e compagnia.
In fondo la città americana è solo a sette ore di aereo da Londra e per i club inglesi si tratterebbe solo di una trasvolata oceanica all’anno. Ciò farebbe sicuramente piacere ai molti britannici che risiedono a New York ma allo stesso tempo l’idea fa rabbrividire gli appassionati inglesi residenti nel Regno Unito, che già hanno visto male il trasferimento di un club come il Wimbledon dal sud di Londra a Milton Keynes, una cittadina un centinaio di chilometri più a nord: addirittura la rivista “When Saturday Comes” si rifiuta di chiamare il nuovo Wimbledon come MK Dons, ribattezzandolo dispregiativamente come “Franchise FC”, accusandolo di un tentativo di americanizzazione del gioco del calcio. L’idea o provocazione ha chiari fini commerciali e sappiamo che la Fifa, quando si tratta di guadagnar denaro, fa spesso passare in secondo piano qualsiasi romanticismo. Addirittura più realistica e vicina nel tempo è la possibilità di un match di Premier League giocato a Philadelphia, Washington e Los Angeles. Pubblico sugli spalti, contratti pubblicitari elevati e un prodotto televisivo venduto ancora meglio rispetto a oggi. Certo, per un tifoso del West Ham prendere un aereo per Houston non sarà facile come andare in treno a Portsmouth, ma chi se ne frega, può sempre acquistare la partita in tv e magari gustarsela assieme a qualche collega di lavoro americano. In fondo, come dice qualche presidente in Italia “è fondamentale che le squadre affiliate alla Lega Calcio stilino un business plan, un sistema senza retrocessioni e possibilità di giocare partite nei Paesi emergenti”.
Non possiamo negare che se questi scenari dovessero avverarsi questo sarebbe l’ennesimo duro colpo inferto agli appassionati di calcio. Lo sportivo americano è probabilmente appassionato alla sua squadra del cuore (baseball, basket o american football) quanto quello europeo ma, da sempre, è abituato alla possibilità che la sua squadra oggi di base a New York, domani potrebbe essere a Los Angeles: ciò che del resto è successo nel baseball con i Dodgers e che è solo uno dei molteplici esempi che si potrebbero fare. Il tifoso europeo invece è abituato a uno sport basato sulla lealtà e la difesa del territorio, sullo scontro tribale e su una fedeltà che si immagina ripagata e durevole per sempre. Questi due mondi sembrano lontani e inconciliabili, la televisione forse un giorno riuscirà ad unirli.
Pensavamo di aver detto tutto sullo “scandalo biglietti” per la partita Scozia-Italia del prossimo novembre, ma ci eravamo illusi. Esattamente giovedì 25 ottobre il sito della FIGC annunciava che i biglietti sarebbero stati messi in vendita a partire dalle ore 15.00 del 29 di ottobre. Per la richiesta sarebbe stato sufficiente compilare un form, presente sia sul sito della Federazione che su quello di TicketOne (che si occupa direttamente della vendita dei biglietti) e inviarlo via fax o via mail a un indirizzo prestabilito. Peccato che nella giornata di lunedì un amico che farà la trasferta con noi in Scozia ci abbia segnalato che i moduli presenti sui due siti sono diversi fra di loro. In quello scaricabile dalla Federazione non viene richiesto il codice fiscale del richiedente, elemento fondamentale per qualsiasi richiesta di biglietti fatta alla TickeOne (ce l’ha detto il servizio clienti della stessa azienda). Tutti coloro che, come noi, hanno mandato un fax in Federazione, devono ovviamente ripetere la procedura attraverso il form della società TicketOne. Inutile telefonare in FIGC, lo stesso amico si è sentito rispondere al telefono: ”Ma c’è Scozia-Italia nei prossimi giorni?”. Campioni del Mondo, dicevamo…
Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com
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