1. Se ami Glasgow vuol dire che ami il Regno Unito. Ogni volta che ci veniamo proviamo sempre la stessa sensazione. Glasgow è quanto di più britannico ci possa essere, non sappiamo spiegarci il perché, è così e basta. Già tre giorni prima della decisiva partita contro l’Italia la città scozzese sembra impazzita. Mai vista tanta passione attorno alla propria nazionale, ben diversa dalla cosiddetta passione italiana, che spinge i tifosi a indossare la maglia dell’Italia e scendere in piazza al massimo dopo una vittoriosa semifinale mondiale. Ci accorgiamo dell’incredibile attesa fin dal nostro arrivo all’aeroporto di Prestwick, dove impiegati della Ryanair girano tranquillamente con il folcloristico cappellino in tartan con attaccati finti capelli rossi. In città basta entrare in un fish and chips e le cameriere vi serviranno il pranzo con indosso la maglietta della Scozia; le unghie delle ragazze che passeggiano per la centralissima Buchanan Street sono dipinte di bianco con croce blu e quasi ogni negozio espone la bandiera. Su uno di questi esercizi leggiamo un cartello che recita: ”Sabato 17 novembre chiuderemo alle 17, per poter dare così anche noi tutto il nostro affetto ai ragazzi”. Il clima che si respira è stupendo, quando si scopre che siamo italiani ci ringraziano di essere venuti fin lì, anche se sperano di farci piangere a fine partita.
2. Man mano che si avvicina il giorno della partita anche il clima si adegua. Dal tepore della giornata di mercoledì si arriva a un venerdì piovoso nel pomeriggio, freddo e ventoso alla sera. Siamo pronti, Glasgow dà il meglio di sé anche il clima è finalmente quello della città del “Pure, Dead, Brilliant” (modo di dire che si riferisce proprio a Glasgow e non ha una traduzione appropriata in italiano). Si arriva così al sabato, giorno della partita. La pioggia diventa quasi neve, la Tartan Army si raduna al di fuori della Central Station e ad ogni gruppo che arriva il classico coro “We’ll be coming” sale sempre più alto. L’ambiente è fantastico, si respira aria da giorno di festa, con scozzesi e italiani in giro a festeggiare assieme ancor prima che la partita abbia inizio. Dal terzo piano della libreria Borders sentiamo in strada i cori, le grida, lo sventolio delle bandiere e ci viene da pensare che probabilmente non c’è una partita da giocare, ma solo una festa da celebrare e noi siamo pronti. Già un’ora e mezzo prima del fischio d’inizio è quasi impossibile cercare di prendere il treno per Mount Florida (la fermata dello stadio di Hampden). Una fila lunghissima che esce dalla stazione ci fa preoccupare di non arrivare in tempo alla celebrazione dell’evento. Meglio prendere uno dei pochissimi taxi disponibili e dirigersi verso lo stadio. Percorrendo il tragitto osserviamo una città in marcia verso la celebrazione di un rito. Silenziosi e di buon passo gli scozzesi avanzano verso una serata che sarà fantastica o terribile.
3. Alle 17 in punto arriva il momento della partita. E poi il gol lampo di Toni, il pareggio di Ferguson, l’invasione innocua di uno scozzese che si butta a corpo morto dentro la rete di Buffon. E ancora l’assedio degli uomini in maglia blu, la punizione contestata su Chiellini, Panucci che si alza in cielo e in un secondo spegne i sogni di un popolo intero. Alla fine della partita, dopo l’abbraccio degli italiani in campo attorno a Buffon, ci arrivano le immagini più belle. La Tartan Army resta dentro lo stadio aspettando che i suoi giocatori riescano dal tunnel per ringraziarli. Gli scozzesi stessi poi applaudono verso la curva italiana. Gli applausi vengono restituiti e dal settore bianco, rosso e verde si alza un urlo “Scozia, Scozia!”. Fino ad arrivare a delle scene da libro Cuore. Un anziano tifoso locale, vestito con kilt e con un cappello austriaco in testa, si avvicina a un ragazzo che è li con noi e porgendogli il copricapo gli dice: “Tieni, portalo in Austria per me…”. All’uscita dello stadio le due tifoserie camminano assieme per far ritorno verso il centro città, dove raggiunto un pub in Sauchiehall Street, le televisioni ci dicono che la serata scozzese da triste diventa drammatica. L’israeliano Golan, proprio al 90’ minuto, ha portato in vantaggio la sua Nazionale contro la Russia e così il mercoledì successivo all’Inghilterra basterà un pareggio in casa contro i già qualificati croati per staccare il biglietto per gli Europei.
4. L’Inghilterra, dicevamo. Mercoledì sono accorsi in 86.000 a Wembley (ottomila croati) per assistere ad una probabile formalità. Invece i croati da subito fanno capire di essere arrivati fin lì per compiere l’impresa da raccontare ai nipoti. Dopo quattordici minuti gli inglesi sono già sotto di due gol: papera di Carson su tiro dalla distanza di Kranjcar e slalom di Eduardo Da Silva che mette Olic davanti all’imbarazzante portiere inglese. Nel primo tempo all’Inghilterra sembra mancare anche l’impegno e la buona volontà. Nel secondo i bianchi, aiutati dall’orgoglio e soprattutto dall’arbitro, riescono a riequilibrare le sorti dell’incontro: rigore dubbissimo di Lampard e bel gol al volo di Crouch su cross dell’appena entrato Beckham. La qualificazione torna a parlare inglese a Wembley, nonostante la Russia sia in vantaggio per 1 a 0 in quel di Andorra. A dieci minuti dalla fine, però, ci pensa Mladen Petric ad infrangere i sogni dei Leoni, mettendo il punto esclamativo a una partita che non è stata mai in discussione, nel senso che i croati l’hanno dominata dall’inizio alla fine. Al triplice fischio finale tornano ad aleggiare su Wembley fantasmi polacchi, danesi e norvegesi, cioè di tre Nazionali che hanno eliminato i bianchi rispettivamente dai Mondiali 74, dagli Europei 84 e dai Mondiali 94 venendo a fare l’impresa sul suolo britannico, anche se a dir la verità a Polonia e Norvegia bastò un pareggio. A noi invece rimane una sola considerazione finale: questa è stata una delle versioni più imbarazzanti della nazionale inglese in tutta la sua storia.
Luca Ferrato, da Glasgow
ferratoluca@hotmail.com
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