Grazie Kelly


Quanto bisogna giocare, al di là del ‘cosa’? John Kelly era un fisico texano che negli anni Cinquanta elaborò varie teorie per massimizzare i rendimenti finanziari e non è un caso che molti giocatori professionisti usino la sua formula più famosa, basata sulla differenza di valutazione fra acquirenti ed offerenti, per definire la puntata. Esempio: l'over di Inter-Udinese è dato dalla Snai a 1,83. Per il banco quindi ha il 54,6% (100 diviso 1,83) di probabilità di verificarsi, mentre secondo noi sarebbe corretta un’ipotesi del 60%. Il 'Kelly criterion' dice che la giocata (in rapporto al totale) deve essere pari alla quota moltiplicata per la ‘nostra’ probabilità, sottraendo uno e dividendo per la quota netta. In cifre: togliamo un’unità dal prodotto fra 1,83 e 0,6 e dividiamo per 0,83 (1,83 meno 1). Risultato 0,11: per Kelly andrebbe messo sull'over l’11% del budget. Percentuale che si alza più sono diverse le nostre idee da quelle del banco. Applichiamo il metodo alle tre scelte ‘value’ del fine settimana, quindi con quote più alte rispetto a quelle che avremmo proposto noi: oggi Brescia a 1,60 e Sassuolo a 1,65, domani Catania a 2,10 con il Cagliari. Ma chi vuole può anche continuare con i 10 euro a partita…Kelly dice quanto puntare, poi sta a noi ricordare che si tratta di teoria: non a caso lo scienziato (a lui si deve il vocoder, primo sintetizzatore vocale della storia) americano morì senza mai avere usato il suo algoritmo per fare soldi.

stefano@indiscreto.it
(pubblicato sul Giornale di sabato 8 novembre 2008)

3 commenti:

Lbrt ha detto...

Direttore, leggendo la tua rubrica sulle scommesse mi sembra di aver capito che non vedi di buon occhio alle scomesse multiple, in quanto statisticamente troppo favorevoli al banco. Questa contrarietà si limita all'approccio value che utilizzi per la rubrica che scrivi sul Giornale oppure sei contrario in assoluto ? Qualche volta possono essere invitanti per legare quote veramente troppo basse (tipo Inter e Milan in casa con quasi chiunque, per restare in Italia, combinando vittoria e over). Chiaro che poi si torna al discorso delle quote tenute artificiosamente troppo basse, come hai scritto in qualche intervento passato. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.

P. S.: ho visto che con il box degli ultimi post ci sei saltato fuori.

Stefano Olivari ha detto...

La mia antipatia per le multiple (e ancor di più per gli articoli cialtroni, ovviamente sponsorizzati da bookmaker, che le esaltano) nasce solo dalla matematica, visto che il prodotto di una serie di eventi di verificarsi decresce con l'aumentare del numero degli eventi stessi (non fosse altro perché le probabilità sono sempre inferiori all'unità), in maniera relativamente più veloce rispetto all'aumento del rischio del banco. Nella pratica poi si può giocare come dici tu, per non intristirsi di fronte a quote singole troppo basse (anche io lo faccio spesso), ma sui grandi numeri gode solo il bookmaker. Ci tornerò di sicuro sopra con esempi concreti, perché per sviluppare questo discorso occorre spazio.

Ataru ha detto...

La teoria di Kelly è ovviamente valida sia se applicata al campo finanziario che a quello delle scommesse, in fin dei conti in borsa ormai si "gioca" mica si investe.

Il problema è (scoperta dell'uovo di Colombo) nella capacità di scovare le value bets.
Per questo bisognerebbe anche darsi regole sulla puntata massima in rapporto al capitale disponibile.
Io posso anche essere un super esperto di un determinato sport o campionato e trovare una quota per me sbagliatissima, ma la maggior parte delle volte la quota più puzza più è determinata da variabili a noi (persone comuni) ignote.
Chi vuol capire...

Saluti

Ataru