Diceva un vecchio brontolone che non bisogna dare gratuitamente ai giovani quello che è costato tanto agli anziani. Messaggio non tanto in codice per la NGC che secondo Tourè dovrebbe tornare una grande squadra, quando a tutti basterebbe soltanto che tornasse ad essere una squadra dove ognuno conosce il posto dove sedersi, l’angolo del campo dal quale tirare, la striscia di campo dove far correre la palla parallela al terreno. Prima di farsi incantare dalle nostalgie di Woods, che a Treviso ha trovato soltanto radicchi amari, sarà meglio pensare di uccidere il virus del dopo Armani che in questa stagione ha portato la febbre nera, quella del dubbio, quella delle incertezze, soprattutto se Lydeka avrà davvero problemi ad andare in campo, perché, inutile nasconderlo, serve gente come lui non gente che la racconta e poi si defila dalla lotta. Necessità di fare punti e di rimettersi in corsa tenendo comunque presente che la Benetton, prima o poi, manterrà fede alla promessa di essere meno addormentata nelle partenze, quando gioca in trasferta. Guai dare una mano a chi poi ti prende braccio e tutto il resto e a Treviso, quest’anno, hanno fatto una bella squadra come scopriremo nelle finali europee di Torino. Muovere la classifica dopo il vento nuovo della giustizia federale che ci ha messo tantissimo tempo, a bocce ferme, per decidere che dovrà essere rigiocata Fortitudo-Montegranaro, la Sutor ospite a Cantù la prossima settimana. Una organizzazione seria, direbbero in una Lega seria, avrebbe deciso nella stessa settimana del misfatto, quella dove si era scoperto che il cronometro aveva mangiato tempo vero alla partita poi chiusa da un tiro di Achara convalidato e uno di Minard annullato per scadenza termini. Alla Lega vorremmo anche chiedere un po’ di attenzione sulla polenta che viene buttata ogni volta sul tavolo delle trattative per quanto riguarda lo spazio da regalare ai ragazzi italiani, meglio se giovani e di talento come magari potrebbe essere l’Andrea Bosa, figlio di Beppe che sembra far rifiorire un settore giovanile che al momento regala anche buoni risultati. Tutti facciamo il tifo per avere sul campo e non in panchina a sventolare asciugamani o, magari, a fare il muso, una malattia brutta, contagiosa, i giovani della scuola basket italiana, ma dopo aver sentito ragliare tanta gente, dopo aver letto che, per un motivo o per l’altro, quelli che sono negli Stati Uniti, non faranno il ballo intorno al rogo europeo dove potrebbe bruciare una Nazionale non ammessa alla fase finale, ci domandiamo cosa dovrebbero fare le società oltre che sdraiarsi davanti al fondamentalismo dei finti figli di Petrucci? Investi sui giovani, spendi tanto, ma sei sicuro che se saranno molto bravi se ne andranno altrove. Da chi li pagherà di più. Prima in Italia, Spagna o Russia, poi nella NBA. E’ sempre stato così, ma ora è anche peggio perché abbiamo dato gratis quello che era costato tantissimo: emanciparsi nel club. Dicevano che con l’arrivo di Meneghin i ragazzi NBA, gli “americani”, avrebbero risposto presente. Non sarà così e questa volta sarebbe difficile dare la colpa all’ex Maifredi che intanto si domanda, come tutti, perché il suo successore ha accettato le stesse figurine uscite dai comitati regionali invece di avere garanzie su una squadra vera di specialisti con una vera esperienza nei grandi club che sono il motore del sistema. Fingere di cambiare, per non cambiare nulla direbbe un Gattopardo con le scarpe giuste ai piedi, è molto pericoloso e presto ci sarà chi vorrà fare i conti in tasca al presidente che doveva immaginarselo, perché questi quando stanno per affogare giurano fedeltà a tutti, ma poi tornano ad essere gli stessi che di nascosto aumentano il prezzo del pane e delle verdure.
Oscar Eleni
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