Piume di struzzo

di Oscar Eleni
L'acqua di Castrocaro,  l'Olimpiade di Velluti, la spalliera di Cardaioli, lo stile di Pieri, le ceneri di Repesa e l'albero di William Boselli. Voti a Galanda, Puglisi, Perdichizzi, Recalcati, Scariolo, Jumaine Jones, Meneghin, Caja, Mascellani, Bechi, Capobianco, Bianchini, Peterson, Mabel Bocchi, Frates e Banchi.

Oscar Eleni dal museo dell’uomo nella Terra del Sole, dopo aver brindato, nei saloni liberty del grand hotel di Castrocaro, a generazioni splendide di grandi giocatori che sapevano anche navigare nella vita dicendo cose intelligenti. Terra del Sole, ma anche della pioggia per non aver visto tanta gente che non ha voluto rivedere amici e ricordare storie di vita in comune per pura micragna, avari da sempre, per pura pigrizia, una malattia ben nota nel campione sportivo che ha bisogno di essere accompagnato ovunque e, con il passare del tempo, come direbbero certi agenti che vanno a perorare la causa del giocatore poco impiegato, anche al bagno. L’acqua di Castrocaro avrebbe fatto bene a tutti questi personaggi, mentre noi ci divertivamo brindando con il vino di Paolo Magnoni nel ristorante sbagliato, mentre si faceva festa con il gruppo Gorizia, da Tatum Zollia al Baudson che non lascia mai soli i campioni che una volta andavi a vedere pagando come diceva l’emozionato Tony Cappellari ancora rapito davanti a Gianfgranco Pieri e alla Pierisa, belli, perfetti come nei tempi della gloria.
Giornata per mettersi piume di struzzo, fingendo di essere stati davvero sui loro stessi campi, ma non era così: noi fuori, quelli sul campo del tormento e dell’estasi. Quelli veri andavano dall’ingegner brontolo Geminiani, al Maldini che la fede Fortitudo porta ovunque, dal ritardatario cronico Guido Carlo Gatti all’arguto Bertini che illumina qualsiasi tavolata, dal professor Velluti, primario di ortopedia a Cagliari, uno che nel 1960 poteva andare alle Olimpiadi di Roma come cestista e come saltatore in alto, anche se poi la stessa politica che oggi frena e frega, lo lasciò fuori dal gioco come la signora anestetizzata a metà che non voleva operare perché troppo grassa, all’elegante Spinetti, dal vulcanico Falcomer che crede giustamente nel progetto Stella Azzurra, al marchese Dal Pozzo che vive d’arte con la sua compagna svedese di Lund, ma che ci fa anche incazzare con questa storia della caccia, dalla coppia Sarti che ha fatto sobbalzare lo splendido Nane Vianello perché la moglie di Giancarlo non poteva credere che ad andarsene fosse il più vivace di tutti quando il marito gli ha raccontato che era morto Vianello, senza aggiungere il nome del grande Raimondo.
Festa nel borgo dove la nostalgia di Raffoni diventa struggente quando organizza a Castrocaro nel regno del Battistini che avrebbe saputo accogliere alla sua maniera gli arbitri guidati dall’elegante Morelli, il gruppo toscano con Baldini che doveva sempre tenere a freno il Duranti e il Vitolo che non dimenticano il passato, ma sono furenti anche con il presente, stupiti che oggi non si trattino tanto male arbitri che a loro proprio non assomigliano come ci fanno vedere i buonisti di Sky guidati da San Francesco Casalini che ha deciso di parlare agli uccelli e alla natura di chi non sa interpretare le regole più gaglioffe. Tavoli nobili con Angelini, Barlucchi e il Tigre Mauri meno vivaci del solito, con lo sguardo triste nel non vedere gli amici di ieri, tavoli immensi come quelli del gruppo Petrarca, tavoli di gloria dove sedevano Corsolini e Cardaioli, l’unico capace di sedersi per ascoltare la storia bellissima del maestro Flamini che portò i ragazzi della parrocchia nel regno del Petrarca e poi dalla quarta alla prima serie. Ci voleva orecchio per non distrarsi davanti alle storie dei grandi di ieri che ancora folgorano Cino Marchese da Valenza Po, uno nato per organizzare, per creare, per insegnare strade anche se poi qualche suo allievo sballa e va a calpestare le uova dove non dovrebbe, ma questo succede in società dove manca la spalliera come dice il Cardaioli della Selva che riconosce a Pianigiani tantissime qualità ben protette da una grande società, cosa che al momento non possono dire altri allenatori. Tavoli della curiosità e dell’amor sovrano dove scopri in Justo Bonetto, chimico, alimentarista che garantisce per il gruppo Rana e per le chianine in estinzione, genio, naso importante, giocatore sublime, conversatore vivace, uno dei trecento “casanovisti” del mondo, associazione nata ai Piombi, gruppo speciale che studia il grande amatore, che conosce ogni riga del diario appena scoperto, uno che sa raccontarti le storie del Petrarca con dolcezza, ma anche quelle della Virtus con un tocco speciale dando voce anche al Pellanera che preferisce tacere anche oggi se ti manca la verve di Lombardi, ma soltanto quella. Bonetto davanti a Pieri con la stima di allora: “ per me lui era come i russi, ci sbattevi contro, non combinavi mai niente perché era troppo bravo”.
Pieri e la sua storia fatta di stile e di qualità tecniche che hanno preduto di anni certe rivoluzioni nel settore guardie, che celebra persino la iota della Pierisa, che ricorda bene il suo passaggio da Trieste a Milano camminando fra i profumi speciali della Forza e Coraggio dove Rubini minacciava i suoi grandi del Borletti che non tenevano il mulo, pazienza se erano fenomeni come Stefanini o bravi giocatori come Forastieri. Pieri e la sua regola che non arriva certo alle orecchie di molti di questi giovani protetti da tutti, ci è capitato di leggere cose buone sul Vitali non compreso a Siena, strano, alla Virtus, più facile, a Milano, ma a Milano capiscono soltanto il linguaggio al cloro del Lido, persino a Roma dove, secondo Viperignu Costa quando lui è in campo spesso vincono, salvo le 12 partite perdute sulle 25 del campionato, salvo tuttte quelle di Eurolega, salvo la serata burlesca contro Varese.
Scusi capitano come faceva a fermare i più forti? Studiando i loro pregi, perché così imparavi anche tu qualcosa, studiando i loro difetti perché li aspettavi dove sapevano di essere più deboli.
Troppo elementare cari Watson della panchina che state brindando alla domenica delle ceneri del Gelsomino Repesa che all’unidcesima di ritorno ha trovato i funghi velenosi che gli erano stati serviti il giorno in cui a Treviso hanno deciso di dare la colpa a Vitucci per aver preso gente fasulla, gente fragile, gente che non merita certo gli stipendi di casa Benetton. A proposito al Lefebre combattente della vita, un genio per tante cose se decidesse di non perdere la salute e la vista sulle storie fasulle di giocatori che non faranno mai squadra, gli ricordiamo che anche Tony Cappellari alla Fortitudo appese al muro della sua cella ufficio l’intervista dove Giorgio Seragnoli, spinto nelle tenebre da veri nemici travestiti da amici, metteva tutti alla berlina, un po’ come fanno certi presidenti e proprietari di oggi senza avere la passione e la competenza dell’unico emiro che vorremmo ritrovare a bordo campo. Furono giornate tremende finite malissimo. Ne tenga conto anche perché il giovane Benetton alla prima uscita è andato oltre l’ostacolo battendoci sopra pure la tibia perché i giocatori non vanno toccati secondo quei tifosi che invece metterebbero alla griglia tutti gli altri, soprattutto quelli che nel tempo hanno dato a Treviso una grande squadra e una grande società. Castrocaro e Mara Corsolini che ha gettato la sua stampella oltre la trincea ed è venuta a vedere i campioni della sua vita, del suo passato. Alla rocca per vedere scorrere il fiume Montone, cercando una idea per continuare questi raduni di maturi baskettari, sapendo che dove si paga verranno soltanto i credenti, dove si fatica a stare insieme ci saranno soltanto quelli che hanno voglia di rivedere il passato senza nostalgia, ma con la passione di ieri perché nel raduno magnoniano abbiamo scoperto una grande differenza fra quei campioni e quelli che oggi credono di esserlo: si affermavano sul campo, ma anche nella vita e non andavano in giro a fare i giullari per qualsiasi pubblicità.
Undicesima giornata che dall’osservatorio di Attila Virag segnala questa graduatoria: 1 Siena, 2 Caserta e Milano, 4 Montegranaro,Virtus, Cantù, 7 Roma, 8 Avellino, 9 Treviso, 10 Teramo, Varese, Biella, Pesaro, 14 Ferrara e Cremona che ora è la prima indiziata per la unica e dolorosa retrocessione. Undicesimo turno dove le piume di struzzo hanno nascosto la natura di squadre che dalla seconda all’ultima in classifica sembrano tutte uguali come anima pendula, travestite davanti all’ostacolo vero: dall’altare alla polvere in pochi giorni, gente che non va oltre i 50-60 punti, gente da prendere a calci fino al primo casello daziario. Pagelle nel nome di William Boselli, il ballerino nell’albero come dice il titolo del libro bellissimo che ha regalato a noi gente di pattumiera cestistica, uno che la malattia maligna ha inchiodato alla sedia senza rubargli quello che è il suo patrimonio: intelligenza, ironia, quel gusto per farti sentire bene anche se lui sta male: “venite a trovarmi. Non mi muovo”. Avrebbero dovuto portarlo a Castrocaro in mezzo a quei giganti che sono il nostro rimpianto perché erano grandi anche nei difetti, nei peccati, perché ancora oggi hanno dentro quella fiamma che la commissione per la casa della gloria dovrebbe esplorare perché le riunioni avrebbero un senso diverso e poi ci risparmieremmo la manfrina di quegli eterni ragazzi che non si muovono se devono pagare di tasca loro e poi si scusano dicendo che è colpa degli altri, dall’agente alla moglie.  
10 A Giacomo GALANDA per aver portato Varese sul sentiero dove stanno le squadre che hanno dentro qualcosa.  
9 A Santi PUGLISI e allo sceriffo PERDICHIZZI, senza togliere nulla alla dirigenza, perché nessuna notizia ci ha reso più felici, in un fine settimana fra i lacrimogeni di risultati assurdi, dove non riuscivi a distinguere il gatto dal topo, del ritorno in serie A, pazienza se è ancora A2, di Brindisi, la città dell’Elio Pentassuglia che a Castrocaro sarebbe stato un pascià, felice di esserci, di pagare per esserci.
8 A RECALCATI e SCARIOLO che giustamente fanno sapere di essere pronti a tornare su una panchina italiana. Il primo perché sarebbe assurdo legarlo al palo della tortura azzurra dove presto porteranno altra gente, il secondo perché ha capito che la Russia sarà anche nuova ricchezza, ma resta pur sempre molto fredda.  
7 A Jumaine JONES perché ci sono giornate dove vedi in campo la differenza fra smaniosi NBA e campioni che quel mondo lo hanno vissuto, anche se mai lo considereremo come il Bob McAdoo di oggi perché fra i due campioni esiste ancora una bella differenza che sfugge forse solo ai Pittis di giornata.  
6 Al MENEGHIN che non si spaventa se davanti al progetto per il campionato di formazione che sembra costare tanto vedrà gli stessi fuochi del Saladino che assedia la Gerusalemme federale. Qualcosa si doveva fare, qualcosa si potrebbe ancora fare e se ci ascolta prima di andare in consiglio farà bene a sedersi con la commissione della” HoF” dove sicuramente ha gente migliore dei suoi consiglieri anche se un Albanesi viene magari snobbato da chi, fra i poveri arbitri, è impegnato nella faida Tola-Colucci, anche se di Santo Versace non si hanno quasi notizie a livello basket.  
5 Ad Attilio CAJA e Jasmin REPESA perché hanno voluto cercare l’inferno quando potevano davvero fermarsi a guardare il mondo sotto di loro. Se andrà tutto male non cambieremo l’opinione su questi eccellenti allenatori, ma proprio perché sono bravi dovrebbero sapere che andare dove hanno seminato altri può far venir fuori vipere da qualsiasi zolla. Meglio allora l’esilio di Spahjia a Valencia dove ha portato intanto un trofeo europeo e un posto in più per la Spagna all’eurolega.  
4 A MASCELLANI, presidente di Ferrara che adesso dovrà spiegarci da dove è venuta fuori la vittoria di Cantù se l’allenatore era lo stesso che lui ha messo in graticola dal primo giorno.  
3 A Luca BECHI e Andrea CAPOBIANCO risucchiati nella lotta per il premio delusione dell’anno proprio nella stagione in cui avevamo preso come esempio positivo per costruire società importanti dai dirigenti di Biella e Teramo. Fateci il piacere di chiudere almeno alla grande.  
2 A BIANCHINI e PETERSON che avremmo voluto vedere a Castrocaro perché a quel raduno avrebbe voluto partecipare persino il nostro Caro Boscia che da Istanbul ammette di non aver ancora trovato una difesa giusta per mandare nel bosforo la chemio.  
1 A Mabel BOCCHI, ex grande giocatrice di basket, che secondo Guido Carlo Gatti, non ha saputo radunare le mature baskettare per portarle nella fortezza medicea di Castrocaro o, almeno, nella chiesa di Santa Reparata. Certo El Gato non dice sempre tutta la verità, quindi si attendono sviluppi sulla vicenda perché il quarto raduno è già in cantiere.  
0 A Fabrizio FRATES e Luca BANCHI che per vie diverse hanno cercato di passare come vittime dopo la lite, mani addosso, che li ha visti coinvolti nel dopo gara fra Montegranaro e Siena, un passo avanti nella storia della Mens Sana che si era abituata a sentire soltanto i lamenti dei poveri dirigenti avversari e di qualche allenatore visionario alla Boniciolli o Markovski. Cari amici vi conosciamo bene, sappiamo che avete sangue nelle vene, che siete gente verticale non come certi millantatori di ieri e di oggi. Dite la verita. Vi state sulle balle e appena potete ve lo dite in faccia anche con qualche frontino paliesco. Non fate le vergini dai candidi manti. Ci piacete per quello che siete, pazienza se non tutti vi capiscono, magari cominciando dagli arbitri.
Oscar Eleni

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