Eroi per interposto Federer

di Marco Lombardo
La vita è strana. Da bambino uno vuole fare l’astronauta, il medico, magari il veterinario, poi cresce e scopre che il sogno di una vita è un altro: fare l’inviato a Wimbledon. Neanche il giornalista, ma proprio quello. Lo so, non si dovrebbe metterla sul personale, ma è per spiegare perché Roger Federer è diventato domenica a Parigi il più grande tennista della storia. Perché ha realizzato il sogno di una vita. Anzi, due. La vita è strana, un giorno diventi inviato a Wimbledon per davvero e passi le mitiche Doherty Gates neanche entrassi nel castello incantato e ti guardi intorno, mentre il profumo d’erba e di fragole si mischia ai colpi ovattati delle racchette. Ti sembra di essere in un altro mondo e a un certo punto incontri lui, uno svizzero col codino, con la faccia un po’ così ma con un gioco che non hai mai visto, neppure quando sognavi il futuro davanti alla tv e ai colpi di Borg e McEnroe. Uno svizzero, possibile? Già, era Roger Federer, era il 2003, e il tuo primo Wimbledon diventa il suo, certo lui in campo e tu che sei lì ai bordi, nel posto giusto al momento giusto, nel posto dove volevi essere da un vita davanti al tennista che nessuno aveva mai visto prima. E a quel punto hai scelto: lui è il tuo eroe. Anzi, il tuo Eroe. La vita è strana, anche quando vinci, figuriamoci quando perdi dopo che - a quel Wimbledon - ne sono seguiti altri quattro, più cinque Us Open e tre vittorie in Australia. Anche quando sei il numero uno del mondo, il numero uno di tutti i tempi, ma qualcosa non va più, chissà la mononucleosi, chissà le nuove generazioni, chissà quel maledetto spagnolo che non si stanca mai, che non riesci a odiare perché è così gentile fuori dal campo e quando sei dentro ogni volta ti smarrisci perché già per 4 volte ti ha rubato un sogno, Parigi. Arriva il 2008, ancora Wimbledon, e tu che sei fuori sai che il destino è implacabile, è come quando McEnroe rubò il trono a Borg che lo aveva battuto l’anno prima per conquistare il suo quinto titolo. La vita è strana, perché tutto succede: Nadal batte Federer nella partita forse più bella di sempre, dopo cinque trionfi Wimbledon passa di mano, e tu ancora oggi non hai il coraggio di riguardarlo quel match, perché sai che il tuo Eroe ha perso, sai già com’è andata e non è possibile che il destino sia stato così implacabile. E allora tutti ti dicono che Federer è finito e in fondo lo pensi anche tu che il tuo Eroe è stanco. Ma poi vince ancora in America e il record di Sampras è lì a un passo. E c’è un solo posto al mondo dove lui può eguagliarlo, dove può raggiungere i 14 titoli dello Slam e diventare il sesto giocatore della storia a vincere tutti e 4 i tornei più grandi. Già, Parigi. Già, è il destino. La vita è strana, perché il Più Grande di Sempre è in fondo un bravo ragazzo, un uomo da milioni di dollari che vive con una mucca, che è quella che i genitori gli hanno regalato quando ha vinto il suo primo Wimbledon e non certo Mirka - come pensano i maligni -, la moglie-amante-ragioniera-manager che lo accompagna da una vita e che adesso, guarda il destino, proprio adesso, gli regalerà un figlio. Certo Roger non è una star, si alza presto per allenarsi, la sera va a letto presto, ha smesso di spaccare racchette perché aveva paura dei rimproveri della mamma, insomma l’uomo da milioni di dollari è quello della porta accanto. Eppure nessuno ha mai visto un gioco così, la classe nell’era del tecnotennis, l’eleganza al posto della forza bruta. Già, possibile: uno svizzero è come Rod Laver, dicono. Ma forse era Rod Laver a essere come lui. La vita è strana perché, dopo aver battuto Soderling, Roger Federer ha pianto, come ha sempre fatto quando ha vinto e anche quando ha perso, a Wimbledon come in Australia quest’anno, perché lui è un Eroe e non un robot. Ha pianto, e le sue lacrime sono le tue, perché l’incredibile è quando vedi i tuoi sogni realizzati, anche se è qualcuno a farlo al posto tuo. E dopo aver fatto l’inviato a Wimbledon te n’era venuto un altro di sogno: vedere Roger Federer vincere il Roland Garros.Per questo, per Federer, per Parigi, per quell’Emozione difficile da trattenere, se qualcuno vi dirà che ieri in fondo c’è stata solo una partita di tennis, non credetegli. Lui non sa quant’è strana la vita.
(per gentile concessione dell'autore, fonte: il Giornale)

2 commenti:

Nick ha detto...

Il solito immenso Marco Lombardo. Uno dei pochi giornalisti a saper ancora regalare brividi.
Evidentemente quel lontano giorno del 2003, sull'erba di Wimbledon, di stelle ne nascevano due.

Pino Masterflash ha detto...

Articolo fantastico