Un Tromso chiamato desiderio

di Alec Cordolcini
1. “Certe persone non vogliono il mondo intero, anche se potrebbero averlo. Certe persone non vogliono un paese tutto per loro. Certi vogliono solo essere una parte del tutto. Utile, anche se modesta. Non tutti hanno bisogno del mondo intero” (Johan Harstad, Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?, Edizioni Iperborea).
2. E’ così anche tra gli appassionati di calcio. Tifi Tromsø, e la consapevolezza è quella che tu e la tua squadra sarete per sempre un ingranaggio, mai la macchina. I successi sono partite, non trofei. 3-2 al Chelsea nella Coppa Coppe 97/98, con l’allora tecnico dei Blues Ruud Gullit che nel mezzo di una bufera di neve gridava all’arbitro “questo non è calcio”, e nel frattempo segnava Steinar Nielsen, futuro milanista, raddoppiava Frode Fermann e triplicava Ole Martin Årst, con l’intermezzo di una doppietta targata Gianluca Vialli, che davanti a sé poteva avere la Cattedrale Artica, la Nordlys in partenza per Hammerfest o semplicemente una porta dell’Alfheim Stadion, lui tirò lo stesso perché non si vedeva ad un metro e perciò tanto valeva provarci. A Tromsø nel 2005 cadde il Galatasaray, nel fango, sotto il diluvio. Segnò l’ungherese Tamas Szekeres, poi nella bolgia dell’Ali Sami Yen una rete in netto fuorigioco confezionata sull’asse canadese Patrice Bernier-Stephan Ademolu completò il miracolo.
3. Quello che non si è avverato la scorsa settimana contro l’Athletic Bilbao. Nei Paesi Baschi a quattro minuti dalla fine Morten Moldskred e Joel Lindpere stavano portando in cielo i ragazzi provenienti dal Circolo Polare Artico. Fernando Llorente li ha riportati sulla terra nei minuti di recupero: 2-3. Nel ritorno in Norvegia poi è mancato il dodicesimo uomo. Il tifo? No, il tempo atmosferico. Una volta a Tromsø si è vista anche una squadra italiana, la Roma. Vinse 2-1. In Tippeliga mancavano due giornate alla fine e la salvezza non era ancora stata conquistata. L’inverno prima alcuni membri del gruppo svedese degli Hoven Droven, chiusi in albergo a contemplare l’oscurità di un normale pomeriggio di gennaio, composero il pezzo “The darkest part of the year” dedicandolo alla città universitaria più a nord del mondo. Quelle note malinconiche risuonarono nei cuori dei tifosi locali nel post-partita contro i giallorossi. Una visita al Level 44 avrebbe raddrizzato l’umore.
4. Squadra e terra di miti a metà, il Tromsø, piccole ruote nell’ingranaggio del grande calcio, persino la Norvegia con i suoi 2500 chilometri di costa è troppo grande per loro. Il già citato Moldskred, la stella attuale assieme al veterano delle aree di rigore Sigur Rushfeldt e al difensore finlandese Miika Koppinen, l’uomo che qualche anno fa fece sudare freddo Josè Mourinho in Champions League, imponendo al suo Chelsea un clamoroso pareggio casalingo contro il Rosenborg; Rune Lange, il primo e unico giocatore del club a vincere la classifica marcatori della Tippeliga (ne segnò 23); Bjarte Flem, portiere para-rigori assoluto protagonista della stagione 1987, quando nella Tippeliga venne introdotto un bizzarro sistema (visto una volta anche in Coppa Italia) che assegnava 3 punti per vittoria, 2 per quella ai rigori, 1 per la sconfitta ai rigori e 0 per quella nei minuti regolamentari, e il Tromsø vinse 7 sfide su 9 dal dischetto; Per Mathias Høgmo, medaglia d’oro a Sindey 2000 alla guida della nazionale femminile norvegese, tecnico che ha completato il passaggio verso “l’età matura”, ovvero un professionismo a tutto tondo (anche a livello di organizzazione societaria), riportando il club in Europa prima di partire per Trondheim e rivitalizzare un Rosenborg moscio facendo assistere i propri giocatori alle conferenze sull’arte della sopravvivenza in condizioni estreme tenute al Lerkendal Stadion da Lars Monsen, avventuriero che aveva percorso a piedi l’intero stato del Canada (8520 chilometri) in due anni e sette mesi. Personaggi di culto persi tra montagne innevate, vento tagliente e luci del nord. No global inconsapevoli, senza rigurgiti violenti e istinti rivoluzionari. Che il mondo intero se lo prenda pure qualcun altro.
(in esclusiva per Indiscreto)

7 commenti:

delgiu ha detto...

Ricordo qualcosa della partita di Uefa contro la Roma, il campo era di colore marrone (si giocava a novembre), la squadra però era competitiva, e lo è tuttore, considerando che si qualifica alle coppe europee abbastanza spesso. Alec, dove piazzi il football (o bold?) norvegese nella classifica del Nord Europa (Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda, Far Oer)?

Alec Cordolcini ha detto...

Allora, visti i risultati (recenti) nelle coppe europee, a mio parere l'indicatore piu' attendibile:
1- Danimarca (di gran lunga)
2- Norvegia
3- Svezia (ma sarebbe quasi alla pari con la Tippeliga)
4- Finlandia
5- Islanda
6- Far Oer

eltopo1971 ha detto...

fantastica quella partita..
ricordo che la beccai per caso in differita la notte..

da lì ho inziato a simpatizzare per il chelsea..

e credo sia una delle partite più belle di vialli.. nemmeno giocava titolare, entrò che il chelsea era sotto..

delgiu ha detto...

Addirittura il campionato svedese è al di sotto del norvegese? Forse però quest'ultimo trae la sua forza vitale quasi esclusivamente dal Rosemborg. In effetti la Svezia manca da tempo dalla Champions League, e i gloriosi Malmoe ed IFK Goteborg sono quasi scomparsi dalla scena mondiale. L'Elfsborg eliminato dalla Lazio non è sembrato malaccio. Concordo decisamente sulla preminenza danese (l'Odense se l'è giocata quasi alla pari col Genoa).

Alec Cordolcini ha detto...

Esatto, nell'ultimo decennio la Svezia non ha mai avuto il suo Rosenborg. Comunque la differenza tra Norvegia e Svezia, come ho detto, e' davvero minimo. I campioni in carica dei rispettivi paesi, Kalmar e Stabaek, pressapoco si equivalgono.
Pero' nascono piu' talenti in Svezia che in Norvegia; tra le due under-21 non c'e' proprio paragone. Il motivo pero' francamente mi sfugge.

delgiu ha detto...

La codsa che mi lascia perplesso è che la nazionale svedese, pur non essendosi ripetuta ai livelli degli anni '50, è comunque sempre competitiva, mentre la Norvegia ha vissuto un buon momento alla fine del millennio, ma poi sì è mantenuta nel gruppone alle spalle delle grandi tradizionali senza mai emergerne definitivamente. Ciononostante il calcio svedese di club ha veremente perso colpi: iomi ricordo l'AIK Solna in Champions una decina d'anni fa, poi null'altro.

Federico Casotti ha detto...

Provo ad azzardare un'ipotesi,a dir la verità piuttosto semplice: i calciatori svedesi hanno rispetto ai colleghi norvegesi una maggiore qualità che deriva dalle loro molteplici esperienze all'estero. Da sempre gli svedesi hanno facilità di inserimento in Italia, Francia, Germania, persino Grecia e Turchia, mentre i norvegesi hanno sempre visto l'Inghilterra come loro unico sbocco naturale per fare il salto di qualità.

ps d'accordissimo sulla superiorità netta del calcio danese. L'anno scorso l'Aalborg a momenti eliminava il Manchester City in Coppa UEFA... la svolta è arrivat acon la creazione della Superliga e il passaggio dal calendario nordico a quello... mediterraneo