Più di una seconda squadra

1. Un domani resteranno solamente gli almanacchi, i numeri e le statistiche, con qualche immagine di repertorio a fare da collante. Nessuno ricorderà più i capricci, le ripicche, le polemiche e tutte le bassezze di cui è capace gente che antepone il denaro alla professionalità e al rispetto della parola data. Ci ricorderemo insomma di Afonso Alves come di un attaccante di razza piuttosto che di un bambino viziato racchiuso nel corpo di uno slanciato 27enne. Ci ricorderemo di un brasiliano atipico vice-Scarpa d’Oro al suo primo anno di Eredivisie (ma di reti ne ha segnate un bel po’ di più di chi poi quel trofeo l’ha vinto, del resto il luogo comune vuole che sia più facile segnare al Groningen che non al Messina…), uomo da sette gol in un solo incontro (record nel campionato olandese) e dalla media di oltre una rete a partita (46 in 40 per la precisione) nell’Heerenveen; ci dimenticheremo invece degli allenamenti saltati, delle fughe, dei tribunali, dell’arbitrato, del jab sinistro piazzato sulla faccia di Remco Van der Schaaf del Vitesse tanto per prendersi cinque turni di squalifica e farsi un’ulteriore vacanza. Perché se sono comprensibili la voglia e la fretta di emergere per un giocatore che è stato costretto a farsi quattro stagioni e mezza (per giunta ottime) di Allsvenskan svedese prima di poter finalmente ottenere un minimo di considerazione dagli addetti ai lavori, quantomeno discutibili sono gli atteggiamenti da “vittima di un club che tratta gli uomini come schiavi” (citiamo testuali parole) a cui tutto è dovuto e tutto concesso, compreso firmare contratti con altri squadre (l’Az Alkmaar) salvo poi rimangiarsi tutto di fronte a un’offerta più sostanziosa (Middlesborough) e finire dritto all’arbitrato. La telenovela è durata oltre un mese, nel corso del quale Afonso Alves si è tenuto a debita distanza dal campo di allenamento dell’Heerenveen, forse per paura che qualcuno dei suoi ormai ex-compagni prendesse alla lettera il “se lo rivedo nei dintorni, gli rompo la faccia” incautamente dichiarato a mezzo stampa dal portiere dei Frisoni Brian Vandenbussche lo scorso settembre. Nessun pericolo ormai, perché il brasiliano non tornerà più. Si è accordato con il Middlesborough, pronto a mettere sul piatto 17 milioni di euro. L’Az, sconfitto all’arbitrato, presenterà ricorso alla FIFA, con poche probabilità di vittoria. “Si è finalmente conclusa la triste parabola di un uomo senza onore” ha scritto Peter Wekking su Voetbal International. Non troviamo parole migliori.
2. Ad Heerenveen la vita continua comunque anche senza Afonso Alves, come dimostrato dal 7-0 con cui sabato è stato annichilito il Vitesse (pungente ma sportiva la reazione del tecnico dei gialloneri Add de Mos a fine partita, che di fronte alle proteste di alcuni tifosi ha laconicamente commentato: “volete vedere del bel calcio? Compratevi un abbonamento all’Heerenveen!”). Nei dintorni dell’Abe Lenstra Stadion è ormai consolidata l’abitudine di veder partire bomber di razza dopo averli adeguatamente svezzati, basta citare gli esempi di John Dahl Tomasson, Ruud van Nistelrooy e Klaas-Jan Huntelaar. A lasciare l’amaro in bocca semmai è il modo in cui è avvenuto quest’ultimo divorzio. Ma l’Heerenveen è una società in salute, sia economicamente che sportivamente, già in un possesso di una nuova manciata di talenti da mettere in vetrina (citiamo i più promettenti, non necessariamente attaccanti: Micheal Bradley, Miralem Sulejmani, Geert Aarend Roorda, Paulo Henrique, Roy Beerens). Vincono poco in campo i Frisoni (la bacheca è a tutt’oggi vuota), ma giocano bene e conquistano i cuori della gente. Oltre infatti ad essere per definizione “la seconda squadra di ogni olandese” l’Heerenveen è anche il club nel quale i tifosi si identificano maggiormente. E’ quanto emerso da un dossier pubblicato sul settimanale VI dedicato al potenziale d’immagine delle varie società olandesi e basato sul CPM-Ranking, il sistema di valutazione che verrà utilizzato per definire i criteri di spartizione dei diritti televisivi. Se ad Eindhoven su dieci tifosi meno di quattro dichiarano di non essere semplici sostenitori della squadra ma di identificarsi nella storia e nella cultura di questa, se ad Amsterdam e a Rotterdam questa percentuale cresce leggermente, ad Heerenveen si sfiora il cinquanta per cento. Un forte legame territoriale che rende gli uomini dalla casacca a strisce bianco-blu costellata da foglie rosse stilizzate (non sono cuori) una sorta di Athletic Bilbao scevro da implicazioni etniche, o un Albinoleffe con qualche soldo in più. Società che profumano di calcio d’altri tempi.
3. Radio Olanda sceglie Balazs Dzsudzsak quale giocatore del mese in Eredivisie. L’esterno sinistro ungherese del Psv Eindhoven, classe ’87, acquistato dal Debrecen per la stagione 2008-2009 ma portato in Olanda con sei mesi di anticipo a causa dell’improvvisa partenza di Kenneth Perez, ha portato vitalità e brillantezza in una squadra che si stava un po’ perdendo nel grigiore della prevedibilità. Il sinistro potente con il quale ha aperto la sfida scudetto con l’Ajax non poteva rappresentare biglietto da visita migliore per questo ragazzo votato nel 2007 giocatore ungherese dell’anno. Era la sua quarta presenza in campionato; nelle prime tre, tanto per gradire, erano già arrivati due gol e un assist. Di seguito proponiamo la top 11 di gennaio (4-4-2): Van Nieuwenhuijzen (Excelsior); Heitinga (Ajax), Sankoh (Groningen), Kruijswijk (Groningen), De Cler (Feyenoord); El Ahmadi (Twente), Bakkal (Psv Eindhoven), Bradley (Heerenveen), Dzsudzsak (Psv Eindhoven); Sulejmani (Heerenveen), N’Kufo (Twente).
4. Dopo la pubblicazione della propria autobiografia, sincera ma gonfia di rancore, avevamo lasciato Winston Bogarde alle prese con la Global Music Entertainment, la società da lui fondata che si occupa dell’organizzazione di eventi musicali. Adesso lo si rivede su un campo da calcio; l’ex difensore di Ajax, Milan, Barcellona e Chelsea è stato infatti impegnato con il settore giovanile del Vvv Venlo, matricola di Eredivisie, in una serie di lezioni focalizzate sugli aspetti tecnico-tattici riguardanti la fase difensiva in una partita di calcio. Tra i pochi giocatori ad avere il dubbio onore di essere considerato uno dei più grandi bidoni in due campionati nazionali differenti, la Serie A italiana e la Premier League, Bogarde potrebbe invece sorprendere nelle vesti di insegnante di calcio. Ben lungi dal tentativo di rivalutare un giocatore che non lo merita affatto, non si può trascurare il fatto che Bogarde sia cresciuto in quella fucina di idee (e di successi) che era l’Ajax di Van Gaal (anche se il buon Winston non proveniva dal vivaio degli ajacidi), e restiamo pertanto convinti che il suo più grande difetto sia stata la pigrizia, sia a livello fisico che mentale. I mezzi tecnici non erano di prim’ordine, quelli fisici si. La pigrizia lo ha rovinato, i soldi del Chelsea ancora di più.
5. Rimanendo in ambito Vvv Venlo, la piccola matricola oltre a mostrare un carattere bello tosto in campo raccogliendo consensi, simpatie e anche qualche soddisfazione sportiva (hanno fermato sullo 0-0 il Feyenoord, sull’1-1 il Psv Eindhoven e sul 2-2 l’Ajax), si muove con buon piglio anche in sede di mercato, con progetti anche ambiziosi. Lo ha testimoniato l’ingaggio del 21enne centrocampista giapponese Keisuke Honda (nessuna parentela con l’omonima casa automobilistica), tentativo nemmeno troppo velato di aprirsi una nicchia nel florido mercato del Sol Levante. Bidone in arrivo? Non proprio, poiché Honda è stato comunque scelto dopo un periodo di stage della durata di tre settimane che l’ex giocatore del Nagoya Grampus Eight ha superato brillantemente. Il problema semmai era legato all’ingaggio del giocatore, troppo alto per gli standard del club del Limburgo, che infatti è corso alla ricerca di uno sponsor in grado di coprire la cifra minima (non certo astronomica, 389mila euro annui, ma è giusto citarla per rendere l’idea di quanti soldi girino da quelle parti) prevista in Olanda per mettere sotto contratto giocatori extracomunitari. Si respira fiducia ed entusiasmo in quel di Venlo; riguardo a Honda poi i precedenti lasciano le porte aperte ad ogni risultato, dal momento che finora in Eredivisie si sono alternati giapponesi bravi (Shinji Ono al Feyenoord), acerbi ma non disprezzabili (Sota Hirayama all’Heracles Almelo) e improponibili (Kazuyuki Toda all’Ado Den Haag).
6. Chiudiamo la puntata regalandoci una piccola trasferta nel vicino Belgio, precisamente nella piccola città di Sint-Leenarts, per riprendere una notizia già apparsa in forma ridotta qualche settimana fa sul Guerin Sportivo. In questa vecchia municipalità nella provincia di Anversa troviamo infatti Francis “Cisse” Severeyns, transitato poco felicemente in Serie A nel Pisa stagione 88-89; non propriamente invidiabile il suo score quell’anno, con zero reti in 26 presenze di campionato e gli unici centri fatti registrare in Coppa Italia (due gol alla Fiorentina, uno rispettivamente ad Avellino, Roma e nei quarti di finale al Verona) e nella Super Mitropa Cup (un timbro contro il Banik Ostrava). Etichettato come bidone, l’esperienza italiana è stata l’unico neo nella carriera di questo attaccante belga, ascrivibile alla categoria dei “bomber di provincia”, che lo scorso 8 gennaio ha festeggiato i 40 anni di età sbuffando e correndo ancora su un campo da calcio. Oggi gioca nel KFC Sint-Lenaarts, Quarta Divisione belga, per quella che è la sua 22esima stagione professionistica nel mondo del calcio, con oltre 270 gol segnati in partite ufficiali vestendo le maglie di Anversa (una finale di Coppa Coppe persa contro il Parma e un titolo di capocannoniere della Jupiler League nel 1988), Malines, Germinal Ekeren, GBA, Westerlo e Cappellen, più una puntata in Austria (Wacker Tirol Innsbruck) e la già citata delusione in terra italiana. Dove si presentò spavaldo dichiarando che la Serie A era tre volte più difficile del campionato belga e pertanto, avendo segnato nella stagione precedente 24 reti, il suo bottino avrebbe raggiunto almeno quota 8. Non andò esattamente così, ma per lui nessun rimpianto, dal momento che del Belpaese conserva ancora oggi solo ricordi splendidi, ad eccezione della “troppa frenesia con la quale viene vissuto il calcio, di cui si parla 24 ore su 24”.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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