L'ultima telefonata di Eriksson

di Pippo Russo
Potevano lasciargli passare tutto, tranne che perdere contro gli odiati "gringos" statunitensi. Invece mercoledì scorso Sven Goran Eriksson ha fatto proprio questo, e tanto è bastato per mettere a rischio la sua permanenza sulla panchina della nazionale messicana. A Columbus, Ohio, la nazionale Usa ha vinto 2-0 il primo match della fase a girone "Exagonal" delle qualificazioni Concacaf (Nord e Centro America) alla fase finale dei mondiali sudafricani del 2010. E in verità, per la per la nazionale messicana, il cammino verso i mondiali è tutt'altro che compromesso: su 6 squadre ne passeranno 3, e la quarta andrà a spareggiare contro la quinta del raggruppamento sudamericano. Ma per i tifosi messicani discorsi del genere sono aria fritta, se c'è di mezzo la rivalità con gli Usa. Tanto più se la sconfitta di mercoledì giunge in coda a una striscia negativa nei confronti diretti che ha visto gli Usa vincere tutte e tre gli ultimi match di qualificazione disputati in casa propria. Tutti col punteggio di 2-0, e sempre nello stadio dei Columbus Crew. A dare un ulteriore colpo all'autostima calcistica dei messicani ha provveduto una doppietta di Michael Bradley, figlio del ct statunitense Bob. Per lui un gol per tempo, e a fine partita parole da vero leader: "Le grandi partite sono quelle che ogni calciatore vorrebbe giocare; e quando prima della partita, negli spogliatoi, ho guardato negli occhi i miei compagni, ho visto che tutti volevano giocare". Tutt'altro umore nello spogliatoio dei messicani, autori di un inizio promettente e nulla più, e traditi dal loro calciatore più rappresentativo: il difensore barcellonista e capitano Rafa Marquez, espulso a metà ripresa per un fallo sul portiere avversario Tim Howard. A fine partita Rucardo Osorio, difensore dello Stoccarda, ha dichiarato pubblicamente di provare "pena e vergogna" per il modo in cui la partita è stata giocata. E sui siti dei quotidiani messicani la rabbia dei tifosi ha raggiunto i limiti dell'autolesionismo. Sul sito dell'Universal uno fra loro è arrivato a augurarsi che la nazionale in maglia verde non vada ai mondiali, perché questo sarebbe l'unico modo per avviare un rinnovamento profondo del calcio messicano. Sul sito de "La Jornada" un altro tifoso-internauta ha messo più di tutti il dito sulla piaga: dicendo che agli americani il calcio nemmeno piace e lo giocano in un modo troppo fisico, e però "ci battono lo stesso". Ovvero "sono più bravi di noi pure nelle poche cose che una volta facevamo meglio di loro". In mezzo a questa clima misto di rabbia e depressione si trova Sven Goran Eriksson, l'allenatore più sopravvalutato nella storia del calcio. Commissario tecnico della nazionale messicana dal 3 giugno dell'anno scorso in sostituzione di Jesus Ramirez (a suo volta protagonista di un breve interregno dopo la guida tenuta da Hugo Sanchez), lo svedese è stato accolto subito con diffidenza. E i risultati hanno rafforzato il pessimo "mood" nei suoi confronti. Su 10 partite condotte, 5 sconfitte (pure contro Giamaica e Honduras, e in casa contro Cile e Svezia), 4 vittorie e 1 pari. Il rovescio di mercoledì, che lui ha tentato di minimizzare (in conferenza stampa ha dichiarato, con straordinaria faccia di tolla: "Abbiamo provato a vincere, ma non ci siamo riusciti"), ha rafforzato il già vasto partito dei suoi denigratori. E dai quotidiani inglesi, che lo conoscono bene e assiduamente lo seguono, arrivano i primi rumors. Sulle colonne del "Daily Mail" è stato fatto ieri il nome del possibile sostituto: Javier Aguirre, tecnico messicano da poco esonerato dall'Atletico Madrid. Il "Guardian" si è spinto oltre, ipotizzando la prossima panchina dello svedese: sarebbe quella del Portsmouth, club della Premiership inglese da anni al centro dei movimenti più chiacchierati dell'intero calcio europeo. I "Pompeys" hanno recentemente licenziato Tony Adams, e sono momentaneamente affidati a Paul Hart. A fare da grande cerimoniere dell'accordo sarebbe il solito superagente (e grande amico di Eriksson) Pini Zahavi; che non è proprietario del Portsmouth ma agisce come se lo fosse. Le voci su un abbandono della panchina messicana da parte dello svedese hanno costretto ieri il presidente federale Justino Compeàn a smentire seccamente. Un internauta l'ha subito zittito intimandogli di smettere di prendere ordini da Televisa, il potente colosso televisivo nazionale. Con l'aria che tira, e qualunque cosa decida di fare, per lo svedese s'annunciano giorni grami in Messico.
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(per gentile concessione dell'autore, fonte: Il Riformista di venerdì 13 febbraio 2009)

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