Lo Stadium dei sogni

Il Novecento è iniziato da un decina d'anni, con la Juve che si “arrabatta” in una casa non degna. Torino, capoluogo dalle mai celate ambizioni mitteleuropee, in un'Italia ancora periferica in quegli anni non disdegna di portarsi all’avanguardia. Anzi: di sperimentare, addirittura. Così nascono “cose strane”. Enormi, illusorie, quasi megalomani. Alla presenza di Re e della Regina Elena il 29 Aprile del 1911 fu inaugurato lo “Stadium”. L’obiettivo vero, in quanto Torino città dei Savoia, era quello di regalare alla città simbolo dell’Unità d’Italia un’edizione delle Olimpiadi successiva a quella del 1912. Edificato nei pressi di uno dei crocevia che incorniciava l’enorme Piazza D’Armi, aveva l’ingresso principale in direzione dell’attuale Corso Duca Degli Abruzzi, era stato progettato dall’architetto Carlo Ceppi ed aveva una capienza di quasi 80mila posti su tribune di cemento armato. 40 mila i posti a sedere, un’enormità per l’epoca, addirittura più che lo stadio Olimpico di Atene e quello di Londra che nel 1908 aveva ospitato le Olimpiadi. Con i suoi colonnati in stile greco, impressionanti le misure: 100mila metri quadrati di superficie, in disposizione ovale con asse principale di 361 metri e larghezza di oltre 200. Le velleità olimpiche della struttura erano evidenti, visto che il suo anello esponeva ben tre piste: l’esterna grande di circa 720 metri destinata al ciclismo, una “media” di circa 600 per i cavalli e infine la piccola di poco meno di 500 destinata alle gare podistiche. Finanziata con fondi privati, sotto le possenti gradinate si erano ricavati locali per spogliatoi, dormitori e ricevimenti, oltre a palestre per bocce, scherma e ginnastica. Insomma una vera e propria struttura polivalente, pagata con soldi privati, e utilizzata per svariate attività (dalla prosa al carosello Sabaudo, per andare alle fiere e i circhi equestri, oltre ad almeno dieci discipline sportive diverse) ma costruita un centinaio di anni fa. Un po’ il sogno (attualissimo e puntualmente irrealizzato) di ogni amministrazione comunale che ancora si “scervella” su come deliberare la destinazione di qualche centinaio di milioni di euro per la costruzione di “…nuovi stadi, che siano anche occasione di aggregazione sociale extrasportiva”. Lo Stadium sopravvisse a due guerre mondiali, anche se la sua attività cessò nel 1938, per poi essere demolito dopo il 1945. Oggi in quegli spazi sorge il Politecnico. A calcio, vista la sua ampiezza e la lontananza delle tribune dal rettangolo verde, si giocò poco, ma si giocò: due volte in campionato e ben tre volte con la Nazionale, anche se in gare non ufficiali. In una di queste, memorabile, il 17 maggio del 1913 la nazionale azzurra fu battuta 2-0 dagli inglesi del Reading. Un po’ come se oggi l’Inghilterra di Capello fosse sconfitta dalla Fiorentina. (fine seconda parte - la storia degli stadi di Torino continua mercoledì 30 gennaio 2008)

Fiorenzo Radogna
fiorenzoradogna@tele2.it

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