di Oscar Eleni
Il calendario segretissimo, il record di Bucchi, l'auto di Sabatini, il fallo di Ford, il fiuto di Pianigiani e la felicità di Taranto. Voti alle eliminate, secondo la scala Peterson...
Oscar Eleni dalla camera dei maharaja, la più bella dell’hotel Majestic di Cannes. Un tempo passione infinita, la camera, e buen retiro, il vecchio cannesto, dell’avvocatone Porelli, davanti al palazzo del cinema, al tappeto rosso dove lui avrebbe voluto portare il basket che aveva in mente e non certo questo rappresentato da una Lega incestuosa che accetta ogni sproloquio degli associati e neppure si accorge che l’ultima giornata di campionato coincide con il turno finale del calcio, in giornata di ciclismo roseo e fangoso, formula uno e tante altre cosette per la riduzione degli spazi e dei consensi. Spazi e salivazione azzerata per l’ultimo atto non onorato in maniera adeguata neppure da Sky, confusa nell’operazione (prima informare e poi farsi qualche sega mental) e non illuminato dall’informazione legaiola perché ancora ieri mattina sembrava un segreto il calendario ufficiale dei quarti di finale. Caro Avvocatone se la goda insieme alla pasionaria Paola in quel giardino dove vi siete seduti per non ascoltare i ragli che arrivano dal basso, dalla sede di una Lega che crede di essere una gallina e viene mantenuta in vita solo perché qualcuno spera, come diceva Woody Allen del fratello un po’ alterato, che faccia davvero qualche uovo. No, caro Avvocatone qui di uova non se ne vedono e i galli nel pollaio sarebbero tutti da cucinare perché, come gridava quell’attore, abbiamo visto la commedia acquosa della prima parte del campionato e ci siamo alzati per gridare: ma c’è in giro un vero giocatore italiano?
Nella festa con birre calde e squadre semifredde hanno provato, ancora una volta, a farci vedere quello che non c’era partendo da Pippo Aradori che, secondo i telecronisti del cielo, fa cose meravigliose anche quando si vede chiaramente che dopo i progressi tecnici e mentali dell’ultima stagione ora si è involuto di nuovo e pensa che sia soltanto il tiro l’arma per far contento un allenatore, una squadra, un pubblico. Con questa idea, senza autoironia, abbiamo visto naufragare tante navi e non a tutti può capitare di avere un posto privilegiato a tavola come all’Armani inguardabile dall’Europa e barocca in campionato perchè contro le altre sette finaliste ha questo conto in rosso: 0-2 con Siena e ci sta, 0-2 con Caserta e non è bello, 1-1 con Cantù che le ha regalato il terzo posto per differenza canestri, 2-0 con Bologna e tutti in piedi a farsi belli, 1-1 con Montegranaro che troverà nel play-off, 0-2 con Roma che ha una camera riservata nella stessa clinica, 1-1 con Treviso che nell’ultimo turno ha visto i fantasmi di Bucchi pronti per il Marino, quel vento che sala i prosciutti, non il palazzo dove presenteranno la partita contro i Knicks del Gengis Gallo che in questi giorni fa visite pastorali nei campetti di periferia.
Caro Avvocatone beato lei che si risparmierà questa corsa senza respiro, con partite ogni 48 ore, che non dovrà chiedersi perché il “cervellone” non ha trovato un suggeritore per non arrivare alla boa insieme a quei caciaroni del calcio che non fanno sentire a casa neppure uno come Mourinho, in viaggio da quando era ragazzo lusitano, uno con il quale siamo solidali perché si fa fatica a sentirsi a casa proprio qui. Certo meglio la Francia, Cannes e pazienza se per le finali di eurolega a Parigi il commissario P. non ha trovato più di 5 -10 righe sui giornali franzosi. Come diceva Porelli, pur avendo sempre voglia di tornare nella Bologna che era fede e non più passione, l’aria sembra diversa, ma tutto lontano da qui sembra diverso, così lontano dal Sabatini che voleva tirare sotto con l’automobile l’allenatore che gli ha fatto miracoli con quattro soldi perché, nella bufera di una partita persa, non si è ricordato di schivare la valanga Siena e di salvare un paio d’incassi, ammesso che una Virtus così conciata e sfortunata potesse andare oltre il primo ostacolo. Certo che la Virtus ha bisogno del consenso, dei soldi della gente per esistere perché non ha certo i 10, 15 milioni di euro che rendono larga la bocca di chi gestisce Milano e Roma anche nei giorni delle massime umiliazioni e delle scuse banali, ma ci sono tanti modi per guadagnarsi credibilità fra quelli che ti sono comunque nemici. Restiamo da Gaston Gastounette, aspettando Alberto Bucci, Villalta, Martini, i suoi ragazzi e, magari anche il povero Crovetti che ha fatto di Ferrara una società meravigliosa, ma non ha trovato le parole per far tacere il presidente Mascellani che ha cominciato la stagione sparando sull’allenatore, su tutto e tutti e poi, quando ha capito che quelli sul campo, a parte qualcuno, facevano il massimo, allora è andato a prenderesela con Begnis e gli arbitri, lui che era tornato in vita su quel fischio nei secondi finali di Cremona. Discutere sull’azione che ha portato al quinto fallo Ford non ha senso, perché il dubbio esiste e perchè il giocatore è recidivo di falli prematuri e decisivi dalla stagione Virtus come le potrebbe raccontare il nemico Sabatini che la vede come il fumo negli occhi dal giorno in cui si è offerto di andare a guardare nel cuore Fortitudo. Quel Ford che fa meraviglie nelle battaglie fra brigantini si perde sempre in quelle dove servono carri armati e cervello. Questo non vuol dire che il fischio fosse giusto o che gli arbitri hanno una sensibilità verso il gioco superiore a quella per la loro faccia imbellettata davanti allo specchio quando si dicono alla bergamasca : ”che comande me, esta che l’è la me cacche”.
Passo lento dall’11 ottobre al 21 maggio e ora via di corsa, senza lasciar respirare, aspettando che Pianigiani ci dia la prima lista di azzurrabili, nella speranza che abbia buon fiuto e tanto coraggio: a casa chi difende col piumino e i cicisbei da copertina. Nessuna pagella per questo turno dove, per uno strano caso, proprio Artiglio Caja, con Cremona, fa un grande favore al suo avversario preferito nelle conversazioni sui massimi sistemi del gioco e della vita, avversario odiato, amato, stimato, temuto, quel Gelsomino Repesa appena uscito dalla casa circondariale dove volevano tenerlo quelli che odiano il talento e la genialità, quelli che viziano i ragazzi e non ci stupisce che Alessandro Gentile sia finito nel mirino perché quando si esagera, direbbero gli studiosi del pianeta Balotelli, influenzato dalla luna Raiola, poi si scopre che in troppi vorrebbero tutto e subito come capita ai Poeta della situazione, agli stessi Aradori, lasciando perdere Vitali o Crosariol, per non stare a guardare nelle tasche del Datome infelice che il suo agente vorrebbe proteggere in maniera goffa quando è il campo a dare l’unica protezione credibile a chi vive con questo giochino.
Dicevamo niente voti salvo un 10 e lode a Taranto, per aver vinto il titolo femminile in nome di una città dove essere felici non così facile, a Schio e a Pentisilea Masciadri per la reazione da grande gruppo pur non avendo la Macchi che è la migliore di tutte, ad Alice Pedrazzi una bella voce al servizio delle dirette televisive, una bella scoperta anche se, avendo letto qualche suo articolo, eravamo sicuri che avrebbe trovato nel giornalismo le soddisfazioni che le sono mancate con la musica e, un po’, anche sul campo. I voti saranno alle società e verranno dati secondo la scala Peterson per le eliminate dal ballo finale: zero per chi ha fatto quello che ci si aspettava, più o meno uno e due a chi è andato sopra o sotto l’onda della stagione.
AVELLINO: “Zero” perché quando faceva il filotto di vittorie era sopra i suoi mezzi, perché alla fine era quella che si è vista a Cremona con troppe contraddizioni difesive e manette offensive. Bravo il veterano Pancotto, bravissimo Ercolino a tenere in piedi la famiglia, non chiedeteci se ci è mai piaciuto Dee Brown perché i tipi come lui ci piacciono se sono avversari.
PESARO: “Più uno” con tutte le disgrazie che ci sono state, cominciando dalla scelta del Napoleoncino Green, con le maledizioni che hanno finito per far appassire tutto così in fretta e che ancora oggi rendono così difficile il futuro di una società che è storia, che è vita per tanti di noi e speriamo bene che Valter Scavolini si consoli con le belle pallavoliste. Belle, ma soprattutto brave. Nove a Dalmonte che in azzurro deve portare rigore e idee, ma faccia attenzione perché nella storia azzurra andavano bene le coppe miste tipo Gamba-Sales, Recalcati-Frates, Tanjevic-Crespi, Messina-Consolini, Peterson-Casalini, Boniciolli-Zorzi. Guerrieri-Gurioli e non quelle dove c’erano solo facce truci o facce troppo allegre.
TERAMO: “Meno uno” perché Capobianco non si è accorto subito che i doppi impegni ti bruciano l’anima. Certo che ha sbagliato anche il nostro Candide, ma lo ha fatto per il bene di giocatori che poi non lo hanno ripagato. Per fortuna ci sarà Azzurra, per fortuna a Teramo la società ha capito nel tempo che cambiare piloti porta spesso allo schianto nelle Rascasse del campionato.
VARESE: “Zero” perché se ci fosse stato sempre Slay e fosse arrivata dove ha finito l’avremmo considerata deludente, ma essere uscita indenne da tante sventure è stato comunque un merito e Pillastrini un Geppetto fin troppo paziente con certi burattini.
CREMONA: “ Più uno” perché quando Caja, deluso dalla tiritera federale e barnabita, decise di fare il salto senza rete, sapendo di avere un proprietario che ti urla dalla tribuna perché smanioso, pensavamo avesse esagerato nel coraggio. Gli è andata bene, ma ci ha messo tanto del suo e non sempre è stato fortunato.
BIELLA: “Meno due“ per la crisi che ha coinvolto tutti e rovinato il bel lavoro fatto da Bechi in questi anni e il Chessa da trasformare in regista è una bella intuizione. Hanno sbagliato in tanti e se Atripaldi pensa di essere senza colpe si sbaglia, anche se la sua analisi a bocce ferme, le stesse bocce che avrebbero potuto arrivargli in testa, va condivisa, ma chi è in fondo ha avuto sicuramente sfortune anche se poi ad altri “ sfortunelli” non è poi andata così male se troviamo fra le prime otto certe squadre.
FERRARA:” Zero” per aver rimontato la sfiducia generale, per aver creduto fino in fondo al Valli della promozione, per aver cercato in ogni maniera di evitare la retrocessione anche se è vero che un campo come quello di Biella lo preferiamo tutti a quello di Ferrara e a quello di Cremona.
Oscar Eleni
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