di Oscar Eleni
Una bandiera ammainata, la difesa di Siena, Pianigiani insultato, i minuti dei giocatorini, la scelta di Consolini, la riforma di Meneghin. Voti a Galleani, Tanjevic, Gurioli, Sabatini, Peterson, Colombo, Facchini e Tola.
Oscar Eleni dalla casa varesina di Sandro Galleani, “l’uomo che ce lo è ancora bandiera” (citazione dal suo libro, citazione presa dal monumento del professor Aza Nikolic), fisioterapista dell’anima per tantissimi giocatori, per tanti di noi, per chi ascoltava il tamburo dello spogliatoio che con lui non batteva mai lentamente. Lascia la Nazionale dove era arrivato ai tempi di Giancarlo Primo per sostuire il dolcissimo Crispi, il mister dal caffè magico che non poteva più sudare sui “muscolacci” di un Flaborea o di un Meneghin. Siamo nell’altro secolo del basket dove i bambini facevano oh per vedere Simmenthal, Virtus e Ignis in battaglia. Già, la Ignis dove lui era entrato lasciando il talento purissimo di Gianni Motta, il suo ciclismo sfregando sella prima dei muscoli, per scoprire uno sport che ancora non gli piaceva del tutto. Casa di Sandro, della sua dolcissima moglie. La vera santa come dicevamo tutti quando i giocatori, di notte, suonavano il campanello perché avevano bisogno di conforto più che di medicine o massaggi. Yelverton e il suo sassofono, ma ci sono passati tutti, i saggi e i mattocchi, vi lasciamo immaginare come è cresciuto Claudio Galleani, oggi fisio-chinetico della Cimberio, ascoltando il canto di Pozzecco o di Andrea Meneghin, ascoltando di tutto, imparando quello che serviva per continuare la tradizione famigliare perché nel territorio basket, sponda canturina nei tempi del veleno puro e della felicità massima, era passato anche Terenzio Galleani, fratello di Sandro, uno che ha scavalcato la grande muraglia della conoscenza e ora sistema uomini che hanno perso la postura, l’assetto, la salute, la felicità.
Con questa notizia un po’ freddina del comunicato federale abbiamo deciso d’interrompere il silenzio play-off perché a bocce in movimento vale la tesi che prima di parlare a vanvera) meglio tacere. Comunque sia una finalista l’abbiamo già. Non indovinate. Accidenti, ma questa Siena è davvero fatta da pirati senza pietà: ti abbordano e non puoi neppure pregare per avere un trattamento di favore, per il bene comune, il bene della grande casa basket. Quelli sono stati educati alla smaniosità difensiva, se comincia uno ad arpionare la nave nemica gli altri fratelli gli vanno dietro e allora assisti al fenomeno della glaciazione degli egoismi nell’avversario. Insomma tutti decidono di fare un passaggio in più del solito, pasaggio sghembo, inatteso, robaccia. Si chiama panico come quel panino al burro nei tre giorni del Condor. Questi condor che calano dalla torre del Mangia ti arrivano in casa e ti tolgono patente, libretto e anche il passaporto.
Dazio pagato da tutti, salvo che nei giorni della merla scoperti, per caso, dalla Rometta che forse sta virando verso la costruzione di una società seria se Boscia Tanjevic avrà l’energia di arrivare fino a Trastevere adesso che si gode lo scudetto del suo Ulker, anche se alla fine la panchina era occupata dai fidi assistenti mentre lui discuteva con il responsabile della chemio per essere in battaglia al mondiale in agosto. Giorni particolari, come potrebbe testimoniare Gelsomino Repesa che sapeva bene come trovare almeno un punto debole nell’Alhambra di Pianigiani che comincia ad essere importantissimo (citazione dal Rubini pensiero: se ti insultano conti, sei bravo davvero, quando c’è silenzio allora è la fine) perché i cori, i soliti cori italiani contro e mai a favore che hanno esaperato Capello, Messina, il Tancredi nostro uscito fra le clave di Vitoria con quei cicsbei che si è trovato nella Real casa, fanno da colonna sonora alle sue ultime fatiche nel club prima di poterci presentare a Monza (corona ferrea proteggici tu), alla fine del mese la Nazionale che vorrebbe, lo staff che gli piacerebbe avere se non si metteranno in mezzo i papaveri e le papere del sistema. Intanto sul campo si è capito che anche i giocatori generosi, coraggiosi, quando la pressione si alza diventano giocatorini, ma è pur vero che nelle avversarie della qualificazione europea non troveremo solo giocatoroni. Boscia e Galleani. Ah che coppia.
A proposito di Azzurra vi giriamo la circolare breve del ministero dei giocatori fannulloni, quella dove i “pappabili” si sono ribellati quando hanno scoperto che c’erano in giro allenatori testardi disposti a tenerli in buona condizione prima del raduno. Alla fine del gioco vi faremo l’elenco di questi giocatori e delle società che li hanno appoggiati. Tanto per capire e capirsi, caro avvocato Cassì. Insomma se per avere più minuti in campo si mandano avanti gli agenti, se per non faticare si va dai presidenti, se per guadagnare due oselle d’argento si fanno straordinari nei posti più strani, allora hai già capito con che tipini da spiaggia devi lavorare e quindi li valuti per quello che erano, che sono e non saranno mai nel cuore della gente che, non per caso, ricorda molti grandi di ieri, ma pochi grandi di oggi e non è proprio un caso che il più conosciuto sia sempre e soltanto Meneghin, il più amato magari Marzorati, i più venerati quelli dei tempi in cui il patanloncino non ascondeva huevos e gioielli di famiglia.
Zona franca dei play-off per andare alla Futur Station nel giorno d’apertura delle finali under 19 vinte poi dalla Virtus di Giordano Consolini, benedetto sia il suo lavoro e la sua scelta di vita, contro Siena con squadra in costruzione, ma comunque bella, bella come la Stella Azzurra resa dinamica da una società che ha dentro tante cose speciali e non soltanto elettrino Falcomer che è uguale ai tempi in cui faceva impazzire tutti sul campo. Giardino under per rivedere amici, per riscoprire Saturnino Niccolai che vuole fortemente fare l’allenatore e che ci riuscirà se avrà la fortuna meritata, ragazzi con dentro il fuoco, per sentirsi ancora a casa in quel palazzo che ci ricordava tante storie belle e tese fra Casalecchio e piazza Azzarita. Seduti nel buio, ecco la Futurstation ha soltanto questo difetto della luce, ma lo noti quando le tribune non sono piene, abbiamo ascoltato una musiuca che arrivava da molto lontano: era il rullare dei “non passa” dell’avvocatone Porelli che in quell’arena ci andava per amore Virtus, ma sempre rimpiangendo la qualità della vita del Madison di piazza Azzarita e tutto quello che venne fatto prima di vedere sbriciolarsi la grande casa sotto le ingiunzioni. Galleani, Tanejvic, Porelli, Messina, ah che gente sposa certa gente.
Tornando al corridoio che porta oltre questa sfera a spicchi ci siamo resi conto che anche la nuova soluzione campionati per dare spazio ai giovani non incontrerà la benedizione di chi tramesta per far sapere agli orbi e anche a tutti gli altri, facendosi scudo con il famoso anatema Petrucci contro il tradimento di Meneghin sull’allenatore part time, che è ormai notorio il rapporto fra penninari federali e il presidente federale Lo lasciano fare, lui, dicono, approva tutto con saggezza, poi se le cose vanno male, non piacciono, è anche disposto a prendersi ogni colpa. Su questa formula nuova della A dilettanti giocano gli stessi cartai dei tempi che furono e che non mollano le ossa rimaste: tanto quello non capisce, nun sa che fare con le scartoffie. Vero. Per fortuna loro. Ma non s’illudano di poter entrare ancora nello stesso mare dove lucravano su ogni diaria commestibile. Esiste anche un comitato di protezione per i presidenti che sono stati davvero qualcosa che vale per sempre nella storia di questo sport in Italia e quelli che fanno le smorfiette, giurando di amare Meneghin così come è sempre stato ci convincono poco o almeno alla stessa maniera dei boiardi bolliti. Corridoio della Futurstation e un vecchio leone che amava tutto di se stesso, della vita, delle donne, un buon allenatore, uno che ancora adesso vede lungo, dopo averci guardato in similcagnesco per una conversazione con un dirigente federale, ha messo sul tavolo la briscola: “Vedo che parli con quelli che sono davvero la federazione, perché lo dicono tutti che il Menego è solo uno di facciata”. Malvagi come quei presidenti che hanno suggerito ai Giochi Preziosi la formula per per un gioco che vada meglio del Burraco: calci in culo agli allenatori, pazienza se sono andati proprio bene, vi hanno salvato, vi hanno aperto gli occhi. Non si fa. Pagelle con zenzero e peperoncino.
10 e lode a Sandro GALLEANI perché adesso possa diventare davvero l’istruttore federale nel delicato settore dove i giocatori tornano bambini. Confessionale per anime grandi e piccole, per cialtroni e giganti. Lui li ha ascoltati tutti e a tutti ha indicato una strada.
9 A TANJEVIC perché lo scudetto in Turchia lo consideriamo suo a tutti gli effetti e in culo alla chemio.
8 A Dante GURIOLI e a quei pazzi di Rho perché sono stati promossi in C1 per una notte brava del “Canaglia club” che considera questo allenatore testardo, ancora fissato sui fondamentali e sul fatto che più delle lavagne contano le acute esplorazioni nella testa dei giocatori, un guru del sistema sommerso, lui che avrebbe potuto essere un eccellente capo in serie A se non fosse caduto nelle rete dove tanti hanno sofferto, quella dei pescatori di gloria senza portafoglio. Società sull’orlo di fallimenti, società deboli, società non società, presidenti che agli allenatori danno le briciole. Ci ha pensato un minuto, si è tenuto la sua passione con Rho e ha cercato un lavoro vero. Ha fatto male?
7 A Claudio SABATINI per aver dichiarato dopo la vittoria della under 19 della sua Virtus di aver vissuto uno dei giorni più belli come proprietario. Gli crediamo, lo applaudiamo quando lo vediamo sulla barricata del fare basket nel senso completo, ma adesso ci dica che se hai i Consolini, i Lardo e, prima ancora, eccellenti allenatori, è perché riconosci il loro lavoro e non potrai mai fare a meno di chi insegna l’arte dell’origami cestistico. Molto più utile dello starnazzare col tiro da tre dei picchi e dei rolli anche se Boston sbanca Los Angeles con il tiro da casa loro (citazione da SKY), ma non può insegnarla per una tigella e poco strutto.
6 A Dan PETERSON che ricordando John WOODEN ha chiarito perché l’uomo della grande piramide resterà maestro per generazioni di tecnici: cercate l’uomo nel vostro giocatore, limitate al massimo quegli assurdi minuti di sospensione che diventano cancro per l’anima se 99 volte su 100 l’azione che avete disegnato viene conclusa male o da un giocatore diverso da quello che pensavate dovesse prendere il rischio.
5 A Dario COLOMBO, tornato finalmente fra noi dopo aver lasciato chiese da giallo svedese, per averci ricordato, a 10 anni dalla morte di Tullio Lauro l’immenso, che siamo davvero gente con la sabbia nel cuore. Tullio era tanto, era forse tutto nella prima parte della nostra vita randiagia, perché aveva quel tipo di umanità che non trovi più, quel tipo di coraggio che ci faceva camminare nel vento anche se sapevamo che ci avrebbe spazzato via. Avevamo rimosso per troppo dolore, per la rabbia di avere perso lui che doveva parlare di noi quando fosse venuta l’ora. Sono cose che ti tieni dentro come quando se ne andò Gianni Menichelli, come nei giorni in cui la musica dei Beatles accompagnava Silvio Trevisani verso il suo Valhalla. Pura ipocrisia, bravo Dario ad averci ricordato chi siamo: degli zero che camminano.
4 Alla NBA se non fa circolare subito il filmato capace di aprire gli occhi ai frilli di casa, quelli che amano il circus e poi si stupiscono se ai play-off i contatti diventano veri, belli, sani. Questa, bellezze, è la pallacanestro rubata a chi invita gli arbitrini ad esserlo per sempre, senza mai andare oltre un regolamento che valeva quando il gioco serviva per allenare campioni di altri sport che non dovevano mai farsi male. Ma ora il gioco è diverso, ha un’anima diversa: duro, ma fiero.
3 Al FACCHINI numero uno dei nostri arbitri con SAHIN e LAMONICA, se non darà subito alle stampe un diario sull’esperienza russa, in mezzo alle macerie degli arbitri corrotti, se avrà la pazienza di spiegarci certi falli tecnici che lui fa arrivare sulla testa di giocatori e squadre che si sono abituate a non credere a certi avvertimenti. Certo viene più facile tagliare cojones in campi grandi.
2 Al povero TOLA, capo degli arbitri, che si trova nelle stesse acque con petrolio dove nei giorni della sua scalata voleva buttare Meneghin e altri sfiduciati. Ora tocca a lui e noi tremiamo pensando che le prime cose da fare nel settore, oltre al reclutamento, sono proprio quelle per blindare i migliori, anche fino ai 60 anni.
1 A quel borosauro federale che si è inventato, per i ragazzini, regolamenti viariabili da regione a regione. Possibile che li abbia imbarcati tutti questo consiglio federale gli uomini capaci di complicare la cosa più semplice, cioè il reclutamento, cioè l’attività giovanile per godere del gioco, senza impedimenti? Troppe regole, troppi divieti fanno diventare una serra anche i giardini sul mare.
0 Alla LOMBARDIA, difesa benissimo peraltro dalla medaglia di bronzo della Comark Bergamo di Andrea Schiavo e del piccolo Toscanini Roberto Marulli, nelle finali under 19, perché vedere tre squadre romane, vedere bei gruppi che arrivavano da altre regioni ci ha fatto capire come è stata ridotta la regione nell’ottica di chi pensa ai vivai come danno. Varese, Cantù, Milano hanno moltissimi titoli giovanili da ricordare, ma oggi dove sono? Forse è da questa riva che deve partire la barca per salvare il sistema e non veniteci a dire che la vittoria del Pavia del figlio del mitico Rochlitzer nel campionato under 19 del gruppo B può bastare o che Casalpustarlengo ha dato un giocatore alla NBA ed uno alla Nazionale, non raccontateci che tutto viene fatto con amore e saggezza. Non ci crediamo più.
0 meno - Al campionato greco, vinto dal Panathinaikos in finale sull'Olympiakos, fra bombe e fumogeni nel cosiddetto Palasport della Pace e dell'amicizia.
Oscar Eleni
3 commenti:
Mi permetto di aggiungere: -1 a Bucchi, che sul +2 a 20 secondi dal termine con possesso agli avversari chiama il time out e invece di optare per un fallo rapido, lascia tirare J. Jones comodamente da 3 e si ritrova magicamente sul meno 1; altro time out, con 9 secondi da giocare, e invece di spedire qualcuno in penetrazione nel traffico manda a un inutilissimo tiro da tre punti (nel senso che 2 bastavano e avanzavano) un giocatore che (senza controllare i tabellini) ieri sera sarà stato da 20% di realizzazione a esser buoni. Una gestione del finale di partita talmente demenziale che se facesse una cosa del genere la squadra giovanile di uno dei miei figli uscirei dalla palestra bestemmiando in turco. A gara 4 non mi vedono neanche se mi passano a prendere a casa con la limousine.
@ gareth,
mi sembrano un po' esagerate le critiche a bucchi( che a me in generale non piace); a 20 secondi dalla fine avanti solo di due si può anche decidere di difendere ed evitare che l'avversario ti raggiunga a cronometro fermo con due tiri liberi; in più a proposito di percentuali di tiro, J. Jones era stato forse il peggiore in campo fin lì con, tra l'altro, 0/5 da 3 e invece ha fatto canestro non comodamente bensì da 8 metri in girata. poi che l'ultima azione sia statagiocata pessimamente come se mancassero 2 secondi invece di quasi nove è vero, ma d'altronde i difetti dell'olimpia ormai sono ben noti...........
Vorrei solo puntualizzare che alle finali under 19 di Bologna a rappresentare la lombardia era presente anche Desio che come settore giovanile e' sicuramente tra i migliori della regione
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