La fiducia di De Finetti

Sia gli scommettitori professionisti che quelli dilettanti sono perdenti, ma non perché il loro bilancio finanziario sia negativo. Anzi, a volte se sono competenti nella materia specifica possono addirittura guadagnarci. Gli scommettitori sono perdenti perché accettano di partecipare ad un gioco con una speranza matematica minore rispetto alla posta.
Senza fare il solito esempio del Superenalotto, vera tassa sull’ignoranza, basti pensare alle scommesse a quota fissa dove l’aggio (somma delle probabilità secondo il banco, meno 100) spesso sfiora il 15% e nel gioco live è anche più alto visto che può sfruttare il fattore emotività. La vera domanda è quindi: perché anche le persone con nozioni matematiche di base scommettono? Una storica risposta è quella del grande matematico Bruno De Finetti, il principale esponente di una corrente di pensiero chiamata soggettivismo, secondo il quale la probabilità non è altro che il grado di fiducia che una persona ha nel verificarsi di un evento incerto. In questa impostazione la scommessa è un mero indicatore di questo grado di fiducia. Conclusione, che poi sarebbe il punto di partenza di ogni discorso teorico: al crescere della fiducia nel manifestarsi di un evento cresce la disponibilità a pagare un prezzo più alto per partecipare a una scommessa. E quindi la quota si abbassa. Per questo per il funzionamento del mercato delle scommesse la fiducia è fondamentale: chi non crede in quello che fa di solito tiene i soldi sotto il materasso. Dove vogliamo arrivare? Al farvi diffidare di pubblicazioni sponsorizzate che magnificano ‘buone quote’. Sono buone, sì, ma non per noi.



Stefano Olivari
(articolo pubblicato sul Giornale)

2 commenti:

Matteo ha detto...

Fiducia? Più che di fiducia, De Finetti parla di opinioni coerenti e la scuola soggettivista della probabilità è l'unica che in effetti ammette l'esistenza di più probabilità per un solo evento (una per ogni opinione, cioè per ogni distribuzione di probabilità a priori sull'evento). La scuola soggettivista dà inoltre una visione della probabilità che permette di riempire gli evidenti buchi della scuola frequentista (in cui la probabilità non è un'opinione, ma una verità ignota insita nel fenomeno), ad esempio che non tutti gli eventi sono ripetibili un numero infinito di volte. Questi buchi li riempie anche la scuola assiomatica (probabilità come misura), che però è molto meno interpretabile dall'uomo comune.
Insomma, direttore, un paio di concetti interessanti, ma ben confusi: in realtà ciò che permette agli scommettitori di essere vincenti in un gioco non equo è un'asimmetria informativa (vera o presunta), cioè uno stato di informazione e un'opinione a priori sull'evento tale per cui la probabilità soggettiva dello scommettitore rende il gioco ai prezzi del banco (calcolati secondo la probabilità soggettiva del banco) non equi a favore dello scommettitore invece di non equi a favore del banco.

transumante ha detto...

Matteo: quoto

Poi saro´talebano, ma per me statistica e calcolo delle probabilita´ sono branche di teoria della misura e basta, al di la´di interpretazioni e scuole varie