S'io fossi foco

di Oscar Eleni
La finestra di Paola Porelli, gli orgasmi NBA, il rimpianto per i cacciati, gli italiani di Roma, i tre che diranno no, la coppa dei veleni e la spiegazione di Esposito. Voti a: Michelori, Brunner, Galanda, Childress, Magnoni, Dal Pozzo, Sidoli, D'Antoni, Bargnani e Crosariol...

Oscar Eleni ai piedi della scalinata Potemkin nel cuore di Odessa, vedendo la carrozzina di Ejzenstein scendere inesorabilmente verso il mare del silenzio, quello dove vorresti immergerti cercando l’abisso che serve per isolarti dal dolore. Paola Porelli che ha cercato in tanti modi di farci dimenticare la storiella sui chirurghi con mano dolce, ma pensiero debole sulla filosofia dello stare bene senza i pezzi del tuo corpo che si sono presi, ha deciso che senza l’avvocatone non aveva quasi più senso guardare persino i nuovi ragazzi della sua famiglia Virtus. Con l’ironia di sempre ha deciso prima di chiudere la finestra sul mondo, poi, dopo aver salutato i fedelissimi Matteo, Mario, Lorenzo, ha deciso che aveva voglia di andare a scoprire se anche in un’ altra dimensione, deve esserci un pianeta Porelli dice la scienziata Margherita Hack, il suo Gigi Torquemada aveva trovato il modo di macchiarsi la cravatta, la camicia, la giacca, il maglione, urlando al capo degli angeli, o, magari, anache al capo dei diavoli, che la macchia è libertà. Ma dai, Gigi, non vedi che state esagerando con la vodka di Odessa, guarda la camica, guarda che macchia. Nando (lui la chiamava così dopo aver confessato che quando si erano incontrati gli piaceva quella grinta in sorriso con velluto) non mi rompere, le camicie si lavano, le giacche si puliscono, ma vuoi mettere come si sta bene quando si è liberi. Va bene, cara Paola, si prenda pure le nostre lacrime da coccodrilli di palude e vada avanti a sentire se l’Avvocato ha già deciso che la prima suite sul mare della tranquillità la daranno sempre a voi. Noi siamo ancora nell’isola di chi vola sospeso, preoccupati che Dan Peterson, questa volta, si rialzerà con fatica perché adesso abbiamo scoperto che all’Avvocato doveva tutto, lo rispettava, lo seguiva, lo considerava il suo guru in eurolandia, ma era nel collegio famiglia della Virtus, quello che era scuola di vita ed aveva una regina come madre di tanti ragazzi in viaggio senza sapere dove sarebbero andati a finire dopo la gloria sportiva, dove lui, viaggiatore avido di capire altri mondi, partendo da Evanston, si sentiva protetto, dove ascoltava la musica di parole che ora non ci saranno più.
Con questo stato d’animo, sapendo che la Virtus sarebbe andata ad un partita farsa in quel di Napoli, senza che molti si potessero accorgere del lutto che aveva sulle maglie, ci è venuta la rabbia del contradaiolo senese della Civetta, quel Cecco Angiolieri che se fosse stato fuoco avrebbe bruciato lo mondo. Lo prendiamo in parola e lo preghiamo di aiutarci a fare la stessa cosa adesso che abbiamo scoperto sulla Gazza dei coriandoli che tira più una farsa NBA di tutto questo campionato al traino di Siena che ora si sente accusare anche di essere la rovina per gli altri, da quando, sono 4 anni, vince e lascia soltanto qualche briciola, ma anche di se stessa perché, dicono i soloni, non avendo competizione seria nel suo campionato poi è impreparata al basket fisico dell’eurolega dove adesso svernano arbitracci da colonna infame. La Gazza degli orgasmi ci fa tenerezza, ma ricorda tanto il povero basket che fa di tutto pur di non affidarsi a gente competente della materia: dopo Cannavò un bel filotto con direttori che non vengono dallo sport. Tanto, dicono, quelli dello sport si accontentano di tutto se hanno sopportato certa gentaglia, se ridono con Severgnini, e se hanno beatificato persino Biscardi e le tragiche maschere proposte nel tempo.
Anche questa pallacanestro italiana, che finge di rimpiangere dopo averli scacciati, combattuti, ignorati, umiliati, i Porelli, gli Allievi, i Bogoncelli, i Bulgheroni, i Dorigo, i Parisini, i Cappellari, i Giancarlo Sarti, i Crovetti, i Peterson, i Rubini, i Tracuzzi, i Corsolini, insomma questo nuovo generone di furbetti del quartiere, ha una grande abilità nel promuovere chi non ha quasi niente da proporre nel torneo delle idee. Se fossimo foco dovremmo bruciare chi pensa di animare uno spettacolo sportivo, una partita importante, mandando musica al massimo volume, inventandosi per la centesima volta, la formula al di là e al di sopra del gioco. Tutta gente che va in uno spogliatoio, prima di partite determinanti, di spareggi, urlando ai giocatori “ mi raccomando, concentrati”. Roba da ridere, da impalamento, ma così vanno le cose.
Se fossimo foco bruceremmo il contratto dell’Armani con Mike Hall, ma anche con chi lo ha preso e lo protegge, manderemmo sul rogo chi si è inventato l’insulto per l’ex di turno, Cotani preso a pernacchie nella Biella dove era convinto di aver lasciato qualcosa, Boniciolli insultato dalla stessa Avellino che gli aveva promesso monumento equestre dopo la vittoria, l’unica nella loro storia, in coppa Italia. Bruciare chi ha convinto Pianigiani ad accettare questa Nazionale perché ogni volta che vedi i candidati all’azzurro ti viene un freddo nelle ossa da gita in Groenlandia in maniche di camicia. Meno male che il presidente del Coni Petrucci è a Vancouver per ballare quando il segretario Pagnozzi canta nella casa Italia così accogliente, perché non sapremmo spiegargli cosa succede a Roma quando ha tutti gli italiani disponibili: nel bosco di Avellino, davanti ai lupi di Pancotto, i ragazzi d’oro hanno fatto strage di 4 in pagella, ma, si sa, loro sono superiori, poi vanno a parlare con i sostenitori della scuola italiana dell’obbligo e si rasserenano.
Noi ci teniamo ancora stretti a Basile, Marconato, Galanda, Mordente, Michelori, Di Bella, ma sappiamo che non andremo lontano neppure con il loro modo di vivere questo sport, pronti a scommettere che in agosto non vedremo in Italia i tre della NBA. Da cosa lo abbiamo capito? Istinto. Animalesco istinto, ma, come dice Ettorre Messina che è già in quaresima sulla pradera di san Isidro, inutile mettersi fuori dall’aeroporto con il cappello in mano e la limousine pronta per giovanotti che già si divertono nell’atmosfera della notti stellate NBA.
Se fossimo fuoco andremmo ad Avellino per scaldare una coppa Italia che sembra nata focomelica, fra sorteggi sospetti, con un programma demenziale, con alleanze che diventeranno odio appena le luci saranno spente. Se fossimo foco diremmo ai senesi di respirare profondo e di regaralarla questa coppa Italia, così avremo l’illusione che chi comanda nella città dei canestri ha deciso di scegliersi sfidanti con la goccia d’oro. Non è così anche se Caserta rappresenta qualcosa di speciale e non soltanto perché dopo 19 anni è tornata vincere sul campo di Milano dove con la maglia taroccata Olimpia giravano i fringuelli dell’ornitologo Bucchi, del tenero Livio Proli che sembra soffocare quando intorno c’è soltanto il sottofondo del bisbiglio di chi sfrutta le fasi morte di una partita per poter parlare con il vicino chiedendo quasi sempre la stessa cosa: ma sono davvero i secondi o i terzi del campionato quei tipi lì con la casacca Armani?
Certo che lo sono, anche se le rivelazioni dell’anno sono a Caserta e a Montegranaro,in attesa di capire tutto il resto mentre Boniciolli finge di essere diventato capo minatore con anima dolce dopo lo schianto di Avellino, il magone irpino, dove Repesa chiede scusa ad Esposito, il Vincenzo che ha scoperto di odiare i giocatori simili a lui e ai suoi amici più cari di un tempo che fu, perché ha scoperto dal Diablo, allenatore in Trento, che il male vero del basket italiano sono gli allenatori stranieri. Lui è l’unico rimasto, è rientrato in corsa, ma non sapeva di aver avvelenato la fonte. Confusione di Vicienzo? Conufusione del cronista coriandolo che non ha neppure fatto notare il peccato di voce? Forse si riferiva agli stranieri che, come uccelli di rovo, passano, lucrano e migrano. Volete anche le pagelle? Peggio per voi.
10 Al MICHELORI che ha sdrumato il povero Mike Hall, che ci ha messo tutto quello che aveva per ricordare bene chi era e cosa avrebbe potuto dare prima di scontrarsi con mastro volpe nella Milano con memoria, non quella astiosa di oggi dove un piccolo borosauro affronta ex giocatori, negandogli omaggi, con la domanda: ma tu cosa hai fatto per l’Olimpia? Quelli, sbalorditi, umiliati, indicano le due stelle dei 25 scudetti sulle maglie, quello non capisce. Avevate dei dubbi? Chiedere all’ufficio turistico modenese.
9 Al BRUNNER di Montegranaro che avrebbe fatto davvero comodo a questa Biella in caduta libera. Sono tipi come lui, come il Rocca sano, come Kenney, come Sojourner che resteranno per sempre nel cuore, come Raga festeggiato nel suo ritorno a Varese per il Ponte del sorriso.
8 A GALANDA e CHILDRESS che hanno pilotato Varese in una vittoria fuori casa che potrebbe valere oro, che è diventata sollievo per il dolore del Gianfranco Castiglioni che al basket andava sempre con il suo fedele Diego che adesso lo ha lasciato solo.
7 Ai MATURI BASKETTARI di Magnoni e Dal Pozzo che hanno deciso di radunarsi nella terra magica di Castrocaro, il feudo dell’indimenticato Battistini che ai tenori cani consigliava il pareggio quando stonavano nelle albe vincenti, adesso ne troverebbe tanti fra i dirigenti dell’italbasket. Appuntamento ad Aprile. Speriamo di farcela proprio tutti, potrebbe essere l’occasione giusta per i riconoscimenti dei nuovi entrati nella Hall of Fame dopo le rinunce ad Avellino. Affidatevi a Raffoni ed avrete qualità e affetto.
6 All’indomito ex arbitro SIDOLI che ha portato a Quattro Castella gente nobile da premiare, gente giusta, ma il suo capolavoro è stato quello di essersi ricordato del Pedro FERRANDIZ hidalgo gentile, raffinato, intelligente, ex rivale del suo amico Rubini quando era al Real, l’uomo che nel museo di Alcobendas ha la storia di questo sport.
5 Ai TRUCIDI che vorrebbero impedirci di celebrare il campionato italiano dei filippini, quello vinto dal gruppo di San Felice, Milano zona Forlanini, città giardino dicevano una volta, forse lo dicono ancora, sul mitico campo bolognese dello Sferisterio, quello del basket femminile ai tempi di Baratti, quello dell’epopea legata al Civola.
4 A Mike D’ANTONI un po’ perché i suoi KNICKS ci fanno passare delle brutte notti, ma anche per non aver dato nessuna assicurazione sul Gallo azzurro. Che fosse imbarazzato lo si è capito nella scarna storia americana del duo DAN e DINO. Mondi diversi, come quando erano re di Milano, magari si stimavano, ma non era proprio uguale la condivisione della vita intorno al gioco. L’unica cosa che li univa, sempre, era la voglia di successo.
3 Ai CRITICI che hanno trattato male l’ultimo lavoro di Federico MOCCIA, l’artista che ha legato il suo marchio AMORI alla Fortitudo sempre in pericolo di estinzione se tutti i suoi innamorati veri non faranno un assemblea permanente con il responsabile dei tifosi Pellacani per arrivare alla soluzione antifallimento. Soltanto per questo gesto tutto quello che scrive, canta, produce, merita dieci.
2 Ad Andrea BARGNANI che per spiegarci la nuova dimensione raggiunta con i Raptors racconta in questo modo la scoperta della serenità: “ Io tiro appena vedo luce, se segno bene, altrimenti pazienza”. Già.
1 Al CROSARIOL che sul campo di Avellino cercava di far capire a tutti, meno che all’allenatore, cosa gli stava passando per la testa mentre gli avversari passavano sul suo fantasma. Certo era impegnato nel famoso ciapa no esoterico con Vitali poco vitale, con Gigli poco candido, con Datome vicinissimo a dacome?, con Giachetti rimasto senza alamari sulla spalla che faceva male ogni volta che giocava male.
0 Alla LEGA come premio speciale per la coppa Italia che sta per partire. Mettere le due squadre campane alla prima giornata, lasciare il vuoto per la seconda, è un capolavoro che qualifica tutto il resto, calendari, soste, orari, accidia nel caso Napoli, ignavia in tutto quello che avrebbe dovuto essere il bene comune.
Oscar Eleni

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