Genio e cuore

di Oscar Eleni
Lo iodio di Boniciolli, gli spilloni su Pianigiani, gli stracci di Roma, l'arte di Paolo Conti, Roma per Jeelani, Siena da evitare, un derby senza cori infami e la ricomparsa della sudditanza.

Oscar Eleni dal buio oltre la siepe dove è caduto Matteo Boniciolli che ora deve respirare tutto lo iodio, non l’odio del mare triestino, per capire dove ha sbagliato lui e dove lo hanno tradito; uno spiazzo di verbena dove il Montepaschi, pur avendo rimediato con l’ingaggio del guerriero Jaric (sarà sempre cattivo come lo ricordiamo o si è in tenerito come dice Messina che lo ha scaricato dal Real?), paga alle streghe dell’inverno il conto per aver ritrovato subito la rotta, anche con un equipaggio nuovo sullla Forrestal inventata da Minucci fra l’Amiata e la piazza del Campo.

Questo incidente penalizza la corsa dei campioni d’Italia verso la finale dell’eurolega. Vero che anche altre concorrenti al titolo non sono sanissime, ma è la terza stagione consecutiva che a Siena si deve convivere con i referti dei medici. Chi ha messo gli spilloni su Pianigiani, lui si era offerto con una bella operazione per pulizia al ginocchio, li tolga, per favore, perché poi capita di trovare dei signori con lo sgocciolio facile, in quei giorni fatidici, pronti a sparare sul basket italiano trattato male dell’Europa che, in verità ci ha già sistemato in quinta fascia per i sorteggi europei, chiarendo bene cosa valiamo.

Non avrete dimenticato chi avevamo in nazionale nell’ultima bella estate. Sono gli stessi che tormentano la vita di allenatori onesti, ma non abbastanza duri da mandarli a lavorare davvero. Sarà per questo che Roma ha preso un genio sanguigno. Magari volasse qualche straccio. I nomi sono noti e ci fa ridere chi, dopo aver beatificato Winston, che nel periodo romano veniva trattato più o meno come sciagura Washington, dice che la Lottomatica ha una squadra discreta a parte appunto l’americano che vorrebbe essere considerato anche un regista. Lasciamo perdere e andiamo più avanti nella storia dell’ultima del girone di andata. Ci entriamo pensando che in 10 danno la caccia a 5 posti per Torino, ci avventuriamo fra i nuovi acquisti di Treviso, era ora, di Teramo, speriamo abbiano fortuna, della Virtus, era più che ora, raccontando qualcosa che ci ha ispirato servendo la patria del basket fra Varese e Cantù dove si affrontano due signore dalla storia importanate.

Genio e cuore. Il basket e il suo mondo non mancano in questa corsa della vita. Sul genio penso ad una bella lettera di Paolo Conti, classe 1938, azzurro dal’56 al ’59, che ha giocato anche a Varese oltre che nelle grandi di Bologna, che confessa di aver sempre nascosto il suo passato sportivo nel mondo della cultura, lui dice con la ci minuscola, mentre diventava pittore e scultore famoso, perché esisteva, e forse esiste ancora, diciamo noi, il preconcetto secondo cui chi ha sviluppato i muscoli ha trascurato il cervello. Per il cuore siamo andati su una nuvola verso Roma che ha ridato una vita, il sorriso ad Abdul Jeelani, meraviglia di questo basket multietnico, finito fra i senzatetto del Wisconsin.

Perché ci vengono in mente queste cose quando dovremmo saltare eccitati da una sedia all’altra pensando che domani a Masnago, ora di pranzo, ci sarà peperoncino storico fra Varese e Cantù: signore d’Europa e padrone dell’Italia per tanto tempo.
Per commuoverci e pensare positivo, più del Trinchieri che semplifica e mortifica con la storia del valore effimero dei 2 punti, anche se sappiamo bene che la Cimberio deve assolutamente affrancarsi dalla schiavitù di 6 sconfitte consecutive, mentre la Bennet ha l’obbligo di sperare in Dalmonte e nella Scavolini per avere il secondo posto sull’Armani, nicchia d’oro per evitare Siena fino alla eventuale finale, in conclusione del girone che darà la griglia per la coppa Italia di Torino alle migliori 8.

Insomma una scusa per girare dove l’aria è più dolce, sapendo che sarà comunque inferno. Facciamolo più bello di quello che immagina chi crede che sulle tribune dello sport vada gente che non pensa. Facciamolo per il divertimento di tutti perché chi ama e soffre, chi tifa, applaude, dissente, lo fa sempre ricordando che alla fine ci deve essere un terzo tempo dove il “cata su” ha il sapore del vino, il profumo dei fiori, dove nessuno perde il senso della proporzione per quella che è la vita, per quello che è il divertimento sportivo. Niente Daspo, niente fumogeni, niente cori infami. Vita, cari bosini, cari brianzoli. Oggi sarà una pagina di storia in più e come dicono Marzorati e Aldo Ossola, due che in campo erano il fosforo, peccato che sia così difficile spiegare un Varese-Cantù a chi arriva da tanto lontano, anche se il mistero agonistico e la rivalità sportiva eccitano ad ogni latitudine. Chiedere a Parigi, Santiago e Washington.

Post Scriptum: chi ha sempre negato la sudditanza, chi si sorprendeva se la gente belava e ringhiava contro certi favori
, certi vantaggi occulti, ora tira fuori il carisma di nonno Peterson come se davvero il vecchio marinaio potesse armare il brigantino per assaltare la fortezza scudetto. Curioso, no?

Oscar Eleni

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