E’ possibile aver giocato varie partite per la propria Nazionale, di cui addirittura due in un Mondiale, e non avere ufficialmente nessuna presenza? La domanda sembra uno scherzo, anche senza pensare alla sua inutilità di fondo, ma non ditelo a Gary Imlach. Che ha dedicato un libro (My Father And Other Working Class Heroes, Yellow Jersey Press) e buona parte dei suoi ultimi anni alla memoria di campioni dimenticati dalla loro federazione ma non dalla gente. L’interesse privato c’è in quasi tutto e questa storia non fa eccezione, visto che uno dei dimenticati è Stewart Imlach, padre di Gary, notevole ala sinistra di tanti club (fra cui Derby County, il Nottingham Forest con cui vinse la FA Cup 1959, Man of the Match della finale, Luton Town, Coventry City e Crystal Palace) ed assistente allenatore in tanti altri, soprattutto all’Everton negli anni finali di Harry Catterick ed in quelli di Billy Bingham, già incontrato in questa rubrica nella sua versione di c.t. nordirlandese.
Ma torniamo alla domanda di partenza. Nonostante nel 1958 Imlach avesse giocato quattro partite con la nazionale (di cui due al Mondiale di Svezia, contro Jugoslavia e Francia), la federazione scozzese non gli aveva mai riconosciuto i ‘cap’ che alla fine della carriera danno l’idea del valore di un calciatore, al di là di quello che possono pensare gli ultrà dell’inflazionato calcio di club. Il motivo di questa situazione, durata fino agli anni Settanta, è che la SFA riconosceva come presenze in nazionale solo quelle in partite con le altre nazionali britanniche. Isolazionismo, in senso letterale. A Stewart Imlach, orgoglioso di quelle partite e di quel Mondiale, la questione formale non è mai interessata granchè, mentre la sostanza gli ha rovinato gli anni finali di vita: con umiltà, dal 1994 al 2000 ha scritto una quantità industriale di lettere alla SFA, chiedendo che un cap alla memoria gli venisse mandato almeno per lasciare qualcosa in eredità al nipote, ma il muro è stato di gomma. Dopo la sua morte, avvenuta nel 2001, il figlio Gary (famoso giornalista televisivo, ad ITV e Channel 4) ha quindi deciso di onorarne la memoria facendogli restituire quelle partite di cui era tanto orgoglioso. A lui ed ai quasi ottanta nella stessa situazione, fra i quali altri compagni di quella Coppa del Mondo, come Archie Robertson ed Eddie Turnbull.
Fra polemiche, giuste rivendicazioni ed interrogazioni parlamentari degne dei Montecitorio club di parlamentari-tifosi, la battaglia alla fine è stata vinta: inutile la riproposizione della retorica che per due anni ha occupato le pagine sportive scozzesi (tanto sul web si trova tutto), ma buono il pretesto per rievocare una spedizione nata davvero male. Anzi malissimo: l’allenatore avrebbe dovuto essere Matt Busby, se non fosse stato per il disastro di Monaco avvenuto il 6 febbraio, che aveva portato alla morte otto giocatori di un giovane Manchester United ed in rianimazione Busby: il grande allenatore ricevette per due volte l’estrema unzione, ma riuscì a salvarsi. Il recupero fu comunque lungo e così la guida tecnica per la spedizione in Svezia fu data a Dawson Walker, in realtà eterodiretto da una serie di dirigenti federali non passati alla storia: la ‘commissione’ che a quei tempi andava di moda. Sulla carta il gruppo 2 con Francia, Jugoslavia e Paraguay sembrava difficile, ma senza una dominatrice scontata: per la sua seconda partecipazione (la prima, nel 1954, si era chiusa con zero punti, zero gol fatti ed otto subiti) alla fase finale la Scozia qualche fondata speranza ce l’aveva .
Esordio l’8 giugno all’Arosvallen di Vasteras, contro la Jugoslavia che aveva in porta Vladimir Beara, in mezzo al campo Vujadin Boskov (esattamente lui), in attacco Milos Milutinovic (morto nel 2003 e ricordato come fratello di Bora, ma che all’epoca era uno dei più famosi calciatori d’Europa) ed in panchina Aleksandar Tirnanic, c.t. anche nel 1954 e da giocatore fra l’altro vecchia gloria anche del Mondiale 1930. Slavi in vantaggio con Petakovic dopo pochi minuti, ma la reazione scozzese fu grandiosa. Proprio Imlach notò che il grande Beara non era in giornata, anzi in serata (il fischio di inizio era stato dato alle 19) con le uscite, ed urlò ai compagni di cercare sempre e comunque il cross nonostante il centrocampo fosse pieno di piedi discreti. Su uno di questi cross, effettuato dalla destra dal già citato Turnbull all’inizio del secondo tempo, il colpo di testa di Jimmy Murray fu travolgente: fu quindi suo il primo gol in assoluto della sfortunata storia iridata scozzese. Uno a uno ed assalto nello stile britannico, con dribbling pazzeschi di Imlach, dal bianco e nero risultante una specie di Giggs, gol inspiegabilmente annullato a Jackie Mudie, parate alla Beara, e giocate notevoli del piccolo Bobby Collins che ricevette da Sekularac l’omaggio di una gomitata in bocca. Grande sforzo, ma ennesima bella sconfitta rischiata, con palo finale di Veselinovic.
In contemporanea a Norrkoeping la Francia di Kopa e Fontane asfaltava il Paraguay sette a tre e proprio all’Idrottsparken di Norrkoeping tre giorni dopo la Scozia si giocò il suo Mondiale contro i sudamericani. Che nella loro prima esibizione erano stati osservati non dai uno dei tanti componenti la commissione tecnica, ma da due giocatori della rosa, Robertson (anche lui già citato) e Tommy Docherty, uno dei pochi reduci della tragica spedizione in Svizzera di quattro anni prima. Del Paraguay nonostante la sconfitta ricavarono una buona impressione, parlandone come di una squadra senza manovra, ma con buoni attaccanti e fisicamente fortissima. Nonostante questo, la commissione scozzese impose a Walker di non mettere in campo i mastini a cui aveva pensato, fra cui lo stesso Docherty, Dave Mackay e Sammy Baird. Insomma, la partita fu sottovalutata al punto che dai titolari fu tolto anche il nostro ispiratissimo Imlach, pensando di preservarlo per la Francia. Un suicidio, facilitato dagli errori di Thomas Younger in porta e di Alex Parker in difesa: proprio da un rilancio sballato di Parker nacque il gol di Aguero, con un tiro comunque parabilissimo, riequilibrato da una prodezza di Mudie ispirata da Collins. Poi nel finale di primo tempo altro disimpegno leggero di Parker, prima raccolto da Amarilla e poi sfruttato da Ré per il gol del due a uno. A metà ripresa errore di Younger, che non trattenne un corner battuto morbido, con facile tre a uno di Parodi. Poco dopo, di pura rabbia, gol con tiro da lontano di Collins ed assalto finale dove spiccarono gli errori di Graham Leggat e di Mudie, con un’altra occasione enorme per Collins: un destro a girare che potremmo definire alla Del Piero.
La Jugoslavia vincente sulla Francia significava Jugoslavia dopo due partite prima a tre punti, Francia e Paraguay seconde a tre, Scozia con uno. Risparmiando calcoli con cinquant’anni di ritardo, per passare alla Scozia dei senza presenze sarebbe ‘bastato’ battere la Francia allenata da Alain Batteux, il monumento dello Stade de Reims. Rientrò Imlach, giocarono Mackay e Baird, ed in porta fece il suo esordio Bill Brown, riserva nelle 24 partite precdenti. Inizio a ritmi pazzeschi: al 22’ segnò Kopa ed al 24’ rigore per la Scozia: tutto finì con il pallone sparato da John Hewie sul palo. Poi due traverse francesi con Fontaine e due a zero dello stesso scatenato Fontaine poco prima dell’intervallo, gol di Baird e nel finale la solita sequela di occasioni sbagliate per un pareggio che comunque non sarebbe servito. La Scozia uscì con onore: avrebbe ritrovato il Mondiale solo dopo 16 anni, in Germania. Per le loro presenze Imlach e i suoi compagni avrebbero dovuto aspettare mezzo secolo.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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