Non si fanno più le inchieste di una volta. Quante volte giornalisti oberati da mille marchette, di qualità spesso infima (parliamo per noi, almeno), hanno ascoltato questo luogo comune da colleghi che di inchieste non solo non ne hanno mai fatte, ma nemmeno lette? Troppe. Però è vero che una volta, intendendo per 'una volta' il giornalismo cartaceo fino alla metà degli anni Ottanta, poteva accadere (di rado, ma poteva accadere) che un quotidiano e un settimanale permettessero per settimane a due fra i loro migliori giornalisti di inseguire una verità che avrebbe potuto mettere in discussione uno dei pochi miti veri d'Italia, e quindi in ultima analisi far perdere copie alle rispettive testate (secondo le teorie dominanti nel marketing giornalistico). Ci riferiamo all'inchiesta che Oliviero Beha (allora a Repubblica, oggi alla Rai) e Roberto Chiodi (Epoca) portarono avanti nel 1984, due anni dopo il terzo Mondiale vinto dagli azzurri. L'inchiesta ci è tornata alla mente leggendo la riedizione di Mundialgate, il libro che la coppia scrisse sulla presunta combine in Italia-Camerun, la partita giocata il 23 giugno 1982 a Vigo. Libro con una storia nella storia: commissionato e poi non pubblicato da Feltrinelli, uscì per Pironti, ma non ebbe, come dire, recensioni entusiastiche né generò dibattiti. Nemmeno quel tipo di dibattiti che non si negano alla più improbabile superbomba di mercato, da Ronaldo al Chievo allo scambio Brocchi-Beckham, con tanto di sondaggio a pagamento. La nuova edizione del libro, edita da Avagliano, è da consigliare anche a chi pensa di ricordare tutto.
Può essere utile ricordare ai più giovani che in quel girone del Mondiale spagnolo Italia e Camerun arrivarono all'ultima giornata a pari punti, due a testa, il Camerun dopo due 0 a 0 e l'Italia dopo lo 0 a 0 con la Polonia nella partita d'esordio e il faticosissimo uno a uno con il Perù (gol azzurro di Bruno Conti e pareggio dovuto ad un'autorete di Collovati su tiro del capitano Ruben Toribio Diaz). Quindi, visto il gol segnato in più, alla squadra di Bearzot per passare il turno sarebbe bastato un pareggio al Balaidos. Certo, per evitare il gironcino con il Brasile sarebbe stato meglio goleare gli africani, visto che il giorno prima la Polonia aveva battuto cinque a uno il Perù a La Coruna, ma fin qui stiamo parlando di sport e di calcoli che comunemente si fanno. L'andamento della partita lo conoscono tutti: un colossale 'primo non prenderle', comprensibile per un'Italia dilaniata dalle polemiche (che di lì a poco avrebbero portato allo storico silenzio stampa, con la questione premi a fare da pretesto), incomprensibile per un Camerun che sarebbe andato incontro ad una sicura eliminazione. Situazione che fu sconvolta alla mezzora del secondo tempo da un gol fortunoso di Ciccio Graziani, in purissimo stile Cervia: cross di Paolo Rossi, colpo di testa in controtempo e scivolata di N'Kono. Nemmeno il tempo del replay e subito il pareggio del Camerun, con centrocampo e difesa azzurri che fecero una serie di errori grotteschi, consentendo il gol in spaccata di Gregoire M'Bida. Raggiunto il pareggio il Camerun si produsse in una strana melina, con l'Italia senza più forze che gettò davvero il cuore oltre l'ostacolo. Ci viene in mente un tiro di Emmanuel Kunde da quaranta metri, controllato da Zoff (non tutti sono Haan o Dirceu) e pochissimo altro. Se avessimo visto roba simile in un campionato, non necessariamente la serie B italiana, avremmo urlato alla combine, ma l'importanza del Mondiale per tutti e soprattutto per una squadra emergente come il Camerun fece accettare la pietosa spiegazione dei giocatori del Camerun e dei nostri opinionisti: già contenti di essere stati la squadra rivelazione, i Leoni avevano voluto chiudere il Mondiale senza sconfitte.
Veniamo al punto. Cosa accadde prima di Italia-Camerun, secondo l'inchiesta di Beha e Chiodi? La più credibile fra le loro fonti è senz'altro l'allora vicecapo dei servizi segreti del Camerun, che intervistato a Yaoundé raccontò ai due giornalisti che dopo quella partita il governo aveva ordinato un'inchiesta sullo strano comportamento della squadra allenata da Jean Vincent (che da giocatore, nella Francia terza nel Mondiale 1958, completava una linea d'attacco comprendente fra gli altri Raymond Kopa e Just Fontaine...), portata avanti proprio dal funzionario intervistato da Beha e Chiodi. In pratica con metodi non esattamente da manuale del garantismo i giocatori erano stati interrogati e alcuni di loro, fra cui il mitico (ma diventò mitico dopo, da Italia Novanta in poi) Roger Milla, avevano ammesso che il pareggio era combinato, però dando le colpe di tutto a Vincent. Il 'gancio' sarebbe stato un italiano amico di Milla. Qui il web ci viene in aiuto, grazie ad un'intervista rilasciata da Chiodi alla Padania: quell'uomo si chiamava Orlando Moscatelli, di professione cuoco. Moscatelli spiegò a Beha e Chiodi che nell'operazione era stato un semplice intermediario, senza conoscere il grande vecchio della situazione: in pratica un misterioso uomo di mezza età 'con un'Audi targata Taranto' si era presentato da lui, in Corsica (da notare che il già trentenne Milla giocava nel Bastia), per proporre 400mila dollari da usarsi per ammorbidire i Leoni. Secondo Moscatelli la cosa poi non si fece, perché i giocatori del Camerun, da lui prontamente contattati, non gli avevano dato certezze: insomma, molti di loro, secondo Moscatelli, la partita l'avrebbero giocata 'veramente'. Interessante è la parte dell'inchiesta riguardante il famoso camorrista Michele Zaza, che fra i vari settori di sua competenza aveva le scommesse clandestine. Curiosità: fra i suoi avvocati c'era l'allora presidente della Figc Sordillo, lo stesso Sordillo che secondo il racconto di Zaza (fatto anche all'allora segretario di Democrazia Proletaria Mario Capanna, che con Beha in un'altra occasione lo aveva incontrato) gli aveva chiesto consigli su come muoversi in Spagna e che all'amico spagnolo del pregiudicato (eufemismo) si sarebbe rivolto davvero, poco prima di Italia-Camerun. Sordillo adesso è morto, ma al tempo della pubblicazione del libro era vivissimo e la sua posizione in merito fu uguale a quella della quasi totalità degli addetti ai lavori: silenzio. Lo stesso che abbiamo accettato, come ragazzini mai cresciuti e spettatori di professione, per non rovinare una delle poche cose belle della nostra vita.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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