NEW YORK - Non ha ancora giocato un minuto per i Knicks e non lo farà prima del 2010, ma LeBron James è già il re di New York. Martedì 25 Novembre è arrivato al Garden con i suoi Cavs e ha smantellato i Knicks in una normale gara di regolar season. Ma a New York City non c'è niente di normale. L'attesa era palpabile, il Post titolava “Royal Visit” in prima pagina, la Nike ha pianificato, proprio per questa partita, il lancio delle nuove scarpe di LeBron, che casualmente si chiamano “Big Apple” per via del loro colore rosso mela. Inoltre, i playground leggendari della città sono stati riempiti di palloni rossi col baffo della Nike e il logo LBJ. LeBron e Nike binomio vincente, tanto che Spike Lee, altro uomo Nike, ha “voluto” omaggiare l'arrivo del prescelto in città indossando le nuove scarpe.
Per scoprire come mai da una settimana circa i media non parlino d’altro che dell'arrivo di LeBron a New York nel 2010 bisogna fare un passo indietro. Donnie Walsh, nuovo presidente delle basketball operations, ha effettuato scambi con poca valenza tecnica ma con un forte impatto sul monte salari dei Knicks: sono partiti Jamal Crawford, Zach Randolph e Mardy Collins in cambio di contratti più che di giocatori. Infatti, i contratti dei nuovi arrivati, che rispondono al nome di Al Harrington, Tim Thomas e Cuttino Mobley, scadono nel giro di 2 anni, giusto in tempo per liberare lo spazio necessario per arruolare LeBron e un altro free agent al massimo di stipendio. Lebron ha dichiarato di avere un grande feeling con la città di New York, e che giocare al Garden gli regala sempre sensazioni uniche. Tutti gli indizi lo portano in maglia Knicks: la città, l'esposizione mediatica, gli sponsor, il suo tifo per gli Yankees, il coach D'Antoni definito da lui un “Mastermind dell'attacco” e la possibilità di riuscire a risollevare una franchigia che non vince l'anello dal 1973.
Quindi basta aspettare due anni per vedere LeBron nella città del Basket? In teoria si, ma due anni a New York sono un’eternità; la pressione e le aspettative della grande mela rendono difficili i progetti a lungo termine. Walsh è un uomo esperto, capace e pragmatico; è un newyorkese del Bronx, conosce l'ambiente e sa benissimo che gli ostacoli da superare per realizzare un progetto vincente sono due: difendere il proprio lavoro dai titoli dei media e dall'umore dei tifosi, dare continuità alla guida tecnica. I tifosi dei Knicks non accettano l'idea di non poter vincere, di non aver giocatori di talento in squadra e, quando al Garden il livello della pallacanestro si abbassa si alzano forti i fischi (buu in America). Ogni sconfitta viene amplificata dalla stampa locale e comincia una corsa al colpevole, una caccia all'uomo che porta tutti ad essere in discussione. La guida tecnica è sicuramente la parte più difficile da far funzionare; qui ha fallito miseramente pure Larry Brown e il ricordo della sua squadra si riassume in una parola: Titanic. Mike D'Antoni tecnicamente è lontano dal basket ruvido e compassato che il pubblico di New York ha amato con la squadra del ‘73 e poi con i Knicks di Ewing, Oakley e Starks. Inoltre, tranne Chris Duhon, Wilson Chandler e Gallinari, tutti i giocatori dei Knicks sono precari, e di questo gruppo almeno la metà sanno già che non vedranno il rinnovo di contratto.
Tra i precari c'è anche un prigioniero: Stephon Marbury. Il suo contratto da 21.9 milioni (nell’ultimo anno) di dollari lo rende invendibile; D'Antoni l'ha messo fuori squadra per le prime 12 partite di campionato, e ora con la rosa ristretta a causa di infortuni e scambi si rifiuta di giocare. Marbury, newyorkese puro sangue, oltre ad essere una primadonna e un carattere complicato non ha più voglia di giocare per la maglia dei Knicks, vuole prendere i suoi soldi e scappare lontano per ripartire da zero in una nuova squadra. Possibili destinazioni: Miami e Boston. A sua volta Donnie Walsh vuole che l’addio di Marbury sia legato a una clausola che impedirebbe al play di giocare per squadre della Eastern Conference. Gestire lo spogliatoio e creare un gruppo solido è un lavoro al limite dell'impossibile per D'Antoni, il quale non deve perdere la disponibilità dei propri giocatori e deve difendere la propria autorità di fronte alla stampa per non essere screditato. Tra due anni New York potrebbe essere una reggia pronta ad accogliere King James a suon di dollari, ma potrebbe anche essere un inferno cestistico. Tutto è insomma nelle mani di Walsh e D'Antoni.
Tornando alla partita Cavs-Knicks, tecnicamente possiamo commentare solo il primo quarto in cui tutti i Cavs hanno dimostrato di essere squadra nel saper difendere e andare a rimbalzo. Incredibile il lavoro di aiuto dei lunghi, specie sulle entrate avversarie e nei movimenti ad uscire sui pick ‘n’ roll; e ancora, il tiratore in angolo non viene mai lasciato libero e il contropiede primario viene fermato subito dalle guardie. Spettacolo puro! Ma 20mila spettatori erano al Garden per vedere LeBron, e noi non siamo certo stati da meno. La cosa più impressionante di James è il fatto di aver giocato come se avesse già visto la partita o l'avesse già immaginata. Il suo riscaldamento si è basato su tiri da fuori con poco ritmo, presi contro Gibson, fintando una partenza muovendosi con un passo e senza palleggio. I primi 6 punti della sua partita sono stati esattamente 2 tiri da 3 di questo tipo. Poi i Cavs hanno dominato in lungo e in largo e LeBron ha viziato i presenti con qualche giocata da fuoriclasse autentico qual è. In casa Knicks ben poco da segnalare, come si è potuto intuire dai fischi fortissimi arrivati dagli spalti.
Nas, un rapper di New York cresciuto nel Queensbridge (stesso quartiere di Ron Artest) in una sua recente canzone ha scritto queste rime: “The shot Robert Horry to win the game in the finals kid, Some things are forever, some things are not, It's the things we remember that gave the world shock”. I tifosi dei Knicks sognano momenti come questi e negli ultimi anni di gestione Thomas il Basket non è stato rispettato. Walsh e D'Antoni hanno voltato pagina e devono ricostruire una mentalità vincente nell'attesa che al Re vengano consegnate le chiavi della città.
Francesco Casati, da New York
f.casati@fastwebnet.it
(in esclusiva per Indiscreto, foto di Francesco Casati)
Per scoprire come mai da una settimana circa i media non parlino d’altro che dell'arrivo di LeBron a New York nel 2010 bisogna fare un passo indietro. Donnie Walsh, nuovo presidente delle basketball operations, ha effettuato scambi con poca valenza tecnica ma con un forte impatto sul monte salari dei Knicks: sono partiti Jamal Crawford, Zach Randolph e Mardy Collins in cambio di contratti più che di giocatori. Infatti, i contratti dei nuovi arrivati, che rispondono al nome di Al Harrington, Tim Thomas e Cuttino Mobley, scadono nel giro di 2 anni, giusto in tempo per liberare lo spazio necessario per arruolare LeBron e un altro free agent al massimo di stipendio. Lebron ha dichiarato di avere un grande feeling con la città di New York, e che giocare al Garden gli regala sempre sensazioni uniche. Tutti gli indizi lo portano in maglia Knicks: la città, l'esposizione mediatica, gli sponsor, il suo tifo per gli Yankees, il coach D'Antoni definito da lui un “Mastermind dell'attacco” e la possibilità di riuscire a risollevare una franchigia che non vince l'anello dal 1973.
Quindi basta aspettare due anni per vedere LeBron nella città del Basket? In teoria si, ma due anni a New York sono un’eternità; la pressione e le aspettative della grande mela rendono difficili i progetti a lungo termine. Walsh è un uomo esperto, capace e pragmatico; è un newyorkese del Bronx, conosce l'ambiente e sa benissimo che gli ostacoli da superare per realizzare un progetto vincente sono due: difendere il proprio lavoro dai titoli dei media e dall'umore dei tifosi, dare continuità alla guida tecnica. I tifosi dei Knicks non accettano l'idea di non poter vincere, di non aver giocatori di talento in squadra e, quando al Garden il livello della pallacanestro si abbassa si alzano forti i fischi (buu in America). Ogni sconfitta viene amplificata dalla stampa locale e comincia una corsa al colpevole, una caccia all'uomo che porta tutti ad essere in discussione. La guida tecnica è sicuramente la parte più difficile da far funzionare; qui ha fallito miseramente pure Larry Brown e il ricordo della sua squadra si riassume in una parola: Titanic. Mike D'Antoni tecnicamente è lontano dal basket ruvido e compassato che il pubblico di New York ha amato con la squadra del ‘73 e poi con i Knicks di Ewing, Oakley e Starks. Inoltre, tranne Chris Duhon, Wilson Chandler e Gallinari, tutti i giocatori dei Knicks sono precari, e di questo gruppo almeno la metà sanno già che non vedranno il rinnovo di contratto.
Tra i precari c'è anche un prigioniero: Stephon Marbury. Il suo contratto da 21.9 milioni (nell’ultimo anno) di dollari lo rende invendibile; D'Antoni l'ha messo fuori squadra per le prime 12 partite di campionato, e ora con la rosa ristretta a causa di infortuni e scambi si rifiuta di giocare. Marbury, newyorkese puro sangue, oltre ad essere una primadonna e un carattere complicato non ha più voglia di giocare per la maglia dei Knicks, vuole prendere i suoi soldi e scappare lontano per ripartire da zero in una nuova squadra. Possibili destinazioni: Miami e Boston. A sua volta Donnie Walsh vuole che l’addio di Marbury sia legato a una clausola che impedirebbe al play di giocare per squadre della Eastern Conference. Gestire lo spogliatoio e creare un gruppo solido è un lavoro al limite dell'impossibile per D'Antoni, il quale non deve perdere la disponibilità dei propri giocatori e deve difendere la propria autorità di fronte alla stampa per non essere screditato. Tra due anni New York potrebbe essere una reggia pronta ad accogliere King James a suon di dollari, ma potrebbe anche essere un inferno cestistico. Tutto è insomma nelle mani di Walsh e D'Antoni.
Tornando alla partita Cavs-Knicks, tecnicamente possiamo commentare solo il primo quarto in cui tutti i Cavs hanno dimostrato di essere squadra nel saper difendere e andare a rimbalzo. Incredibile il lavoro di aiuto dei lunghi, specie sulle entrate avversarie e nei movimenti ad uscire sui pick ‘n’ roll; e ancora, il tiratore in angolo non viene mai lasciato libero e il contropiede primario viene fermato subito dalle guardie. Spettacolo puro! Ma 20mila spettatori erano al Garden per vedere LeBron, e noi non siamo certo stati da meno. La cosa più impressionante di James è il fatto di aver giocato come se avesse già visto la partita o l'avesse già immaginata. Il suo riscaldamento si è basato su tiri da fuori con poco ritmo, presi contro Gibson, fintando una partenza muovendosi con un passo e senza palleggio. I primi 6 punti della sua partita sono stati esattamente 2 tiri da 3 di questo tipo. Poi i Cavs hanno dominato in lungo e in largo e LeBron ha viziato i presenti con qualche giocata da fuoriclasse autentico qual è. In casa Knicks ben poco da segnalare, come si è potuto intuire dai fischi fortissimi arrivati dagli spalti.
Nas, un rapper di New York cresciuto nel Queensbridge (stesso quartiere di Ron Artest) in una sua recente canzone ha scritto queste rime: “The shot Robert Horry to win the game in the finals kid, Some things are forever, some things are not, It's the things we remember that gave the world shock”. I tifosi dei Knicks sognano momenti come questi e negli ultimi anni di gestione Thomas il Basket non è stato rispettato. Walsh e D'Antoni hanno voltato pagina e devono ricostruire una mentalità vincente nell'attesa che al Re vengano consegnate le chiavi della città.
Francesco Casati, da New York
f.casati@fastwebnet.it
(in esclusiva per Indiscreto, foto di Francesco Casati)
13 commenti:
Coincidenza, avevo appena commentato sul muro dello sport proprio sullo stesso argomento, faccio i complimenti a Francesco per l'articolo ma confermo i miei dubbi sull'operazione. Già da quest'anno con l'arrivo di Mo Williams a beneficiare dei raddoppi su LBJ i Cavs sono una squadra da secondo turno/finale di conference. NY è un'armata allo sbando, sceglierà alto quest'anno (ma bisognerà vedere cosa passa il convento) e il prossimo per poi buttarsi sul mercato dei FA nel 2010, magari aggiungendo Nash con una eccezione salariale. A quel punto avrebbero un quintetto con Nash, rookie senza nome (Curry?), LBJ, FA pesante, Chandler, Gallinari 6° uomo. Il FA pesante potrebbe essere Wunderdirk o Chris Bosh, o persino l'amico/rivale Melo. Squadra buona, ma troppo legata alla ruolette 2010. Per me stanno rischiando grosso quando potrebbero costruire in maniera piu' "normale" per poi innestare LBJ o un altro dei super FA 2010 (Wade?) su un telaio già testato.
Aggiungo, onestamente tutto l'hype dietro mi piace poco, MJ è diventato il piu' grande a Chicago che prima di lui non era certo basket city. Uno dei fascini maggiori della NBA "eroica" era proprio "franchigia malmessa sceglie giovane stella e costruisce una squadra vincente": successe con i Bulls di MJ e con gli Spurs di TD. Uno dei primi a rompere la tradizione fu Shaq, che lasciò un'ottima Orlando per una L.A. a stento da PO... LBJ a NY sarebbe persino peggio, considerando che il ragazzo a Cleveland è praticamente di casa.
Io fatico a non vedere Cleveland in finale ad est. O magari semi dipende dal record dei Cavs e da Boston, le altre son tutte battibili. Siamo proprio sicuri che i Cavs stiano a guardare le altre squadre collezionare stelle?
Per me la finale ad Est non è scritta, oltre che per il contrattone con scadenza 2009 Iverson è stato preso anche per sparigliare certe logiche. Anche se dall'arrivo di AI le vittorie sono state uguali alle sconfitte (si era 4-0 con Billups, mi sembra), il gioco non è il solito jazz improvvisato delle squadre di Iverson. La relativa magata di Prince point man con Iverson a cercare blocchi mi sembra una mossa da playoff più che da highlight da stagione regolare, quindi nel basket vero potrebbero essere vicini ai Cavs. Si vede che ho messo soldi sui Pistons?
Stefano quando Iverson è passato a Detroit un mio amico mi ha mandato un messaggio sul telefonino tutto eccitato: "showtime, si vince l'anello" exc. exc. Io provocandolo gli risposi: "complimenti, vi siete presi il Recoba dell'NBA". Sinceramente credo più a Denver che pure potrebbe tranquillamente arrivare nona ad ovest che a Detroit che pure allo sbando farebbe fatica a non avere il primo turno in casa.
stefano il problema e' che AI (1) non e' quello del 2001 (2) e' entrato in quintetto al posto di Billups avendo pero' caratteristiche ben diverse, tattiche e fisiche. Io credo che una squadra con AI e Wallace motivati + quel mostro di concretezza di Prince e un giovane promettente come Stuckey possa battere chiunque sulla partita secca; il problema sono le 7 partite di PO. Non ho menzionato Rip perche' mi sembra quello che piu' soffrira' la partenza di Billups; bisognera' vedere come Iversone e Stuckey riusciranno ad innescarlo. In definitiva io vedo ad Est Boston sempre favorita, seguita da Cleveland e Detroit, con i Pistons avanti se AI entra bene nella dimensione Detroit. Comunque i miei 50€ a sorpresa adesso li metterei sui Cavs, la squadra col secondo miglior basket difensivo della Lega.
Ivan, non mi pare che Recoba abbia mai portato l'Inter di Kallon e Colonnese in finale di Champions..
Vincenzo: una cosa non esclude l'altra. I cavs sono un ottima squadra quest'anno, e se scambiano sczerbiak in scadenza con un altro buon giocatore diventano i miei personali favoriti a est. Questo non toglie che l'obiettivo di Lebron sia conquistare un mercato, oltre che conquistare anelli.E new York sta facendo la cosa migliore per dargli entrambi. Non è colpa di Walsh e D'antoni se le scelte del frontoffice newyorkese hanno fatto pena negli ultimi dieci anni. Ora come ora non si può badare troppo ai sentimenti e alle stelle fatte in casa ecc ecc
Vincenzo, grazie per i complimenti. Per i Knicks le scelte al draft sono l'unica possibilità di costruire un gruppo. Infatti, la trade Randolph poteva essere fatta quest'estate a queste condizioni: Zach Randolph e una prima scelta per una seconda scelta. I clippers avendo spazio salariale potevano permettersi questo tipo di operazione(poi fatta con Denver per Camby) ma Walsh ha rifiutato.
I Cavs, insieme a Celtics e Pistons, sono da finale a est, però il loro monte salari è il 3 più alto della lega e rimangano sopra il tetto fino al 2010. Insomma, i Cavs hanno già fatto i conti per un'eventuale partenza di LeBron, possono ricominciare dal 2010 con 47 milioni di dollari da investire.
Vincenzo una provocazione è una provocazione, non potevo certo scrivergli che si son presi il Ballack dell'NBA...
Certo che 47 milioni di spazio salariale per ricostruire non sono male, ma chi andrebbe nella squdra che non è stata in grado di trattenere il prescelto?
Mi sembra che James (a proposito, stanotte controllatissimo e al solito decisivo in una partita in cui Belinelli si è almeno intravisto) per il momento stia facendo solo dichiarazioni del genere 'Mi piacerebbe giocare in Italia', di quelle che i nostri quotidiani mettono in bocca al Cristiano Ronaldo o al Messi di turno. Jay Z è mio amico, il Garden è emozionante, Detroit è una grande piazza, eccetera. La grandezza in senso jordaniano è trasformare la storia della franchigia in cui sei capitato, per questo penso che non lascerà niente di intentato per vincere con i Cavs. Senza il gentile omaggio di McHale ai Celtics, magari ci sarebbe già riuscito nel 2008...
Direttore, suvvia: dare quell'accezione così negativa al'improvvisazione jazzistica.....i jazzisti improvvisano su di uno standard e non a casaccio, come solo i veri fuoriclasse sanno fare. Duke Ellington è Ernst Happel o Vittorio Pozzo, non Giacomini o Mondonico, così come Coltrane è Rivera o Maradona, non Recoba o Ortega.
Tornando in topic, io non sono competentissimo (sono pur sempre quello che preferiva Ewing a Olajuwon...) e adro vedere AI giocare. Però è vero che in carriera è sempre riuscito a fare 30 ma mai 31. Sbaglio?!...
Anche se capisce poco ;-), qui concordo con Dane, non ho mai amato particolarmente Iverson, uno che ha sempre fatto fatica a coesistere con compagni talentuosi (da Stackhouse, a Kukoc etc), uno che per essee efficace deve giocare l'80% dei palloni e che non è mai stato in grado di far "giocare meglio" i suoi compagni...sono dunque molto scettico sulle chances dei Pistons.
Per quanto riguarda la scelta di LeBron, credo che la sfida di vincere a NY sia troppo affascinante da non raccogliere, soprattutto se i Cavs si metteranno l'anello al dito nei prossimi due anni.
Stefano anche io ho la stessa impressione, in fondo LBJ e' un autentico costrutto della NBA post Jordan. Io credo che dopo il ritiro di His Airness la Stern abbia inizialmente cercato sul campo il suo successore come uomo simbolo della Lega, non potendolo far fare a Duncan (fuoriclasse ma scarso carisma) o a O'Neil (troppo scheggia impazzita, infatti lascio' L.A.). Non trovandolo se lo sono fatti, puntando su un ragazzino che già a 15 anni era sulla copertina di Sports Illustrated. Credo che qualunque dichiarazione di James sia filtrata da un intero ufficio stampa, ragione per cui finora ha detto tutto e il suo contrario. Per me l'idea di creare una dinastia nella sua Cleveland rimane la piu' affascinante, ma anche dovesse andare via l'ipotesi NY la trovo poco sportiva, gia' gli Spurs per prendere Duncan avevano stabilito un punto piuttosto basso, ma DUE anni di tanking penso non si siano mai visti. A me la cessione di Crawford, soprattutto, e' sembrata veramente scandalosa.
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