La chiesa di Dan Peterson

di Oscar Eleni
Le ortiche romane e milanesi, la famiglia Melli, il compleanno di Meneghin, la denuncia di Messina, il funerale di McMillen e lo sciopero all'Olimpia. Voti a McIntyre, Cavaliero, Sacripanti, Manero, Rubio, Koponen, Righetti, Boniciolli, Hall, Fortitudo e Vitali.



Oscar Eleni da un posto che non esiste, quello dove si taglia la lingua agli allenatori che trovano fiori dove hanno coltivato soltanto ortiche. Roma e Milano sono le nuove serre della pruriginosa su grandi labbra, quello dove chi legge sembra capire, dove i consiglieri di chi ha sbagliato tanto sono appesi per le palline sul ponte Milvio, sul ponte della Ghisolfa, su ogni ponte dove ci sia la possibilità di leggere oggi, domani, quello che ieri ci faceva godere, ad esempio, nei giorni in cui la Lega era qualcosa di speciale e non questa nebulosa che si fa stangare in pubblico dai suoi associati, che sbaglia quasi tutto, che non comunica, non si commuove, non fa  più tenerezza, a parte i samaritani che ci lavorano dando tutto quello che hanno per avere in cambio ringhi scomposti.
Scoprendo che il male non ti lascia anche se provi a tagliarlo abbiamo provato a farci chiudere nella stanza dei giochi, al sole, scegliendo il giallo ravvivante con accenti al color gelato, vaniglia o lampone, aggiungendo blu navy e blu ceramica, anche se, dicono, sarebbe bello svegliarsi al mattino in una stanza dove non vedi i fantasmi di Proli, Bottai, Papalia, degli arbitri infelici, dei giocatori italiani sostenuti da Petrucci, ma non più dai poveri allenatori che puntano su di loro, speriamo che Pianigiani cambi il mondo intorno a noi, dove non senti cazzate sui prossimi ragazzi da mandare nella NBA se nell’elenco del Poz ci mettono Mancinelli e Poeta, su Aradori  muovetevi più piano, dove non tutti quelli che dovrebbero cambiare il nostro destino di nazionale con la quarta fascia scritta in faccia hanno il colore del Crocus e delle Primule che abbiamo visto sul volto di Nicolò Melli. Che la fortuna lo salvi dalla piaggeria, che sia protetto bene dalla famiglia, gente tosta, madre americana, argento olimpico di pallavolo, padre a gomiti larghi come quando giocava, che la testa, una bella testa, gli serva per schivare la slavina dei leccaculi che ai talenti prospettano soltanto veline, auto veloci, serate in discoteca, agenti sbrodoloni, un confuso misto di colori fasulli quando invece a questa generazione nuova servirebbe l’avorio, il color menta vivace o il verde felce da accarezzare con pennellate color pesca.
Anatemi del giorno, nel sessantesimo compleanno  di un presidente federale che si chiama Dino Meneghin. Sulla solita torta federale, crema acida, scaduta, ha trovato di tutto e non soltanto il Barnaba che dal ponte dei sospiri ascolta il messaggio dal minareto degli ottici: fatti sentire, urlano al navigatore pugliese, contano i dirigenti, non gli allenatori, quelli, se gli va bene, si prendono un ricco stipendio e trottano nella direzione che diciamo noi. ( Recalcati è vero?, o lo dicono soltanto perché se sceglieranno lui come futuro presidente sono convinti di riavere gli stessi locali  dei giorni oscuri?) Loro pensano così dai tempi di Tanjevic, noi pensiamo così da quando abbiamo capito che con la Nazionale vai a sbattere anche se sei bravissimo. 
Chiedere a Messina, che pure era protetto da grandi dirigenti, vi bastino Petrucci e Porelli come garanzia, giganti veri in confronto a questi pigmei, Meneghin e Bonamico esclusi, si capisce, nei giorni dell’europeo in Germania, quello dove il nostro Tancredi si rovinò le notti pensando che con Azzurra manca il potere di coercizione che esiste in una società ben organizzata. Lo disse in faccia tutti e oggi lo dimentica spesso il Pittis che confonde ancora McAdoo con il resto degli americani d’Italia, pur sapendo che si rivolgeva anche a lui. Non pensate subito a Roma per  mettervi a ridere. Caro Simone sarà così anche per la tua Nazionale, ma se bisogna affondare, lo diciamo al presidente sessantenne, all’allenatore quarantenne, allora fatelo da grandi quali siete: una botta al muro, avanti diritti, pazienza se intorno ci sarà il deserto dei sorrisi, se i professionisti di un gioco che Rubini chiamava ruba pennino si raduneranno in sala mensa per contare i voti del  dopo Londra. Quelli non cadono mai, ti fanno terra bruciata intorno e ti silurano. Succede in ogni organizzazione mal nata. Bocciarono persino Rubini, persino Porelli, non hanno voluto Bulgheroni, fanno finta di non sapere che esiste nel giardino delle pensioni attive un certo Dorigo. Schivano tutto, dopo aver mandato fuori dal loro bosco morto quelli che potevano ridargli la vita. Invidiosi al potere, nullafacenti sull’aia dove gli altri fanno balli celtici e loro si tolgono il pidocchio dell’incapacità, convinti che non abbia lasciato le uova. Chiudeteli nel bagno e buttate via la chiave. Non succederà. 
Così come non avremo il ritiro della Napoli poveraccia dal gioco dove il Papalia ci fa sapere di essere comunque un laureato, anche se alla Bocconi di Milano spiegano che giurisprudenza non è certo una delle loro specialità, meglio, negano che esista. Studiare bene Dan Peterson che non vuole guardare chi porta a spalla la bara di John McMillen dentro la chiesa bolognese dove lo hanno salutato quelli che gli volevano davvero bene, erano tanti, pazienza se altri hanno preso scuse banali per non esserci, accadde anche quando portarono via Riccardo Sales. Lo interroghi con gli occhi e lui si perde verso via Ugo Bassi. Risponderà soltanto sull’auto di Tony Cappellari tornando verso Milano: ”Se non guardi quando portano la bara puoi sempre illuderti che non sia accaduto niente. Io la vivo così e John resterà sempre con me. Era più di un figlio. Perché non sono entrato in chiesa? Perché mi è bastata la rabbia accumulata sentendo quel prete che parlava del Barone Sales senza saperne niente. No, quando me ne andrò io la camera ardente la farete al Palalido, mi va bene anche la secondaria. Fate parlare chi volete, nel bene e nel male, ma dite chi ero e non fermatevi al numero dei caffè mai offerti”. 
Grande Dan, ma sul sogno Palalido, che passerà in gestione al gruppo gnocco fritto e tigella appassita, siamo pessimisti perché nella Armani nova, quella che  si fida di tutti, basta che vengano da fuori, meno di quelli che hanno fatto davvero grande la più titolata delle società, il nome del grande capo indiano con origini irlandesi non viene preso in considerazione. Lo abbiamo capito quando avrebbe dovuto presentare Jura al suo vecchio popolo. Stranezze della vita. Lo capiranno in futuro Repesa, Boniciolli, lo stesso Lino Lardo, magari Bechi e Capobianco, forse  anche Pianigiani appena troverà sulla strada una mina blaugrana come quella delle settimana appena trascorsa al cimitero del basket italiano cacciato dall’Europa. Non esiste la memoria, quelli guardano in cagnesco persino Gamba che sulla Repubblica dice spesso la verità e, molto più spesso, si commuove ancora vedendo quei colori, perdonando tutto, fingendo di non capire che certe cose non cambiano se fai la faccia di quelli duri, puri, di quelli bravi sul serio e dentro sei un rispetta come direbbero alla Bovisa. Manca la comunicazione interna a Roma, come a Milano.  Quella esterna la garantiscono benissimo la ragazza Mei e Mantica, ma dentro, fra i giocatori, c’è un gelo che non si può nascondere mangiando insieme al cinese, all’Emporio, dalla sora Lella, dal buiacaro. Ve lo immaginate Hall in sciopero nelle mani della squadra di Peterson? Riuscite a pensare come sarebbe uscito dallo spogliatoio Crosariol dopo aver urlato contro il suo compagno Gigli che gli “rubava” due punti, convinto, come tanti, che quel tiro asfittico non avrebbe trovato il canestro? Ecco dove esiste la malattia. Cambi il vestito, provi a truccare tutto, ma la pelle resta quella e certi giocatori non andrebbero mai incoraggiati ad essere più brutti di quello che sono. Eppure lo fanno in tanti e ora aspettiamo di capire come Meneghin e Pianigiani risolveranno il “ni” alla Nazionale dei tre americani che hanno  consigliori NBA, ma anche in Italia, gente che ricatta: loro vengono se ci saranno nella quadriglia quelli che diciamo noi. Speriamo non sia così.
Pagelle e andate a friggervi sul lago dove l’aurora boreale vi fa credere che vivrete per sempre nel cuore degli amici e anche degli sciattoni che neppure allungano la mano unta per paura di essere smascherati.
10 A Terrell MCINTYRE che tuffandosi sul campo di Cantù, avanti di oltre venti punti, sconvolge l’orianone in rosa, il più fanatico dei sostenitori di Boston e quindi dello stile Bird, così distante dallo stile dei giullari fanfaroni che invece sono nei suoi sogni giornalieri. Siena non è quella che è soltanto per un fortunate combinazioni astrali. Devi leggere nella testa della gente prima dio prenderla, poi farai la tua squadra vi direbbe Stonerook che, non per caso, si teneva lontano da Azzurra.
9 Al CAVALIERO testa fina  che ha piantato una banderillas sulla schiena della mucca carolina Armani, ricordando che lui doveva rimanere in città, che lui ha mani piccole, ma cervello grande come dicevano i suoi allenatori quando è nato.
Al Pino SACRIPANTI che tiene Caserta nel cielo alto se riuscirà a non soffrire troppo scoprendo che a Pianigiani piacciono di più altri tipi di allenatore. Può accadere. Chieda in giro e non soltanto a Boniciolli che in questa settimana di purghe avrà già pensato a mandare dolci a chi proprio non lo può vedere.
7 Al Tony MANERO di Montegranaro che commosso è andato verso Lechthaler per abbracciarlo, per fargli sapere che se resisti in campo, anche con 4 falli, hai già fatto un passo avanti per diventare quasi giocatore. Ci voleva fede per resistere, ci vuole fede per stare ancora in sella dopo aver letto che a Porto San Giorgio la Sigma, che pure ha battuto Milano, ha avuto un incasso di 8000 euro. Roba da pallavolo minore.
6 A Ricky RUBIO, meraviglia del Barcellona e della Nazionale spagnola, perché ha rifiutato la NBA del basso impero, perché ha voluto godersi le ramblas e non i fast food, perché impara ogni giorno qualcosa per diventare uno a cui la NBA chiederà davvero di accettare una buona offerta e in una buona squadra. Magari giocasse con i Knicks del futuro, non certo in questi che sono da angoscia. Guardare tipi come lui è il consiglio che diamo a Nicolò Melli, felici che abbia deciso di andare in palestra alle 6 del mattino per combinare bene scuola e basket. Un tempo a Trieste si inventò la cosa il Boniciolli e lo stanno ancora perseguitando.
5 A Petteri KOPONEN che migliora dopo ogni partita, che ha trovato un ruolo, che ha trovato una dimensione giusta, che, purtroppo, andrà avanti così fino ad agosto quando ce lo troveremo contro nelle qualificazioni all’europeo e qualcuno urlerà che non possiamo allevare noi i giocatori che poi, con gli altri, ci faranno del male. Basta cercare la gente giusta per i giocatori giusti.
4 Ai RIGHETTI della situazione che non trovano più un posto dove giocare. Sono italiani, sono stati azzurri, hanno fatto anche bene, ma adesso sono fuori da tutto, persino nell’emergenza stanno a guardare eppure sognano di tornare indietro. Questo è il sistema, ma per fortuna ci sono ancora in giro tipi come Fucka che, come i gatti, sanno dove trovare conforto: un amico allenatore bravo come Moretti, un posto dove c’è entusiasmo come Pistoia. Sì, in A2, ma cara gente quello è il campionato dove si sta meglio e dove non devono sorbirsi un giorno sì e l’altro pure l’anatema del Sabatini che vuole davvero vestirsi da Sansone nel tempio dei filistei che lui stesso ha puntellato ogni volta che voleva mandare via un presidente scomodo.
3 A Matteo BONICIOLLI  per la gioia di chi non vedeva l’ora di trovarlo impiccato, ancora una volta, nel posto giusto al momento sbagliato. Dire che Roma è bene organizzata, anche da aziendalista, fa ridere, dire che bisogna salvare il soldato Totti ha un senso se, prima, allo stesso soldato si dice la verità e soltanto quella.
2 A Mike HALL che secondo il suo presidente Proli è stato davvero fastidioso sul campo di Montegranaro. Sarà stato l’unico davvero fastidioso in quel gruppo dove in molti vanno per la tangente, una enormità pensando al cambio quasi totale della squadra rispetto all’ultimo anno?
1 Alla FORTITUDO Bologna prima in classifica nella A dilettanti perché ogni volta che pensiamo a questo bene popolare svenduto e perduto ci viene la nausea, soprattutto dopo aver sentito, da gente che non imbroglia sugli affetti e su certe cose, un bollettino dei disastri fin troppo accurato che porta verso il fallimento. Gente di piazza Azzarita è l’ora dello sciopero da incatenati, è ora di cercare uno che sia disponibile a soffrire con voi. Non accettate il verdetto dei ragionieri e degli insolventi.
0 Agli ITALIANI della LOTTOMATICA, la speranza del Petrucci che considerava coraggiosa la scelta di Roma confondendola con quella di Treviso, perché sul campo della Virtus li avete potuti pesare e valutare, perché fra di loro scorre il veleno che non si nasconde su una vettura capace di frenare da sola davanti all’ostacolo. Quelli non hanno dentro niente, cominciando dal Vitali che, come a Milano, vorrebbe sempre cavarsela pensando di essere incompreso, lui che ancora si illude di passare inosservato se fa lo spettatore in difesa. Non è questo il problema. Conti quanti amici veri si è fatto da Montegranaro in poi e tiri le somme, senza illudersi che la gente sia minchiona e non sappia dove metterlo nel presepio delle squadre sbagliate.
Oscar Eleni

1 commento:

nanomelmoso ha detto...

NOn sempre capisco tutto perchè la prosa del signor eleni è spesso criptica.
Quello che capisco è che milano non è una squadra e nemmeno un'accozzaglia di campioni sono solo 12 giocatori con una maglia gloriosa che cercano di giocare a basket sognando di essere campioni ma non comprendendo di essere manovali con poca fantasia.