Fra i mille retroscena sporchi nella storia del torneo uno fra i meno segreti riguarda la goleada dell'Argentina sul Perù al Mondiale 1978, quello che la Nazionale di Menotti doveva vincere non solo come paese ospitante ma anche per coprire i crimini della giunta militare al potere: non che il mondo dello sport abbia fatto passi in avanti, dal punto di vista dell'etica, visto che trent'anni dopo si regala l'Olimpiade ad uno degli stati più criminali del pianeta. Mentre nel paese dell'operetta, dei borghi e dei prodotti dop si ha paura ad incontrare il Dalai Lama...Tornando al fatto per così dire sportivo, quest'episodio ha avuto un revival negli ultimi giorni grazie ad una intervista rilasciata da Fernando Rodriguez Mondragon ad una radio colombiana. Figlio di uno dei più famosi capi del narcotraffico colombiano, Gilberto Rodriguez Orejuela (fra l'altro ex finanziatore dell'America di Calì), ma soprattutto scrittore di un libro che deve essere lanciato, 'Il figlio dello scacchista', ha regalato al pubblico una ricostruzione piuttosto vaga: ''Mio zio Miguel ha avuto modo di parlare con un grande dirigente del calcio mondiale, il quale gli ha confessato dei soldi che ci sono stati per sistemare quella partita e mettere fuori dalla finale il Brasile''. Una cosa tanto fumosa quanto verosimile (che non vuol dire vera), utile per un lancio di agenzia in tutto il mondo almeno al pari della presunta amicizia della sua famiglia con Maradona.
Ma come andarono veramente le cose? Ricordiamo in breve la situazione: in uno dei due gironi a quattro che avrebbero designato le finaliste (le prime per il primo posto, le seconde per il terzo) c'erano i padroni di casa finiti lì grazie al gol di Bettega, il Brasile, la Polonia ed Il Perù. Inutile precisare chi fossero le favorite, anche se la Polonia ai reduci del 1974, da Deyna a Lato, aveva aggiunto il giovane Boniek. Il 14 giugno a Mendoza il Brasile distrusse i peruviani con doppietta di Dirceu e rigore di uno Zico semi-infortunato, mentre a Rosario due gol di Kempes stesero i polacchi in una partita per loro piena di rimpianti (primo fra tutti il rigore sbagliato da Deyna sull'uno a zero). Il 18 giugno a Mendoza la Polonia battè il Perù con un gol di Szarmach (anche se viene ricordato di più il fallaccio di Ramon Quiroga su Lato) mentre a Rosario Brasile e Argentina si controllarono con un numero spropositato di falli, in una partita già ricordata in questa rubrica, quella in cui Mendonca fu di nuovo preferito a Zico. L'ultima giornata del girone era prevista per il 21 giugno, con orari sfalsati: alle 16 e 45 a Mendoza Brasile-Polonia, alle 19 e 15 al Gigante di Rosario Argentina-Perù. Zico partì titolare, ma si fece male quasi subito, con gli uomini di Claudio Coutinho che ebbero problemi solo nel primo tempo con Lato che pareggiò il vantaggio ad opera di Nelinho. Nella ripresa le prodezze di Mendonca e Dirceu, unite ai due gol di Roberto Dinamite diedero ai verdeoro un tre a uno che li portò a cinque punti, con sei gol fatti ed uno subito. L'Argentina si trovava quindi, prima di scendere in campo, con tre punti, due gol fatti e zero subiti. Traduzione: per superare il Brasile ed arrivare alla finale per il primo posto si doveva battere il demotivato Perù con tre gol di scarto, ma segnandone almeno cinque (un ipotetico quattro a uno avrebbe eguagliato sia gol fatti che subiti dalle due grandi sudamericane), oppure direttamente con quattro gol di scarto. E qui si parla del già citato Quiroga.
Portiere della nazionale peruviana, con un soprannome di quelli che non si negano a nessuno ('El Loco', il matto) ed una caratteristica curiosa: la nazionalità argentina. Già, perché Quiroga è di Rosario: esattamente la Rosario dove si sarebbe giocata Argentina-Perù. Non solo, ma era arrivato al calcio che conta con il Rosario Central, dove a dispetto della bassa statura si era fatto conoscere in tutto il continente per la sua abilità soprattutto nelle uscite. Nel 1973, a 23 anni, i peruviani dello Sporting Cristal gli offrirono un buon contratto e lì fra alterne fortune rimase un paio d'anni, quando ritornò in patria (l'Argentina, precisiamo) all'Independiente. Nel 1977 altra svolta: lo Sporting Cristal gli offrì un altro contratto, con la prospettiva di naturalizzarsi e quindi di giocare un Mondiale che come argentino gli era chiaramente precluso visto che Menotti gli preferiva Fillol come titolare e gli avrebbe preferito i più affidabili Lavolpe (il futuro c.t. messicano ed allenatore di tanti club) e Baley come rincalzi, dopo aver fatto fuori l'altro 'Loco' (diciamo l'originale) Hugo Gatti. Quiroga accettò e gli regalarono il passaporto peruviano: tutto bene, anche al Mondiale (nel girone iniziale fu il migliore in campo contro l'Olanda allenata da Ernst Happel), con prestazioni all'altezza della sua fama. Mai a Rosario, però: a Cordoba con Scozia e Iran, a Mendoza con Olanda, Brasile e Polonia. Fino a quel 21 giugno. In Brasile hanno vinto tanto perché hanno fenomeni in campo ma anche dirigenti che sanno come va il mondo: prima della partita segnalarono alla federazione peruviana l'opportunità di schierare titolare Sartor e probabilmente accompagnarono la segnalazione da promesse di vario tipo. Ma si può sempre dare di più, il c.t. Marcos Calderon (morto nel 1987 con tutto l'Alianza Lima nella famosa tragedia aerea) non sentì ragioni, e Quiroga scese in campo. Nella sua città, nel suo stadio, davanti a tutta la sua gente, che non lo conosceva come Loco ma come 'Chupete' (intraducibile, il concetto è 'bambino che rompe le palle'), sul campo di cui conosceva ogni filo d'erba, difendendo la porta di una squadra demotivata contro la sua vera nazionale e la sua vera nazione. A pensarci bene non ci sono grandi retroscena...
In quella specie di museo dell'inutilità che è la nostra casa esiste ancora il Betamax di quella partita, peccato che non siamo più in grado di leggerlo. Ma grazie a chi è stato più previdente di noi abbiamo potuto di recente rivedere una partita non ancora passata su EspnClassic. L'impressione è stata la stessa di 29 anni fa: se Quiroga aveva detto 'prego, accomodatevi' agli argentini, di sicuro non era stato il solo. Anzi, a dirla tutta sullo zero a zero ma anche per quasi tutto il primo tempo (solo al 43' Tarantini segnò il secondo gol, dopo il vantaggio di Kempes) Quiroga fece la sua parte con dignità, come pochi suoi compagni (fra questi Munante, che colpì anche un palo). Poi il dilagare dei futuri campioni del mondo: Kempes, Luque, Houseman, ancora Luque, fino al sei a zero finale. In nessuna occasione Quiroga sembra scandaloso, nemmeno con gli occhi di oggi. E allora? Qualche anno dopo si parlò di aiuti di stato promessi dall'Argentina al governo peruviano, e lo stesso Quiroga in uno dei non rari momenti di ubriachezza fece delle mezze ammissioni poi ritrattate. Insomma, dell'intervento dei narcos non c'era bisogno. L'unica certezza è che la patria può entusiasmare, fare schifo o essere indifferente, ma di sicuro non si può scegliere.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
Nessun commento:
Posta un commento