Leoni a Leon


Uno dei dispiaceri più grandi per molti bambini italiani degli anni Settanta è stato di sicuro l'assenza dell'Inghilterra dalle fasi finali dei Mondiali 1974 e 1978. Fra le mille ragioni quella più grande è banalissima: qualificarsi per una fase finale a sedici squadre era il doppio più difficile che qualificarsi per una fase finale a trentadue, anche considerando i valori medi dell'epoca. Ma se tutti noi ricordiamo perché i bianchi non riuscirono ad andare in Argentina, per colpa della nascente squadra di Bearzot, non altrettanto si può dire dell'eliminazione precedente: grazie alla tivù della Svizzera italiana ed a Capodistria noi possiamo dire di esserci stati, ma gran parte d'Italia dovette farsi bastare i due canali Rai ed i resoconti di un Guerino indimenticabile. Domanda che ci hanno fatto in molti, cioè nessuno: perché la nazionale che rappresentava quella che per molti aspetti è stata l'epoca d'oro del calcio inglese rimase fuori dal Mondiale per due volte di fila? Tutto parte dall'incredibile partita di Leon, a Mexico 1970, quando la nazionale campione del mondo nei quarti di finale affrontò la Germania Ovest beffata quattro anni prima dal non gol di Hurst e dalle altre situazioni che tutti sanno. La squadra di Ramsey veniva da un discreto quadriennio, con l'occasione buttata nella semifinale dell'Euro 1968, eliminata dalla Jugoslavia che poi si sarebbe arresa all'Italia di Valcareggi: terzo posto, dopo la vittoria sull'Urss. L'avvicinamento al Mondiale fu pieno di episodi extracalcistici che minarono la serenità di un gruppo che qualche certezza l'aveva in ogni caso persa. Del più famoso, il braccialetto del cui furto fu accusato Bobby Moore, abbiamo parlato proprio nella prima puntata di questa rubrica. In Messico Ramsey litigò con la stampa locale, da lui definita ostile fin dal primo giorno, e addirittura con i pochi messicani che simpatizzavano per l'Inghilterra, accampati fuori dall'albergo. Esordio al Jalisco di Guadalajara contro la Romania, il 2 giugno, con una formazione che solo per sei undicesimi era quella di quattro anni prima: gomitata di Mircea Lucescu ad Alan Mullery, con pedata di ritorno che fece volare a dieci metri di distanza la scarpa del futuro sottovalutato allenatore. Gol di Hurst su cross di Ball e in generale tanta cattiveria. Cinque giorni dopo a Guadalajara la bella sconfitta con il Brasile (e quindi la squadra) forse più forte di tutti i tempi. Di sicuro in quella partita ci fu la parata più famosa della storia: da Carlos Alberto a Jairzinho, cross in mezzo per Pelè che sovrastando Tommy Wright schiacciò il pallone di testa nell'angolino basso alla destra di Gordon Banks. Che fece...Banks. Il portiere si arrese solo a Jairzinho, al quarto d'ora del secondo tempo, e l'Inghilterra non sbagliò la terza partita, con la Cecoslovacchia (ultima di Jack Charlton in nazionale), vinta con un rigorino di Clarke. I campioni in carica si accostarono al loro quarto di finale con troppi alibi già pronti, a partire dal loro allenatore che se la prese con le autorità messicane colpevoli di avere negato il permesso di raggiungere Leon in aereo per problemi di inagibilità della pista (non era adeguata al tipo di aereo che avrebbero usato gli inglesi), mentre i tedeschi avevano giocato lì il loro girone. Quindi la città fu raggiunta dopo un viaggio in pullmann di 250 chilometri fra sassi e tornanti, probabilmente romanzato dagli inviati ma comunque durissimo, un viaggio che in ogni caso aggravò il mal di stomaco di Bobby Charlton e soprattutto di Banks. Il portiere si trascinò il problema per quattro giorni, fino a due ore prima della partita: durante il provino non riuscì nemmeno a reggersi in piedi...Fatto sta che Peter Bonetti fu buttato nella mischia con un preavviso davvero minimo. Dispiace che uno come Bonetti sia passato alla storia come una specie di Valdir Peres (a parte il fatto che a sua volta Valdir Peres era un ottimo portiere, che in nazionale sbagliò una partita e mezzo: ma gli andò sempre meglio che a Moacyr Barbosa), perché per il Chelsea e anche per la stessa Inghilterra, in quelle poche partite giocate, aveva fatto buone cose. Ramsey lo stimava, ma gli avevano riferito di sue fughe per raggiungere la moglie in un altro albergo: le solite storie più o meno credibili di questo tipo di trasferte, insomma, Fatto sta che ci fu un ballottaggio nel ballottaggio (il terzo portiere era Alex Stepney), che fu vinto comunque da Bonetti. L'Inghilterra partì alla grande con Mullery, centrocampista alla Gattuso che dopo una doppia triangolazione battè Maier. Raddoppio con l'eroe 1966 Martin Peters e partita all'apparenza chiusa. Ma qui Schoen giocò la solita carta dell'aletta destra, cioé Jurgen Grabowski, e il dio del calcio lo premiò con un'azione in cui Grabowski non c'entrava nulla: a metà del secondo tempo una discesa personale di Beckenbauer, bravo nello sfruttare un rimpallo ed a battere Bonetti con un diagonale perfetto. Da un cross di Colin Bell, entrato al posto dell'esausto Bobby Charlton, nacque l'ultima chance inglese, con Hurst che andò a mezzo millimetro dal tre a uno, ma poi la Germania iniziò a dominare ed ovviamente il gol del pari arrivò da un'azione confusa, con rinvio di Brian Labone (il grande dell'Everton ricordato la scorsa settimana), palla tenuta viva da Schnellinger e tocco di nuca del vecchio Uwe Seeler che mise il pallone fuori dalla portata di Bonetti. Supplementari e gol della vittoria di Gerd Muller, sfuggito a due campioni come Labone e Bobby Moore. In una delle sue autobiografie, 'Bobby Charlton Most Memorable Matches', la stella del Man U ha scritto: ''Banks era molto più di un portiere. Niente contro Peter Bonetti, ma con Banks in porta quella partita non l'avremmo mai persa''. Sull'aereo di ritorno per l'Inghilterra il c.t. si avvicinò a Charlton e gli spiegò che lo aveva tolto con l'intenzione di preservarlo per la semifinale, e intanto lo ringraziò per quello che aveva fatto per la nazionale. Charlton capì che la sua epoca era finita, non ebbe bisogno di aspettare le convocazioni per la partita successiva. Con la nazionale non chiuse Ramsey, invece, e da lì ripartirà la nostra piccola storia.

Nessun commento: