Rimbalzare sulle pozzanghere della Milano-Torino, mettersi in coda sull’autostrada che porta all’inferno toscano prima di svoltare sulla chiantigiana per Siena. Una settimana viaggiando per cercare una scusa adesso che l’amico crudele si fa avanti e ti dice che il basket italiano, in Europa, sembra davvero non avere peso. Una visione parziale del mondo così come se lo sono inventato le società ricche: il Montepaschi è fuori perché tutto ha girato contro, dal sorteggio agli infortuni; la Benetton è saltata al primo giro perché si era illusa di apparire bella senza mettere la faccia dove si soffre di più e cioè nella difesa. Il peccato di Siena non è grave. Resta la squadra numero uno in Italia e sarebbe intelligente copiarne il percorso. La colpa di Treviso è quella di essersi convinta troppo presto di aver pagato ogni debito e di aver purificato l’erba intorno al Palaverde e alla Ghirada. Serve più tempo, è necessario non illudersi troppo sul valore dei ragazzi che arrivano dal vivaio perché si è visto bene che retrocedono appena torna in casa uno più forte: questa volta è l’italiano Bulleri a spingere più in là l’italiano Rullo senza che l’associazione giocatori ci faccia sentire un muggito o un belato. Così come a Siena chi pensa di costruire una squadra per l’Europa pensa subito che il sacrificio debba essere fatto retrocedendo Ress, Lechthaler e persino Carraretto. La cosa tragica è che pensando ad altri sostituti italiani non se ne sono trovati perché al massimo ci si ferma a Poeta che piace anche a Roma e Milano, poi riga. Pensate la gioia del Recalcati che allena Azzurra tenera e trova poco nella cantina e ha poco da mostrare nella vetrina. Così stanno le cose, certo Luca Dalmonte, passato per Torino due volte, si sarà pentito di non aver mandato all’assalto la sua NGC contro i teneri guerrieri Benetton, ma ormai era tardi. Lui è passato per vedere un po’ di Europa di secondo livello, poi ci è tornato andando verso Biella perché domani a mezzogiorno sarà alla ribalta nella prima televisiva del nuovo palazzo dell’Angelico. Punti pesanti, punti decisivi, ma soprattutto per chi è nella nuova casa e questo dovrebbe aiutare a non perdersi a non farsi prendere in trappola come succede a chi va a fare il bel giovine in Svizzera. Un Dalmonte viperino che ammette di amare i tipi come Mourinho. Magari fossero così tutti gli allenatori: dire pane al pane, viziato al giocatore viziato, dire in faccia alla critica che non tutti vengono trattati alla stessa maniera come faceva notare chi ha visto stritolare i Sakota, i Repesa e andare alla ribalta quelli che perdono da tanto tempo, perdono molto, ma piacciono perché nel circolo lecca lecca devi essere un paziente fraticello che ama il raduno davanti al rosario delle cifre. Torna il campionato senza il profumo dell’Europa e la gente ci sta male, così come staranno male quelli che non hanno capito il messaggio della commissione guidata dal caro Stankovic per vedere come siamo messi se davvero l’Italia vuole organizzare il mondiale 2014. Ci può essere simpatia, ci può essere una spinta forte da chi crede che faremo comunque una bella organizzazione, ma la chiave di tutto è nel denaro: servono più di 30, 40 milioni di euro, e non diteci che siamo soltanto vicini al bilancio del Panathinaikos sostenuto dalla mega cassa del re dei metalli. Ci vogliono soldi e garanzie che vengano trovati davvero in un movimento cestistico dove a tavola si ride raccontando le storie dei presidenti con pistola, di quelli che minacciano i giovani cronisti perché non usano tutti i superlativi per raccontare una vittoria, del gruppo che si diverte a lasciare i giocatori senza stipendio dopo averli incastrati con liberatorie che non liberano.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell'autore)
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