di Oscar Eleni
Oscar Eleni che per caso passava dalla montagna dove un gruppo di pastori, vestiti da giocatori di basket, recitavano una poesia Haiku dedicata allo spaventapasseri che piantando la gamba nella piena d’acqua è stato capace di resistere. Non ci è riuscito Nando Gentile che ha fatto benissimo a dimettersi dalla gestione schizofrenica della Lottomatica Roma, per ora sembra riuscirci Dino Meneghin che deve resistere all’imbarazzante capriccio del presidente federale Petrucci.
Che, dicono al palazzo, intorno al Foro Italico, non è più contento dell’uomo a cui aveva affidato la rinascita del basket dopo la ridicola rivolta dei peones che pensavano di mangiarsi Maifredi e poi di poter banchettare come prima sulla tavola di via Vitorchiano. Il Petrucci furioso non accetta la legge del mercato, non vuole un allenatore part time, non gli va bene la scusa dei molti soldi per transare con Charlie Recalcati che se ne è andato con 380 mila euro in saccoccia, rinunciando ai 170 che gli spettavano per un contratto firmato obtorto collo direbbe il latinista presidente del Coni.
Urlava il fante Bordin, nella Grande Guerra, che si poteva fare il volontario per le palanche, mai per il piacere del generale o del comandante di plotone. Gentile non voleva davvero la patata bollente di una panchina di serie A così importante, si rendeva conto, come capitò al geniale Djordjevic, come succede a tanti, non soltanto a Ferrara o Leonardo, che non basta aver camminato sui grandi marciapiedi dello sport come giocatore capo, come guida sul campo, come braccio della mente allenante, serve un linguaggio diverso, una grande pazienza, il rigore che serve per far rispettare certe regole: un palleggio, non uno di più, un tagliafuori, uno sviluppo del gioco dove chi è senza palla sa dove andare, una difesa mettendoci il cuore e l’organizzazione. Insomma ha tentennato perché se non riusciva un grande come Repesa cosa avrebbe potuto fare lui, anche se i giocatori dicevano che era più simpatico dell’esigente Gelsomino. Poi si è visto come l’hanno ripagato. Toti non gli ha creduto e lo ha spinto in prima linea. Grande festa in borgo sfruttando quello che restava del vecchio lavoro, poi la crisi. Questo anno partenza quasi buona, ma con tanti segreti da svelare, una volta tolto l’ultimo velo eccolo solo nell’arena mentre il toro caricava. La cosa buffa è che adesso il presidente Toti si trova strangolato dalle correnti del suo gruppo, gente che parla a zero lire, perché qualcuno rivorrebbe Repesa, altri puntano su Attilio Caja che a Roma ha lavorato benissimo anche quando non c’era la disponibilità economica di oggi, un’altra corrente spinge per Zare Markovski, ma presto verrà fuori qualche altro nome. Diteci voi quale può essere il futuro di un allenatore che prende la creatura in mezzo allo stagno e poi dovrà verificare, ogni giorno, se in sede qualcuno non è andato a sparlare di lui.
Poi ci si domanda come fanno a Siena a vivere di prepotenza sul resto del sistema. Se le rivali sono quelle che non sanno fare un passo senza poi pentirsi, perché avere paura? Sarà quarto scudetto consecutivo per la rabbia del Petrucci che spinse Meneghin a fare quello che non si sentiva. Commissario per un periodo breve poteva andare bene, ma poi basta. Niente, il Gianni previtocciolo insisteva, puntava sul prestigio, sulla possibilità di accompagnarlo nei passaggi più difficili, dandogli il radar per individuare i fenomeni del pennino e della carta riciclata, quelli che davanti s’inchinano e poi ti ridono dietro spiegando anche agli uscieri che quello era il presidente, ma soltanto per calmare l’opinione pubblica, perché l’obiettivo era cambiare per non mutare nulla, gattopardi con l’alopecia come disse a suo tempo Ettore Messina quando cercarono di metterlo in mezzo mentre tramavano per non averlo mai fra i piedi. Adesso che è guerra aperta, naturalmente, si preparano ai fuori onda, alla ricusazione del contratto con il socio di Meneghin, indignati per una vicenda che conoscevano bene fin dal primo giorno perché la rinuncia al lavoro doveva pur essere ricompensata e lasciargli prendere un grande professionista non ci è sembrato così sfacciato come ululavano dalla Gazza degli orgasmi su, su fino al Terminillo. La settimana che porta la decima giornata si vive così e vedremo cosa succederà all’Eur dove si annuncia il grande pubblico dopo il rogo dove è stato fatto salire Giordano Bruno Gentile o sfaccimme che non aveva paura di nessuno, ma alla fine ha dovuto inchinarsi.
Oscar Eleni
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