di Oscar Eleni
Rimbalzi romani, l'incontro per la Nazionale, lo stipendio di Repesa, repliche a Sabatini, Jaaber sedato. Voti a Sacchetti, Aradori, Poeta, Di Bella, Shaw, Toti, difese, Pianigiani, disoccupati, Papalia e federazione.
Oscar Eleni dalle quinte del teatro milanese della Scala, intontito dal fumo dei sigari cubani che rilassano il maestro brasiliano Barenboim e non certi presidenti, certi allenatorini, invidioso per il costume di scena del torero Escamillo, felice di sapere che molti tecnici in difficoltà con la gente, con i presidenti, non hanno intenzione di mollare, dimettersi, pronti a chiudersi ancora di più con la squadra in spogliatoio dove, si sa, tutti dicono di esserti fedeli salvo poi dimenticarsi, vedi Roma, che se lasci 17 rimbalzi d’attacco al nemico vuol dire che il cuore oltre l’ostacolo non sei riuscito a trovarlo nel nome della fedeltà e della lealtà. Poca attenzione, pochi marones, poco di tutto, altro che solidarietà al tecnico e, carissimi allenatori, per favore, non tirate fuori dall’armadio la solita frase: “purtroppo in campo non ci vado io”. Il mestiere prevede questo ed altri ostacoli, ma il fatto di non essere sul campo a dirigere obbliga gli interessati a pretendere che gli ordini siano rispettati e questo avviene se ti alleni duramente, se ripeti cento e una volta tutto dal primo movimento degli archi come direbbero i musicisti della Scala quando comincia la Carmen. Tutti toreri Escamillo, alla faccia del disperato Don Josè e del suo coltello.
Pensieri brevi fermandosi alla stazione Azzurra: per l’allenatore ci va tutto bene, part time e full time, ma, per favore caro Pianigiani, caro Meneghin, non veniteci a dire che la decisione sarà presa dopo l’incontro del presidente federale con l’agente del tecnico. No, questa è una cosa che si discute fra uomini che stanno nello stesso campo, che respirano la medesima aria, che amano davvero il lavoro per cui sono persino pagati. Per il contratto va bene l’agente, ma sul resto devono essere d’accordo i due uomini nati da generazioni diverse, cresciuti in un basket che non si assomiglia, gente che anche vedendo i progressi a tempo di certi giocatori italiani si sbrodola e parla di futuro roseo per una nazionale che non ha un regista decente, un pivot di sicuro affidamento, ma soltanto succedanei del ruolo da mascherare con una ferrea disciplina nel gioco, nella difesa, nell’abbattimento dell’ipocrisia sulla famiglia azzurra che stava benissimo con Recalcati.
Per favore lasciate stare Repesa a cui si fanno dire troppe cose: anche lui dubbioso sul part time sussurra di essere per il tempo pieno al cronista che gli ha sparato con pallettoni incatenati quando era alla guida della Roma tenebrosa del Toti disperato, nello stesso momento in cui sembra la sigaraia Carmen pronto a fare l’amore con tutti: lo vorrebbe Treviso, qualcuno pensa che potrebbe ridare una dimensione a Roma, altri sperano che possa aiutarli a guarire, dalla Turchia alla Russia. In realtà Gelsomino Shrek ci manca perché era ed è un eccellente maestro, un grande allenatore per la difesa, per la costruzione di uomini e giocatori come si sente dire in giro proprio dai ragazzi che lo hanno avuto come guida e non date retta ai soliti giullari, ai ragazzi che amano il dolce, ma poi ti dicono che erano pronti a fare come i ciclisti d’inverno, sottoponendosi alla vita dura che impone una preparazione seria. Con lui si deve spendere, ma è giusto che sia così e ci viene il sospetto che anche in serie A, non soltanto nelle giovanili, si vada al risparmio proprio sullo stipendio che conta di più, quello di chi deve impostare un programma, fare un progetto. Tanto per gradire vorremmo far notare che nei Paesi dove ancora si lavora sui giocatori i progressi li vedi ogni giorno: in Croazia anche se sono nei guai con le squadre più forti, in Serbia dove il Partizan, saccheggiato ogni anno, torna ad essere pericoloso dopo tre mesi della stagione europea.
Escamillo e la sua muleta per guardare in faccia i legaioli spezzati che litigano su tutto e rischiano il rogo sul bilancio, dove nessuno ha il coraggio di replicare al solito contestatore Sabatini che se ha ragione va ascoltato subito, ma se ha torto deve ricevere risposte serie non soltanto dal povero Renzi diventato vaso di coccio come i suoi predecessori.
Sul caso Jennings e i suoi prodigi americani dovrebbero meditare quelli che adesso hanno scoperto che Boykins gli tiene testa, che il povero Jaaber gira confuso per Roma dal giorno in cui è arrivata la notizia dei 55 punti del ragazzo che gli doveva fare da riserva. Un po’ come il caso Cassano: prosciugato dalla lotta a distanza con Lippi, deluso da tutto e anche da se stesso appena ha sentito dire che a qualcuno piaceva di più quando non era “ sedato”. La gente fa poca attenzione alle parole che usa e poi non si spiega certe crisi. Esistono per motivi tecnici, ma è la testa che spesso va per conto suo, chiedere in giro. Attenti ai lupi dell’antidoping: per adesso hanno preso soltanto uno della Snaidero, ma in serie A bisogna fare molta attenzione come direbbe Nadal.
Pagelle per toreri:
10 A Meo SACCHETTI che guida il campionato di A2 con la Sassari dalle cento vite e fa sapere che sarebbe stato un buon pilota anche al piano superiore, ma bisogna fare attenzione come direbbero i delusi dal tigre Dell’Agnello immerso fino al mento nella crisi Reyer che sembra un po’ la crisi della “ famiglia allargata” di Boscia Tanjevic: il capostipite sul rogo Ulker, Marcelletti disoccupato, Dell’Agnello, Gentile, che almeno si consola con i bravissimi figli, ed Esposito non felicissimi.
9 Al vorace ARADORI che balla da protagonista in un mondo dove i soliti esagerati lo vorrebbero interessato anche alla NBA, ma per fortuna il tipo va in palestra ogni giorno, anche nelle feste senza partite, perché si è reso conto a Roma, più che a Milano, che soltanto il lavoro paga e beato lui che con Bechi ha trovato un maestro paziente che nei primi giorni, quando il ragazzo pensava di aver fatto un favore a Biella, ha sopportato quell’aria un po’ così del genio incompreso. Poi lui ha abbassato le gambe, la cresta e ora si vede fiorire un bel giocatore.
8 A Beppe POETA che finalmente ha ritrovato il turbo perduto nell’estate dei giocatori tentennanti che amano la provincia dove sono diventati qualcuno, ma sentono il richiamo della grande squadra, salvo poi pentirsi come Vitali che adesso straparla sulle meraviglie romane in contrapposizione alla Cajenna milanese. Non esistono isole della felicità, esistono le miniere dove si lavora d’inverno e d’estate.
7 Al DI BELLA scatenato che non finisce più di stupire, che fa innamorare la gente perché è su questi giocatori, cari presidenti, che nasce la fidelizzazione del pubblico pagante, non degli adoratori delle minchiate. Piace ruvido, piace spontaneo, piace e basta.
6 Al sottostimato SHAW che si è inventato la partita dell’anno per dare finalmente la prima vittoria stagione alla Scavolini. Bravo nella lotta, ai liberi, bravo in tante cose. Un tipo che , magari, la prossima partita tornerà a sparare sui ferri, contro i tabelloni, però dove è andato ha sempre lavorato bene e merita almeno un giorno da primo della ciurma.
5 Al presidente della Lottomatica TOTI che a Porto San Giorgio non ha resistito quando gli avversari, da Cinciarini in su, trasformavano in oro anche giocate impossibili: se l’emotività impedisce di nascondersi meglio stare a casa, tanto lui si è sempre fatto consigliare da chi non meritava neppure di essere ammesso alla portineria.
4 Alle DIFESE ALLEGRE che sono diventate il marchio di fabbrica della nona giornata. Dicono, lo afferma anche il Recalcati bello florido, sereno, pronto al ritorno in battaglia, che la gente si diverte di più, ma non siamo convinti, non lo saremo mai e chi ha segnato tanto farebbe bene a non illudersi perché ogni maledetta domenica, ogni fetentissima partita, l’umore dei tiratori cambia, ma se hai una porta solida allora gli avversari ci sbatteranno contro.
3 A Simone PIANIGIANI che manderà il suo agente a parlare e trattare con Meneghin. Vero che adesso nessuno si muove più senza un legale e un fiscalista, vero che gli agenti hanno visioni non sentimentali sul gioco, vero che anche Messina, Capello o altri come loro mandano avanti il rappresentante che conosce i risvolti legali di ogni trattativa, ma in questo caso saremmo stati più felici se l’accordo fosse nato da una virile stretta di mano.
2 A CAJA, BONICIOLLI, REPESA, BLATT, MAHMUTI, MARKOVSKI, disoccupati eccellenti che vengono utilizzati come la muleta di Escamillo per far eccitare spettatori che non possono dire di amare le loro squadre se torturano allenatori che non ammetteranno mai di essere sulla strada sbagliata. Il campo decide per tutti e l’umore della gente, dicono a Roma come a Milano, persino dopo 5 vittorie, non cambierà i piani concordati quando è cominciata la corsa al secondo posto dietro Siena perché la cosa buffa di questi allenatoroni, dirigentoni è che partono già da rassegnati fingendo di non capire perché le loro squadre indossano così facilmente l’abito grigio degli sconfitti, abiti che spesso costano milioni di euro.
1 Al tenace PAPALIA se non riuscirà a spiegare, prima a Rieti, poi a tutti noi, quindi a Napoli, cosa lo ha spinto ad affrontare questo strano viaggio in una serie A che lo ha fatto partire ad handicap e che vive nel terrore aspettando che vinca anche una partita.
0 Alla FEDERAZIONE che si è fatta trovare scoperta quando sono stati rinviati a giudizio i protagonisti della “sogliola connection” quelli che arbitravano peggio del solito per favorire gli amici degli amici che aspettavano al ristorante. Dicono che, spiegano che, ma intanto hanno fatto annusare il profumo della rete smagliata alla solita barca dei disperati costretti a seguire persino il basket italiano, loro che ne sanno una più del diavolo sulla NBA, loro che tremano aspettando il flop di calciopoli, smaniosi di avventarsi sui peccati degli altri, loro che non sentono e non vedono negli stadi dell’infamia, ma hanno antenne speciali per arrivare dove esiste il male, dove ci si inventa la ginnastica nelle elementari che già c’era, anche se nascosta in aule utilizzate come palestre.
Oscar Eleni
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