Certezze middle class


Vecchio modo dei non lettori per darsi un tono quando vengono incastrati in discussioni pseudoletterarie: ''Caro mio, dopo Dostoevskij il romanzo è morto''. Nuovo modo, orecchiato e prontamente riciclato per giustificare la nostra ignoranza: ''Al giorno d'oggi la vera narrativa è contenuta nella saggistica''. Insomma, pur leggendo l'impossibile per noi nel 2008 prendere in mano un romanzo è una vera rarità. Con Sportswriter, di Richard Ford, non abbiamo però buttato via il tempo nonostante il triplo errore che ci ha indotto a leggerlo: credevamo fosse recente ed invece è stato pubblicato nel 1986 (l'editore italiano è Feltrinelli), credevamo di avere fatto una scoperta ed invece è un libro famosissimo, credevamo riguardasse la vita del giornalista sportivo ed invece questo mestiere è solo una delle chiavi per raccontare la visione del mondo del protagonista Frank Bascombe. Che per l'appunto lavora per una rivista di sport, occupandosi soprattutto di grandi interviste e di pezzi di analisi: insomma, una 'firma', dopo aver riposto senza rimpianti le ambizioni letterarie giovanili. Del romanzo colpiscono soprattutto il tono, per niente nostalgico-lamentoso, e la vita del protagonista: non il solito borghese (architetto, suonatore di oboe ma figlio di un industriale, oppure professore con l'immancabile romanzo nel cassetto) europeo chiuso in se stesso e convinto che dietro al suo rapporto con il padre (o la portinaia, o il compagno di doppio a tennis, o l'assicuratore) ci sia la spiegazione del tramonto dei valori dell'Occidente. Invece Frank Bascombe ha avuto nella vita varie disgrazie, prima fra tutte la morte del figlio, ma vive il presente senza disprezzare le certezze della middle classe del New Jersey. Casa, rapporti umani decenti, piccole manie che non degenerano, tristezza generica ma senza colpevoli diversi dalla vita stessa. Il premio Pulitzer Ford ha davvero un grande passo, regalando anche qualche perla sul giornalismo sportivo su cui torneremo.

stefano@indiscreto.it

1 commento:

fabioalessandria ha detto...

Eheheh... sì Stefano, mi meraviglio di te... questo è un superclassico:-). Approfitto dello spazio per ringraziarti del consiglio su Grisham ("L'allenatore"). Veramente una storia solida e ben scritta: un filo sottile di retorica tutta americana ma che tende più alla malinconia e quindi sf arricchisce invece di infastidire. Perfettamente studiate le macrosequenze, con momenti di quasi perfezione nel dialogo tra i due exfidanzati e la partita alla radio. (è incredibile... sto parlando bene di Grisham). Ps: il romanzo tradizionale forse è morto davvero con i russi, percui puoi tranquillamente continuare a cavartela così nelle discussioni!!! :-))