Meriterebbero approfondimenti ed analisi, cioè tutto quello che sul web non vale pena di fare, sia il monito dell'OCSE che le parole del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sui capitali sporchi nel calcio. In particolare Grasso ha elogiato il comportamento di Mediobanca nella vicenda Roma, anche se il cosiddetto gruppo Fioranelli è in stand-by solo perché non ha presentato alcuna offerta vera e non certo per un sussulto di etica del sistema (basti pensare che gli uomini di Geronzi nel calcio sono sempre stati, con compiti diversi, Carraro e Moggi). Il problema è che il calcio non è certo lo sport preferito dei riciclatori, come ben sa chi sia coinvolto a qualsiasi livello nella gestione di società di altri sport, le famose 'varie' che in almeno un quotidiano sportivo saranno presto subappaltate ad un service esterno. Nel calcio di medio-alto livello il bravo amministratore può far quadrare i conti con il pubblico, i diritti televisivi quando ci sono, ma soprattutto con contributi giustificati cialtronescamente dall'importanza 'sociale' della squadra di calcio. Non è necessario che compaia il marchio della Regione, è sufficiente un qualsiasi pecorino uguale a tutti gli altri pecorini del mondo. C'è un mondo di differenza con un club di altri sport, dove gli spettatori non permettono di far quadrare i conti e gli enti locali quasi sempre se ne sbattono di un fallimento: basti vedere come, a parità di Reggio Calabria, la Reggina sia stata trattata rispetto alla Viola. L'amministratore del nostro club di serie C di basket che cosa può fare, quindi? Ricordando che nella maggior parte dei casi il biglietto d'ingresso alle partite non ha nemmeno un prezzo simbolico...Gli si presentano, quando è fortunato, quattro categorie di sponsor-finanziatori:
a) L'appassionato che ha fatto i soldi con la sua attività e desidera visibilità almeno locale;
b) Il dirigente disonesto della grande azienda, che fa avere la sponsorizzazione ma ne pretende indietro almeno la metà o in nero o attraverso 'consulenze' a parenti o amici. Qualcuno si è mai chiesto come mai grandi aziende nazionali leghino il marchio a squadrette che faticano a trovare spazio anche sui giornali specializzati?
c) L'imprenditore con profitti che non riesce a far sparire con spese fittizie: lo sport è una macchina da 'nero' quasi perfetta, anche a livello dilettantistico dove oltretutto la contabilità è semplificata.
d) Il riciclatore in senso stretto, che ha interesse nel controllare un'attività pulita, per quanto improduttiva come una serie A di hockey prato o di pallamano, su cui appoggiare fatture, pagamenti ed altre situazioni. Anche per il riciclatore vale il principio del 'ritorno' personale, ma in misura minore che per il dirigente di cui al punto b).
Inutile dire che il sogno di tutti è trovare a), ma che in alcune realtà geografiche questa ricerca è quasi impossibile. In definitiva si può dire che il calcio è pieno di riciclatori, ma che potrebbe funzionare anche senza. La stessa cosa non si può dire di altre discipline.
3 commenti:
quindi (scenario irreale) se sparissero per incanto le categorie b, c e d, in Italia il professionismo al di fuori del calcio esisterebbe solo in pochissime piazze (ma che fanno, giocano da sole il campionato?). Certo va detto che probabilmente anche altri paesi funzionano più o meno così...
Cmq in Italia il professionismo sportivo ha toccato vertici grotteschi: un mio conoscente è fidanzato con una giocatrice di pallanuoto professionista... poi si capisce il perchè di queste assurdità.
Ieri sera ho sentito che il Bologna potrebbe essere acquistato da Spinelli per interposta persona con capitali che arrivano dall'estero. E' il caso di insospettirsi?
Kalz, no. Basti pensare che in serie A sono più le società di proprietà di fiduciarie o società off-shore che quelle di cui si conosce sul serio il proprietario.
Posta un commento