Separati e felici

La prima vera casa del Torino è stata certamente lo “Stradale Stupinigi”, al quale il sodalizio granata si affidò dal 1913 al 1925. Non lontano da dove oggi c’è quel che resta del “Filadelfia”, campo sportivo inaugurato nel 1912 dalla figlia del presidente granata Giulio Castoldi. Lo “Stradale”, di anno in anno crebbe in ospitalità, visto che ai suoi lati si era provveduto a costruire una serie di tribunette in legno di non più di dieci gradoni. Molti ancora si portavano le sedie da casa. In occasione dei primi derby Torino-Juventus, alle gare potevano assistere fino a 10mila spettatori accalcati sulla fragile recinzione. Erano gli anni in cui il “fenomeno” calcio esplodeva e diventava anche attività remunerativa. La “bega” che spinse i dissidenti juventini capeggiati da Dick a unirsi con l’ Fc Torinese, pare fu proprio di questa natura. I fuoriusciti, infatti, non sopportavano la “virata professionistica” che si stava attuando in casa bianconera. E fu proprio su quel terreno di gioco che un giorno di primavera, al termine del quotidiano allenamento del Torino, i giocatori furono chiamati a raccolta dal proprio tecnico: “Ragazzi – disse più o meno così ai giocatori – Contro il Genoa non si giocherà più. Il campionato credo lo daranno a loro. Noi finiamo qui, sapete che è scoppiata la guerra…”. Era la fine di maggio del 1915. Il Torino avrebbe dovuto recarsi in casa del Genoa che comandava la classifica proprio sui granata prima di quell’ultima giornata. L’allenatore era Vittorio Pozzo.
A conferma di quanto sia strano il destino degli stadi torinesi, non può non citarsi il Motovelodromo di Corso Casale (foto), in riva al Po e a due passi dal centro. Sì, perché mentre del ben più importante “Stadium” ormai i quattro quinti dei torinesi hanno perso memoria, a tutela di questa struttura costruita con soldi privati si diede luogo negli anni a comitati, sottoscrizioni, petizioni. Tanto che oggi, quella che fu la casa dell’Fc Torino nella stagione precedente la Consegna del “Filadelfia” c’è ancora. In tutta la sua bellezza; ed è regolarmente usata. Per gare ciclistiche e come casa di una squadra di football americano. L’impianto, costruito in cemento nella zona est di Torino, fu inaugurato nel 1920 con il suo stile “art nouveau”. I posti a sedere erano circa 8mila, anche se in occasione di alcune gare della nazionale si arrivò a sfiorare le 20mila presenze. Si correva in moto, in bici e si giocava, saltuariamente, a calcio. Ma trovava spazio anche l’atletica leggera e l’opera. Ristrutturato più volte, dotato d’illuminazione nel 1965, il “Motovelodromo”, divenuto “Velodromo Fausto Coppi”, fa oggi bella mostra di se con 3500 posti a sedere ed ospita nel suo ventre svariate altre strutture sportive. Fra quella stesse curve paraboliche giocò stabilmente il Torino per la stagione 1925-26, stabilendo un grande primato. Nelle 11 gare di campionato lì giocate vinse sempre. Segnando 44 gol e subendone solo 9. Quell’anno la squadra trascinata da Libonatti e Baloncieri nel girone Nord arrivò a soli due punti dal Bologna che poi avrebbe perso lo scudetto con la Juve. Proprio ai due attaccanti voluti fortemente dal presidente Cinzano sono legati i momenti più belli di quella stagione al “Corso Casale” che visse momenti di gloria anche grazie alla nazionale che, in gare ufficiali, giocò due volte con la Cecoslovacchia. Riuscendo a vincere il 17 gennaio 1926 3-1, davanti a 18mila spettatori assiepati finanche sul tetto della tribuna centrale.
Mentre il Torino cresceva allo “Stradale Stupingi”, la Juventus allo stadio di Corso Sebastopoli superava la sua crisi economica e tecnica con l’avvento della famiglia Agnelli alla guida del sodalizio e cominciava, prima dei granata di Cinzano, a pensare in grande sul serio. Una prima dimostrazione fu lo spostamento dallo stadio di corso Sebastopoli che fu quasi immediatamente demolito, a una casa più solida e ospitale. Il 19 ottobre 1922 con Olivetti presidente venne inaugurato in una zona allora periferica di Torino lo stadio di Corso Marsiglia, il primo impianto dedicato al calcio ad essere realizzato interamente in cemento armato e non solo: pochi anni dopo la sua inaugurazione, per decisione del presidente Edoardo Agnelli, venne dotato di un impianto di illuminazione. Una cosa mai vista in Italia. Il perché di questa scelta è avvolto nella leggenda. Pare che Agnelli avesse deciso di sistemare i fari per permettere a un suo giocatore, tale Mosca, di allenarsi con la squadra la sera, in notturna. Era uno studente in medicina e voleva innanzitutto laurearsi. Fornito di una capiente tribuna coperta e di settore “Distinti” dalle ampie sedute, il “Corso Marsiglia”, rappresenterà negli anni, la crescita della Juventus . Arrivano gli scudetti e arrivano gli ampliamenti con la costruzione anche delle curve. Sarà spesso casa della Nazionale Italiana che, a Torino, lo preferirà al “ligneo” Stradale Stupinigi e anche al “Filadelfia”. Memorabile, il 22 marzo del 1925, la vittoria per 7-0 sulla Francia con doppiette di Levratto, Baloncieri e Moscardini. Negli ultimi anni giocati lì, la Juventus vincerà scudetti a mani basse, diventando la Vecchia Signora. Oggi quasi più nessuno se lo ricorda. (fine terza parte - la storia degli stadi di Torino continua mercoledì 6 febbraio 2008).

Fiorenzo Radogna
fiorenzoradogna@tele2.it

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