Il modulo per rimanere vivi

di Luca Ferrato
"All’inizio era il caos e il calcio non aveva forma, poi arrivarono i Vittoriani". Un libro che inizia in questo modo sicuramente vuol darsi subito un tono importante, senza scomodare la parola biblico. Anche se l’incipit ci ricorda qualcosa scritto molto tempo fa...Proprio così inizia il nuovo libro di Jonathan Wilson "Inverting the pyramid, a history of football tactics", edito in Gran Bretagna dalla Orionbooks al prezzo di 18,99 sterline. Se un lettore si fermasse al titolo, probabilmente non acquisterebbe il libro di Wilson, il solo pensiero di 356 pagine intrise di schemi e tattiche farebbe rabbrividire e spaventerebbe addirittura Arrigo Sacchi. Ebbene, questo libro è esattamente l’opposto. Interessante, intrigante, ricco di episodi inediti e con le tattiche calcistiche che via via si sono susseguite nel corso degli anni, che vengono spiegate però semplicemente, a volte con disegni e a volte solo rappresentando dettagliatamente l’inventore di tale schema o l’idea che l’ha portato a crearlo.
Il libro inizia veramente da quando il calcio non aveva forma, cioè dalla metà del XIX secolo e in particolar modo da quella sfida Scozia-Inghilterra giocata all’Hampden Park di Glasgow, che fu il primo match internazionale giocato fra rappresentative nazionali (a dir la verità la Scozia quel giorno schierò l’intera squadra del Queen’s Park, una potenza all’epoca). La partita, nonostante gli scozzesi si schierassero con quello che ad oggi potremmo definire un 1-2-7 e gli inglesi con un 2-2-6, finì a reti bianche, con buona pace di chi oggi ritiene che gli unici problemi del Milan siano dati dal fatto di non mettere in campo due o tre punte. Grande spazio ovviamente viene dato a quegli allenatori che veramente portarono delle innovazioni in campo tattico. In primis Herbert Chapman che, negli anni ’20 e ’30, prima con l’Huddersfield Town e poi con l’Arsenal, fu in qualche modo l’ideatore del famoso sistema a WM ( o 3-2-2-3) utilizzato poi fino almeno alla metà degli anni ’50.
Fu con quello schema che gli inglesi affrontarono l’Ungheria di Gustav Sebes a Wembley, nella famosa amichevole del 25 novembre 1953. Quel giorno qualcosa cambiò veramente, anche se gli inglesi non se ne resero conto e qualche mese dopo vennero nuovamente travolti a Budapest dagli ungheresi. Gli uomini di Sebes non cambiarono così tanto a livello difensivo - dove comunque Lorant si schierava un po’ più indietro rispetto alla linea di difesa composta da sinistra a destra da Lantos, Zakarias, Bozsik e Buzanszky- ma soprattutto molto cambiò a livello offensivo dove il numero nove, tale Nandor Hidegkuti, giocava in posizione più arretrata (da quel momento si iniziò a parlare del "centravanti alla Hidegkuti") dando così la possibilità ai vari Puskas, Kocsis, Czibor e Budai di inserirsi per calciare a rete. Gli inglesi non ci capirono assolutamente niente e continuarono a marcare quel centravanti che si muoveva ovunque con il loro terzino.
Wilson ovviamente non si limita agli aspetti più conosciuti o agli allenatori più famosi ma anzi spazia nei quattro angoli del globo per scoprire gli episodi più curiosi. Ad esempio quasi tutti conoscono il colonnello Lobanovsky e quanto ha fatto con la Dinamo Kiev, soprattutto a riguardo della preparazione fisica. Pochi invece conoscono Viktor Maslov e il suo "disordine organizzato" proposto nei campionati sovietici con la Dinamo Mosca, la Torpedo e con la Dinamo Kiev, dove giocava proprio un certo Lobanovsky. I due tra l’altro non andavano per nulla d’accordo ma il colonnello ricavò gran giovamento degli insegnamenti avuti da Maslov, una volta diventato allenatore. Interessanti anche i capitoli su Bela Guttmann e quanto ha fatto per il calcio brasiliano "post disastro Mondiale 50" e su come gli argentini abbiano cambiato il loro stile di gioco e il loro approccio alle gare alla fine degli anni ’50.
Il capitolo dedicato al Catenaccio è ovviamente molto incentrato sulla scena italiana, anche se si dice che ne fu inventore l’austriaco Karl Rappan che lo utilizzò per la prima volta con la Svizzera ai Mondiali del 1938. Sfiora un po’ la leggenda l’episodio legato a Gipo Viani e a come pensò per la prima volta al suo "Vianema". Pare che il buon Gipo, un pomeriggio della fine degli anni ’40, mentre passeggiava sul lungomare di Salerno (allora era allenatore della Salernitana) si fosse soffermato a guardare i pescherecci che rientravano al porto. In particolar modo rimase colpito dal fatto che le barche utilizzavano una prima rete per pescare il pesce e sotto a quella un’altra rete che riusciva a catturare il pesce che era fuoriuscito o non era riuscita a prendere la prima. Gipo pensò allora che dietro a una barriera difensiva era meglio mettere un altro giocatore (battitore libero) che sarebbe riuscito a fermare i giocatori sfuggiti alla prima linea di difesa. Storia intrigante, anche se è più probabile che Viani abbia conosciuto Rappan e il modo di giocare degli svizzeri.
Wilson ovviamente esamina anche il calcio totale olandese e ha un occhio di riguardo per il Brasile formato solo da trequartisti del 1970. Invece, nel caso qualcuno pensasse che il pressing sia un’invenzione italiana (o dell'Olanda del calcio totale), dia un’occhiata a ciò che l’autore scrive riguardo al Watford di Graham Taylor dei primi anni ’80. L’allenatore inglese sosteneva che a volte le squadre alzano il ritmo e costringono gli avversari nella propria metà campo solo negli ultimi 15-20 minuti, il più delle volte spinti dalla disperazione, dalla necessità di recuperare un risultato. Ebbene Taylor disse alla sua squadra che bisognava imporre quel ritmo dall’inizio, puntando tutto su un eccellente condizione fisica che, nel caso del Watford acquistato qualche anno prima da Elton John, andava a scapito anche della tecnica.
Il libro si conclude parlando del Milan di Sacchi, della decadenza tattica degli anni ’90 e della speranza riacquistata con quanto visto nei tornei internazionali del nuovo millennio. Perché come dice l’Arrigo nazionale:" Nel calcio ci sarà sempre qualcuno che ha voglia di innovare, di portare qualcosa di nuovo. Quando nessuno più lo farà il calcio morirà".
ferratoluca@hotmail.com
(in esclusiva per Indiscreto)

63 commenti:

jeremy ha detto...

Luca, è prevista una traduzione italiana?

Dane ha detto...

1) Il mito del Brasile con tutti trequartisti è un po' esagerato: Tostao era un numero 10 ma era un attaccante (non una punta, ma una specie di Gullit o di Baggio sì...), Jarzinho era una specie di ala nel senso brasiliano del termine (cioè un attaccante che parte lateralmente, ma sempre attaccante...). poi, certo, il discorso di fondo non cambia...
2) In base a cosa i tornei internazionali ci hanno regalato nuove speranze nel nuovo millennnio?!...
3) Il cambio del calcio argentino alla fine degli anni 50 è uno degli episodi centrali della storia del calcio (purtroppo per gli argentini, forse in senso negativo...). In questo senso Daniel Borghi sembrava regalarci qualche speranza, ma poi ci si è mezzo di mezzo Agroppi...

pierocic ha detto...

sul tuo punto 3: me lo spieghi?
thanks

dag_nasty ha detto...

In effetti è vero: pochi conoscono Maslov e il suo "disordine organizzato". Ho messo queste parole in Google ed è venuto fuori solo questo articolo su Indiscreto!
Per saperne di più dovrò prendere il libro.

Dane ha detto...

E' un po' lunga, cerco di sintetizzare. Fino a quell'epoca il calcio argentino giocava con un quintetto d'attacco in linea, in cui ognuno faceva gioco e andava alla conclusione. Ad esempio il centrattacco (uso apposta quest'espressione aulica per distinguerlo dal ruolo del centravanti inteso come prima punta che sta là davanti ad aspettare il pallone) era il vero regista della squadra, colui che conduceva la danza: Pedernera e Di Stefano (non a caso considerato il più completo attaccante della storia, proprio perchè gli europei non erano abituati a vedere un centravanti che giocasse a tuttocampo) erano giocatori di questo tipo, così come l'uruguaiano Walter Gomez (scusate l'archivio monotematico basato sulla Banda Roja ma fatico a ricordarmi giocatori ugualmente completi nel Boca, anzi fatico proprio a ricordarmi giocatori di calcio...). Idem negli altri ruoli: Labruna era il numero 10 ma ha segnato più gol di tutti (tipo Puskas...), Moreno era il numero 8 ma non aveva niente a che vedere con le mezzale destre che siamo abituate a vedere in Europa (di solito registi alla Bulgarelli o corridori alla Tardelli, mentre Moreno era un fantasista: una via di mezzo tra un Doandoni e un Cassano messo a fare l'interno destro).
Con la crescita qualitativa del calcio brasiliano e quello di altre scuole (ad esempio quella danubiana e quella latino-europea)e l'approntarsi delle diavolerie tattiche europee tese a limitare i talenti avversari, ad un certo punto il calcio argentino decise pian piano si bastardizzarsi e di europeizzarsi (gli argentini si sentono europei in esilio, tra l'altro...) per trovare il miglior compromesso tra tecnica e tattica.
Così sparirono i quintetti d'attacco in linea, il centrattacco inteso come l'uomo che guida l'azione difensiva divenne l'uomo che conclude l'azione difensiva, si rafforzò il senso difensivo del modulo estremizzando tutto quel catalogo di furbate difensive che rendono il campionato argentino un altro sport rispetto al resto del mondo anche senza arrivare agli estremi dell'Intercontinentale anni 60 (per questi motivi la Mano de Dios fece storcere il naso ai puristi del calcio argentino: non per la furbata in sè ma perchè proposta in un torneo internazionale).
Più o meno stessa sorte seguì il calcio uruguagio, cosìcchè si formarono due correnti di pensiero: una nostalgica che ritiene che così il calcio argentino (ed anche uruguagio) si avvicinò al resto del mondo livellandosi verso il basso e rinunciando al gap di vantaggio che aveva, una progressista che ritiene che quel calcio sarebbe stato anacronistico rischiando di esser spazzato via...

p.s.: l'ultima squadra a regalarci quelle atmosfere tattiche fu l'Argentinos Junior di Borghi, poi Maradona (Carlo!...CARLOS!!! Dio mio!...) e Agroppi (te possino...) decisero di spegnerci il sogno in cuore...

pierocic ha detto...

grazie, molto interessente invero!
l'unica cosa che continuo a non capire è il "danno" che fecero maradona e soprattutto agroppi

dag_nasty ha detto...

Il fatto che i due mondiali l'Argentina li abbia vinti dopo la rivoluzione parrebbe dare ragione ai secondi...

Dane ha detto...

Maradona era un egocentrico che non accettava che i riflettori si posassero su un altro giocatore, basti vedere la fronda che in nazionale venne fatta a Passarella (che fu usurpato anche della fascia di capitano...): appena un giocatore veniva definito "il nuovo Maradona" Dieguito si irritava e lo faceva fuori dalla Nazionale. Bilardo si rendeva conto che Maradona era l'unica speranza per quell'Argentina non strepitosa e scommise tutto su Dieguito (che in Italia la ente stenta a crederlo ma la convocazione di Maradona fino a prima del Mondiale era molto discussa in Argentina: più o meno come Cassano oggi...) assecodandolo in ogni suo capriccio.
Borghi venne convocato a furor di popolo per i Mondiali 86 ma non giocò mai (in caso di mancata vittoria erano già pronti i valcareggiani pomodori, visto che Borghi con Maradona e Valdano avrebbe composto un trio da favola e che Passarella era un monumento...) e grazie ai crediti del Mondiale venne fatto fuori definitivamente.
Agroppi invece è uno dei tanti brocchi frustrati che diventati allenatori soffrono di gelosie nei confronti dei campioni coi piedi buoni: da allenatore del Como si irritò per il prestito di Borghi e fin da subito lo perseguitò con la scusa che in una provinciale bisognava sacrificarsi tutti.
La poesia di Borghi (che non era un guerriero caratterialmente e si lasciò andare fidandosi del Berlusca che gli prometteva di portarlo via da quell'inferno...)ne fu stuprata e la sua immagine compromessa per sempre (il solito razzismo degli italiani che ci fece perdere Bergkamp, Henry, Vieira, etc. Mi son sempre chiesto se valesse anche per Pelè e Garrincha...).
Complice una analoga esperienza in Svizzera Borghi tornò poi in Sudamerica dove continuò a giocare un splendido calcio senza che gli europei lo sapessero, ma purtroppo il grande treno era ormai passato.........

Dane ha detto...

Dag, il solito schema "chi vince è un bravo ragazzo, chi perde è una testa di cazzo". Forse non sai come ha vinto la Copa America il Brasile nel 49.....

Luca ha detto...

ciao Jeremy, al momento non è prevista una traduzione italiana anche se penso che a breve una casa editrice come ISBN lo prenderà in considerazione.
Si Dane è vero non erano tutti traquartisti ma neanche attaccanti direi.Sono d'accordo sul paragone Tostao- Gullit. D'accordo anche con te su Borghi, meglio di tanti attaccanti argentini arrivati di recente nel campionato italiano.
Il capitolo su Maslov è bellissimo ma ragazzi, leggete se potete il pezzo su Inghilterra-Ungheria del 53...finalmente qualcosa di non detto su quella partita......

dag_nasty ha detto...

Infatti ho detto "parrebbe" Dane. Immagino però che quando s'innescano polemiche su scala nazionale il ritornello sia un po' ovunque "vogliamo vincere qualcosa!". Che poi la vittoria non sia l'unico parametro di giudizio nello sport, sono totalmente daccordo.

Dane ha detto...

@Luca: attaccanti nel senso di punte pure magari no, ma non erano nemmeno 5 centrocampisti come racconta qualcuno (da qui il parallelo Gullit-Tostao). Comunque era giusto per stare a guardare il pelo, non cambia la questione!... ;-)

@Dag: guarda, l'Argentina nel 78 era uno squadrone senza il fenomeno, nell'86 era un fenomeno senza squadrone. Paradossalmente direi che l'Argentina ha vinto il Mondiale negli anni in cui aveva meno chance (escluso il 90, che è un caso apocalittico...), soprattutto pensando al passato: nela prima metà del secolo rappresentava il miglior movimento calcistico al mondo assieme o appena dopo l'Uruguay e, senza Hitler, avrebbe sdraiato tutti nei mondiali del 42 e 46. Quelli degli anni 50 restano un mistero, quelli degli anni 60 un furto, dagli anni settanta in poi era ormai definitivamente cambiato il calcio argentino...

dag_nasty ha detto...

Analisi interessante dane. Il tema "chi avrebbe vinto nel '42 e nel '46" è affascinante: sarebbe bello rigiocare (con la dovuta competenza e non è uno scherzo!) quei mondiali sulla carta. aaahh il fascino dei se...

Dane ha detto...

Guarda, uno dei miei cavalli di battaglia è il solito "nel calcio non sempre vince la più forte" ma sugli anni 40 purtroppo non accetto discussioni: sulla carta non c'era partita fino agli anni 30 e infatti non c'è stata, sulla carta non c'era partita negli anni 40 e non ci sarebbe stata... :-D

dag_nasty ha detto...

mi fido! allora lanciati sulle semifinaliste, dette anche "le comparse" ;-)

Dane ha detto...

Mah, di solito non mi interesso di chi parte dal quinto posto in giù... :-D
A parte gli scherzi (io in realtà speravo di provocare un'intervento del Direttore, che so che di questi argomenti è goloso. Si vede che oggi ci preferisce Galliani e Mourinho... :-D ) la domanda è difficile ed interessante.
Mah, direi il solito Uruguay, la scuola danubiana (Austria soprattutto), ottimo anche il Brasile se non da finale (ma Domningos Da Guia e Leonidas almeno nel '42 credo ci sarebbero stati), l'Inghilterra (non mi ricordo quando decise di "abbassarsi" a giocare con gli allievi, che poi gliele han suonate per un secolo...), l'Italia (forse più nel 46 che nel 42)....boh, ammetto che la memoria mi fa difetto, per me gli anni 40 sono Munoz-Moreno-Pedernera-Labruna-Loustau e basta!... :-D

dag_nasty ha detto...

un intervento del direttore sarebbe d'uopo!

jeremy ha detto...

Grazie dell'informazione, Luca.

jeremy ha detto...

Scusatemi, ma credo che anche la Svezia potesse dire la sua in quel periodo.

Dane ha detto...

Forse la Svezia più sul tardi anni 40, con l'arrivo di Nordhal, etc...

jeremy ha detto...

Mmm forse nel 46, anche se informandomi Skoglund viene un paio di anni dopo: me lo immaginavo piu vecchio.

Dane ha detto...

Nordhal arrivò al Milan nel 1948-49 come "pegno di scuse" da parte della Juve, se non sbaglio (convincendo il Milan a prendere Gren e Liedholm l'anno dopo, la stagione del 1949-50, quella dello scudetto juventino di John Hansen e del 7-1 per il Milan nello scontro diretto).
Quindi, è lecito pensare che la generazione dei fenomeni (che vincerà l'Olimpiade nel 48...) fosse già in campo ma non ancora ai suoi livelli massimi... ;-)

p.s.: non ho mai capito, al di là del fatto di giocare in casa, come mai quei fenomeni si misero in luce solo nel 58: un Hamrin in più ma un Nordahl in meno...

Jean Lafitte ha detto...

"non una punta, ma una specie di Gullit o di Baggio sì..."

detto da uno che mi sta a criticare albertini a pirlo...
come si fa a paragonare, anche solo per posizione, Gullit a Baggio?
mah!

jeremy ha detto...

Dane beh anche nel 50 arrivarono alla fine nel gironcino che decretò la vittora dell'Uruguay. A memoria non mi ricordo se dietro o davanti la Spagna.

Dane ha detto...

Laffitte, sia Gullit che Baggio hanno dato il meglio di sè da seconda punta di fantasia, come Sivori.
Riguardati le partite o fammi parlare coi tuoi genitori.......

Luca ha detto...

Campioni Mondiali nel 42 e 46? mmm
interessante...
Tenete però in considerazione una cosa riguardo alla Svezia. Gli scandinavi, a parte la Norvegia, hanno subito poco i danni della Seconda Guerra Mondiale e quindi nel 46 i giocatori erano in ottima forma, ben allenati e abbastanza ben nutriti. Se la guerra non fosse mai arrivata?
Si forse Uruguay e Argentina, Italia perchè no e senza il nazismo forse non si sarebbe suicidato neanche "Cartavelina" Sindelar, quindi anche Austria

Jean Lafitte ha detto...

dane gullit ha dato il suo meglio come centravanti, come ala destra, come libero, come interno e anche come seconda punta. ma con sivori e baggio non ha niente a che fare.
altro che genitori, chiamate la neuro!

zoleddu ha detto...

grazie Luca ottima segnalazione..speriamo lo traducano presto..
una domanda sulla paternità del catenaccio: si parla anche dello spezia di ottavio barbieri, del suo "mezzo sistema" con il terzino volante e l'invenzione del ruolo tornante..che mi dici?

Dane ha detto...

Lafitte, Gullit centravanti, perfetto. La colpa è mia che ancora ti rispondo...

Igor Vazzaz ha detto...

Bellissimo articolo, libro da leggere assolutamente.
Sui mondiali non giocati, probabilmente lo sapete bene, ci sono una serie di racconti piuttosto divertenti di Osvaldo Soriano, mi pare in "Futbol" (o in "Pensare con i piedi", entrambi editi da Einaudi), in cui il torneo fantasma del '42 si sarebbe realmente giocato nella Terra del Fuoco, con arbitro unico il figlio di Butch Cassidy armato di pistola...

Dane, non ho capito il "Carlo!... Carlos" tra parentesi dopo la citazione di Diego, ti riferivi a Bilardo?
Mi pare d'averla già letta, ma potete rispiegare la storia del malumore argentino alla furbata della mano de dios?

jeremy ha detto...

Igor, se mi ricordo bene un post di un po' di tempo fa, oltre al discorso sul campionato argentino paragonato al Rollerball, la furbata sarebbe stata accettabile contro una sudamericana ma non contro l'Inghilterra o un'altra nazionale in generale. Mi sbaglio?

Dane ha detto...

Igor (bentornato!...), hai centrato il punto: Carlos è un invocazione disperata, per motivi di famiglia questo è il massimo della disapprovazione che posso esternare e non mi è consentito andare oltre...
Per quanto riguarda le furbate come la mano de Dios, come ha suggerito Jeremy, il pensiero argentino prevede il raggiungimento del risultato attraverso qualsiasi mezzo. Questa è una delle rivoluzioni nate alla fine degli anni 50, quando alcune delusioni in fatto di risultati internazionali fecero perdere agli argentini quella spensieratezza (ed anche la rivoluzione tecnico-tattico va in questa direzione) che mettevano nel calcio come nel tango: il calcio diventò così lo specchio della vita, dove gli argentini tutti i giorni conquistano quel poco che gli resta tra le mani coi denti e sputando sangue, inventando nuovi espedienti ogni giorno.
Così nacque la melina e le perdite di tempo a risultato acquisito, gli olii balsamici spalmati sulla manica da sfregare in faccia all'attaccante sui calci d'angolo per farlo lacrimare e le spine di Chicas con le quali pungere gli avversari sui calci piazzati, il piede schiacciato al giocatore che sta per staccare e i tocchi di mano, etc...
Paradossalmente (come spesso succede in questi casi, si veda la vita dentro le carceri...) in questa situazione è presente però un codice d'onore cavalleresco: queste armi possono essere usate solo alla pari, cioè contro avversari che rispettano la medesima "regola d'ingaggio" perchè la conoscono e la accettano.
Il fatto che Maradona abbia compiuto la furbata contro avversari che ignorassero la particolare "regola d'ingaggio" (gli inglesi, poi!...), per quanto odiati per una rivalità che andava oltre il fatto calcistico (in questo senso geniale la battuta di Soriano...), ha fatto storcere la bocca ai puristi argentini.
Tanto per capirci, in un Boca-River il gesto sarebbe stato accettato, in un Argentina-Inghilterra assolutamente no.
Poi, ogni mondo è paese e in quel caso anche in Argentina la retorica della rivincita e la felicità per la vittoria sdoganarono tutto quanto. Non per i Cavalieri del Fùtbol Argentino, che considerarono Maradona proprio "uno de Boca..."

Igor Vazzaz ha detto...

Grazie Dane (non sono "tornato", semplicemente se non ho nulla da dire sto zitto e leggo ;-D),
capito...

L'argomento è interessante per gli appassionati di calcio e della storia di questo sport... Non sapevo di questa rivoluzione filosofica e pratica del futbol argentino.
Da un lato, cresciuto col "mito" brasiliano (Italia-Brasile prima "vera" partita seguita e ricordata, avevo 8 anni...), con la certezza desunta dalle convinzioni di mio padre che "quelli" fossero i più grandi e inarrivabili (e infatti la "grande Olanda" l'ho riscoperta tardi, da Sacchi in poi... my fault), ho sempre avuto per l'Argentina un atteggiamento ambivalente.
"Odio agonistico" dovuto alla partigianeria gialloverde e, al contempo, grandissima ammirazione (l'odio è una forma di amore...) per i pregi di quel calcio (la tecnica, le accelerazioni, una fantasia ben più "concreta" di quella dei brasiliani) ma anche per i presunti difetti (la "scorrettezza" programmatica, la tenacia, le risse in caso di sconfitta...).
Tanto che, pur odiando Dieguito ai tempi, quella "mano" non sono mai riuscito a farmela dispiacere...

E, per capirci, io al rigore fallito di Zico contro la Francia nei quarti di quello stesso mondiale, piansi lacrime vere (partita cannata per niente: appena entrò procurò il rigore, come nel match precedente, solo che in quell'occasione tirò Careca).

Insomma, per dire che a me gli argentini "brutti, sporchi e cattivi" stanno, in fondo, mooolto simpatici.

Dane ha detto...

Guarda Igor, stiamo su due barricate opposte, ma il mito del calcio brasiliano è sopravvalutato. Parlo in senso storico, ovviamente: nella prima metà del secolo scorso (quindi praticamente metà storia del calcio) il movimento calcistico uruguagio e quello argentino sono stati nettamente superiori. Escludendo la semifinale del 38, per il resto non c'è paragone: lo dimostra il fatto che il Brasile vinse la Copa America nel 49 in casa e approfittando della mancata partecipazione dell'Argentina (che aveva fin lì monopolizzato la manifestazione).
Poi, com'è normale che sia, con lo sviluppo del calcio la forza demografica ha avuto la meglio (l'Argentina non arriva 20 milioni di abitanti e l'Uruguay a 10....). In generale però direi che il mito del Brasile nacque in quei 15 anni a cavallo dei tre Mondiali, poi fu tanta retorica (anche in senso negativo: il mito dei difensori scarsi, nonostante Bellini e Domingos...).
Tra l'altro, la forza del calcio argentino sta anche nelle storie mitologiche che lo riguardano, storie che in teoria possiamo trovare in tanti paesi ma in Argentina hanno un spessore che va al di là del "maledettismo" di maniera (la mitologia brasiliana alla fine è quasi solamente legata ad alcolizzati disadattati o a maledizioni voodoo sulle squadre...) e che rendono quei personaggi veramente da film: le battute di Pedernera, la saggezza di Di Stefano, le follie di Moreno, le minacce di morte a Labruna, la cattiveria politica di Carriazo, le invenzioni di Estuarte, le furbizie di Sivori, etc.....roba da farne una serie TV se non almeno un libro. Dovrei fare l'editore di me stesso come il Direttore... :-D

p.s.: Zico in nazionale è sempre stato sprecato e non ho mai capito perchè...

jeremy ha detto...

Molto vero che prima della guerra il calcio brasiliano era inferiore come movimento agli altri big sudamericani(ovviamente sfornando comunque dei fenomeni tipo Leonidas Tim e Friedenreich). Come dici alla lunga ha prevalso il numero di praticanti, ma non credo che sia ammantato di mito: negli anni hanno sempre prodotto giocatori spaventosi e senza soluzione di continuità. Dal dopoguerra hanno scalzato i movimenti piu importanti (alcuni "morti" come l'Uruguay e la scuola danubiana, che ora si salva solo con i cechi) dando due giri a tutti.

jeremy ha detto...

Sempre parlando di mito storico intendo. E un'ovvietà dire che sono il movimento migliore per produzione di calciatori.

Igor Vazzaz ha detto...

Ti credo, anche se, di necessità, sono costretto a fare la "tara" a ciò che dici per via della tua argentinità... ;-D

In effetti ho ridimensionato molto l'aura mitica del Brasile, però è vero che, sino a qualche anno fa, il loro calcio era giocato in modo diverso dal nostro (europeo, dico), più "libero", più ballato (mi vengono solo espressioni pastoriniane... onta e vergogna!).
Ed è vero che a giocare (nel senso "infantile" e proprio del termine) sono stati i brasiliani: penso ai rari giocatori che ridono quando hanno il pallone. Ronaldinho, fin quando è stato in forma, era di questi. Troppo spesso gli "altri", seriosi, incazzati, hanno l'aria di "ragionieri in mutande" (espressione meravigliosa di Carmelo Bene).

Su Zico perdo totalmente oggettività: ho ancora il suo autografo appeso sopra il letto.

Dane ha detto...

Jeremy, non ho negato la produzione di giocatori spaventosi: ho parlato di mito nel senso che quei 15 anni magici han fatto credere a tutti che i brasiliani fossero sempre i più forti dall'inizio della storia del calcio fino ai giorni nostri (incredibile la sopravvalutazione del Brasile 82, dove forse solo 4 giocatori sarebbero stati titolari nell'Italia di Bearzot....).
Ed è falso, come ho detto: giocatori come quelli citati nelle storie anni 40 raccontate recentemente su Indicreto erano miti nazionali più che internazionali (differentemente da pochi casi come Domingos da Guia e Leonidas...), mentre gente come Scarone o Pedernera ha sdraiato il mondo per anni. Questo intendevo dire...

p.s.: prima della "finale" del 50, i giornalisti chiesero a Varela se avesse paura del Brasile, risposta: "Paura del Brasile?! Ma io ho giocato contro Pedernera!...cosa mi potrà mai capitare di peggio contro "sto famoso" Brasile?!..."
Ecco, questo spiega mezza storia del calcio, secondo me...

dag_nasty ha detto...

anche perdendo oggettività Zico rimane il gioco del calcio.

Dane ha detto...

Igor, siamo d'accordo. Io ne facevo solo una questione storica: non coloriamo la storia con l'ultimo pennarello rimastoci nell'astuccio.
Per questo dico sempre che il Mondiale francese è un dato statistico (per non parlare dei due Europei...)...

p.s. riguardo al mio filoargentinismo, fin'ora abbiam parlato dei pregi, ma se parliamo dei difetti del calcio argentino vi tengo qua tre giorni!... :-D

jeremy ha detto...

Dane, l'ho detto anche io. Diciamo che quei 15 anni sono stati legittimati anche in seguito (gente come Zico e Ronaldo sono mito assoluto, anche immaginario). Prima non ci sono dubbi che non erano ne mito ne movimento leader: non che facessero schifo ma non valevano argentini, uruguagi, inglesi, italiani (se facciamo la classifica all-time dei nostri facciamo fatica a non metterne almeno 6-7 dell'ante Superga)e danubiani (a scelta: ungheresi, austriaci e cechi erano fortissimi e uno come Sindelar è un mito a prescindere).

jeremy ha detto...

I francesi sono un movimento diciamo secondario, anche se hanno prodotto miti come Kopa Fontaine e tutta la generazione del calcio champagne, con a capo Platini.Nel mito e nella storia del calcio stanno dietro gli olandesi, che se presi solo per gli anni 70 tengono testa a Garrincha e Pele.

Igor Vazzaz ha detto...

Dane, dici davvero che "solo" in 4 del Brasile '82 avrebbero trovato posto tra gli azzurri?
In che senso?
Cioè: se fosse dipeso dal vecio Enzo, probabilmente ne avrebbe presi solo due (a occhio direi Zico e Falcao), ma parlando di giocatori in senso "assoluto" (sarà possibile? facciamo finta...), beh, credo che quella nazionale fosse di molto superiore alla nostra.

Siamo in puro bar, lo so, ma francamente trovo che Cerezo fosse un giocatore eccellente, Junior assolutamente un genio (che giocava fuori ruolo), Socrates, Fiorentina a parte, una stella di prima grandezza, e che i punti deboli fossero sostanzialmente due: Valdir Perez (che qui alimentò ulteriormente la discutibile verità dei brasiliani pessimi portieri) e Serginho.
Siamo al bar, lo so...

Dane ha detto...

@Jeremy: è quello che intendevo dire io. Se ti ricordi la mia definizione di Kakà ("il prodotto più importante della squadra più importante del campionato più importante del movimento calcistico più importante") lo capisci. Quello che io dico è che se invertiamo le due meta del secolo scorso, quella maglia gialloro perde molto fascino.
A proposito di Sindelar...

@Igor: visto che siamo al bar (anche se i diversi moduli rendono difficili alcuni paragoni, vedi Falçao-Oriali...), ritengo che Junior (che ho nel cuore, ma da metodista) terzino (al netto della minchiata di tacco sul gol di Rossi) fosse inferiore a Cabrini. Zico nemmeno paragonabile ad Antognoni, non parliamo di Falçao, Eder strepitoso e un Cerezo forse meglio di Tardelli (più che altro per la sua corsa "più intelligente").
Finisce qua perchè per il resto l'Italia era superiore in ogni ruolo (imbarazzante il paragone tra Conti e il camminatore sopravvalutato Socrates: praticamente una hostess, infatti Falçao lo mandava sovente affanculo). Vero è che in teoria gente come Zico e Eder avevano ruoli più decisivi (più o meno come quando Maradona batteva il Milan di Sacchi), però nell'insieme secondo me l'Italia era più forte.
Formazioni (il più forte in maiuscolo):
ZOFF - Waldir Perez
GENTILE - Oscar
CABRINI - Junior
Oriali - FALÇAO
COLLOVATI - Leandro
SCIREA - Luisinho
CONTI - Socrates
Tardelli - CEREZO
ROSSI - Serginho
Antognoni - ZICO
Graziani - EDER

jeremy ha detto...

Dane, stiamo dicendo la stessa cosa....Il paragone fatto con il modulo non è corretto, proprio perche sono ruoli diversi. Se prendiamo quella partita pero eravamo piu forti noi.

Dane ha detto...

Jeremy, il modulo confonde anche perchè le caratteristiche dei giocatori ma il paragone si può fare lo stesso: difese a 4, due centrocampisti, due mezzepunte, un centravanti e una punta di movimento. Più o meno siamo lì!
Non è colpa mia se i brasiliani vedono nel centrocampista centrale uno che imposta il gioco e l'Italia uno che lo distrugge!
L'unica riserva è su Socrates-Conti, perchè il primo era un trequartista o comunque una mezzala di qualità mentre il secondo un ala che andava in giro per tutto il fronte dell'attacco (Conti fu il vero numero 10 dell'Italia, come Donadoni lo fu nel 90).
Però, partendo dal fatto che Eder era un trequartista messo a fare il finto attaccante che svaria (quindi omologabile al "generoso" Graziani...) e che Zico e Antognoni sono i rispettivi numeri 10, ne resta che i secondi trequartisti d'appoggio, per esclusione, siano Socrates e Conti (sul cui ruolo saranno cambiati 5 o 10 metri di posizione, non di più).
Poi, il Brasile aveva due registi come centrali e l'Italia due mediani, pazienza...

Igor Vazzaz ha detto...

Credo che il bar (questo bar) sia tra le cose migliori che abbiamo (e, in un certo senso, più rappresentativa... la inseriamo nella costituzione europea?).

Dane: concordo, solo per la questione di ruoli, la vittoria del bell'Antonio ("penalizzato", nella storia, dal fatto di aver avuto dopo di lui uno come Maldini...) su Junior.
Però quel Socrates-Conti mi pare tirato per i capelli, perché non mi risulta che il dottore fosse un'ala e avesse doti da (in)cursore.

Su Gentile-Oscar, boh, non so: Gentile l'ho visto giocare spesso, Oscar no e, in quell'occasione, c'è una maglia strappata che grida ancora vendetta (se l'avessero strappata a Totti nel 2006, avremmo ancora il Corriere dello Sport a inveire contro il Palazzo...). Leandro-Collovati idem, non saprei proprio che dire.
Su Scirea, ok.

Però, cerco di uscire dalla mitologia, quel Brasile a me pareva (e tuttora pare) come qualche spanna sopra gli azzurri: hanno perso, e meritatamente in quel match, ma trovo giustificato e che tutti, qui, ne avessero paura prima e che i brasiliani stessi considerino l'82 come un grande occasione persa per la loro squadra, benché "la" sconfitta sia per i verdeoro una sola...

jeremy ha detto...

Insomma, comunque ci puo stare. Io mi faccio prendere dal panico da quel Junior messo terzino: facevano cosi cagare i terzini mancini del Brasile in quel periodo? Insomma l'avessero fatta meglio togliendo uno tra Serginho e Socrates e inserendo Junior nel centrocampo, sarebbe diversa la valutazione. E magari anche il risultato....

Igor Vazzaz ha detto...

Su Conti-Socrates hai già detto, ok...

Dane ha detto...

@Igor: l'azione del gol di Socrates è illuminante. Ripeto, tra lui e Conti sraan cambiati 5 o 10 metri come posizione di partenza.
Sono d'accordo sull'importanza del bar sport, io poi sulla storia del calcio aspetterei molto più tempo che sugli insulti di Balotelli e la campagna acquisti del Milan, figurati.
Il problema è che noi stiamo qua a parlar di Pedernera e Sindelar poi arriva il fenomeno con l'elasticità mentale di un comodino che ti dice che "non esistono più i ruoli di centrocampo, sono tutti esterni o centrali: Gattuso non è un incontrista, è un mezzo giocatore e basta!"
Esterno presumo, vista la posizione di partenza.....

@Jeremy: tu pensa che nel 94 ci misero Leonardo che era un numero 10.....

Jean Lafitte ha detto...

"Lafitte, Gullit centravanti, perfetto. La colpa è mia che ancora ti rispondo..."

si mio caro fattene una ragione. nella samp, poi nel milan, poi di nuovo nella samp. sarà l'età ma hai qualche problema di memoria.

i ruoli di centrocampo esistono, non esistono quelli che dici tu, è diverso.

jeremy ha detto...

Fantastico quel Leonardo terzino, ricordato per aver staccato la testa a Ramos con una gomitata criminale. Sarà stato il caldo...

Dane ha detto...

Se Gattuso risulta limitato è perchè è solo un incontrista (ma per te immagino che sia "un esterno destro"...) e quindi i ruoli esistono eccome, anche se si gioca in linea (cosa che il Milan non fa, tra l'altro...) sei tu che non hai l'elasticità mentale per capirlo.
Gullit giocava da seconda punta o da numero 10 nel PSV, occasionalmente (come nel trofeo Gamper, dove Berlusconi se ne innamorò) da libero.
Al Milan fece prima l'esterno destro nel tridente d'attacco in precampionato, poi il trequartista assieme a Donadoni dietro la punta (Virdis, stante l'infortunio di Van Basten), finchè non avvenne il cambio tattico che portò il Milan a volare: Donadoni numero 10 (anche se giocava col 7) dietro le punte e Gullit seconda punta. Lì Gullit diede il meglio di sempre e fornì la sua migliore stagione, terminata con l'Europeo, dove fece la seconda punta al fianco di Van Basten con Vanenburg tornante. Punto.
Poi con Capello (e solo con Capello) Gullit, ridimensionato dagli infortuni, fece il laterale destro (ma a centrocampo, nel 4-4-2). Passò alla Samp per fare il libero (difatti ottenne il numero 4) ma poi venne spostato davanti a fare la punta generica (non il centravanti). Venne ripreso dal Milan come centravanti, e infatti fallì, perchè a parte qualche gol come centravanti non rendeva perchè andava continuamente sul fondo a fare cross che avrebbe dovuto raccogliere lui stesso a centroarea. Tornò alla Samp e finì come attaccante di movimento.
Tu vedi il calcio come il calciobalilla, con i giocatori infilati nelle stecche, e questo forse non è il forum giusto per te...

Jean Lafitte ha detto...

gattuso è un centrocampista centrale, anche se ha giocato saltuarmente sulla fascia.
gullit ha giocato dappertutto, come libero nel feyenoord e anche nel psv, praticamente, anche a destra in un 442, anche con sacchi (nel girone di ritorno dell'ultimo anno, ancora la memoria ti fa difetto). certamente anche da seconda punta, anche, ma non solo.
non ho ben capito che significa punta generica. centravanti è il giocatore più avanzato della squadra a prescindere dalle caratteristiche. anche eto'o, l'henry dell'arsenal e una lunghissima sfilza di giocatori erano centravanti senza essere giocatori d'area. gullit giocò centravanti nella samp e nel milan (e saltuarmente anche nel chelsea)
ripassata la carriera di gullit ti richiedo, che cosa aveva in comune con baggio a parte la maglia numero 10? nulla.
sei tu che vedi il calcio come il calcibalilla, anzi da come parli non mi sorprenderebbe che tu sia stato proprio un balilla. ciao nonno, ora devo scappare.
non scordarti le medicine per la memoria, mi raccomando!!!

Dane ha detto...

Gullit ha dato il meglio come seconda punta in un 4-4-2, esattamente come Baggio.
Il resto son chiacchiere. L'esterno l'ha fatto quando venne ridimensionato dagli infortuni, come centrocampista non aveva il passo, il libero lo fece solo in Olanda e come centravanti non rendeva per i motivi che ho già spiegato.
Gattuso saltuariamente sulla fascia?! Nel Milan è da sempre il centrocampista di destra quindi secondo i tuoi schemi mentali è un esterno. Mettiti d'accordo con te stesso e facci sapere...

p.s.: Henty centravanti?! Quindi ai tempi del Monaco, Trezeguet faceva il tornante....

Jean Lafitte ha detto...

baggio ha dato il meglio di se in un 442?
gullit ha giocato benissimo anche in altri ruoli, anche centravanti, se ne faccia una ragione.
il milan gioca da anni senza centrocampisti di fascia (e purtroppo si vede) intruppando giocatori al centro.
non vedo dove sia la contraddizione.
ho detto l'henry dell'arsenal.
che c'entra trezeguet?
ancora una volta i suoi neuroni danno segni di cedimento...

Dane ha detto...
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Dane ha detto...

Bravo, Gullit ha giocato bene "anche" in altri ruoli, ma mai bene come in quel primo anno al Milan in cui fece la seconda punta. Che poi fosse più completo di Baggio (che se è per quello ha giocato anche da 10 dietro le punte...) è evidente, ma i giocatori non son mai tutti uguali.
Henry non è un centravanti ma un attaccante di movimento (una seconda punta, anche quando all'Arsenal faceva la punta unica), difatti nel tridente del Barça lui fa l'esterno e il centravanti lo fa Etoo, esattamente come nel Monaco il centravanti lo faceva Trezeguet e Henry faceva l'esterno sinistro del tridente (tant'è che gli juventini, Moggi, lo presero per un esterno di centrocampo...).
Gattuso non è un centrocampista di fascia ma nel Milan sta a destra: non avevi detto che i ruoli non esistono più e sono tutti esterni o centrali?!...mettiti d'accordo con te stesso e facci sapere (e 3!...)!...

Jean Lafitte ha detto...

(una seconda punta, anche quando all'Arsenal faceva la punta unica).

credo che mi prenderò qualche giorno di pausa prima di tornare a farti da insegnante di sostegno, ho un pò di cose da fare perchè parto per un viaggetto. mi raccomando fatti trovare bello pimpante al mio ritorno...

Dane ha detto...

Buon viaggio, salutami la tua infermiera...

Jean Lafitte ha detto...

"Buon viaggio, salutami la tua infermiera..."

come sai che giochiamo al dottore?

Dane ha detto...

Lafitte, adesso hai rotto. Ti sei divertito, adesso fai il bravo su!
Questo è un forum di calcio, per le provocazioni da troll troverai sicuramente blog più adatti.
Magari il tuo.....

Jean Lafitte ha detto...

ti ho solo risposto a tono. nervosetto?