Per la seconda domenica consecutiva il massimo campionato di calcio uruguayano è rimasto fermo. Stadi chiusi anche domenica (disputata soltanto qualche amichevole), in conseguenza degli incidenti scoppiati domenica 16 novembre durante uno dei tanti derby di Montevideo, quello fra Danubio e Nacional vinto 1-0 dai padroni di casa. Quella domenica accadde che all’improvviso il terreno di gioco dello stadio “Jardines del Hipodromo” venne invaso da un gruppo di tifosi del Nacional, già in passato protagonisti di atti teppistici; ovvio che i loro colleghi del Danubio non potessero sopportare di veder invaso il loro “territorio”, e dunque anche un loro gruppo si riversò in campo. Il risultato fu una lunga e gigantesca rissa le cui immagini hanno fatto il giro del mondo e che soltanto per caso non ha prodotto conseguenze tragiche. Soprattutto, le due fazioni poterono picchiarsi indisturbate anche a causa dell’insignificante presenza di forze dell’ordine. Le conseguenze dell’episodio furono immediate. L’indomani il presidente della federcalcio uruguayana (AUF), José Antonio Corbo, riunì d’urgenza il direttivo, che votò per l’immediata sospensione del campionato. Provvedimento dalla durata “sine die”, con effetto sul solo campionato di serie A, e accolto con malumore da alcuni club. I quali però dovettero farselo piacere, ché altrimenti ci sarebbe stato da sfidare un’opinione pubblica sempre più insofferente verso l’idea che il calcio diventi un elemento d’allarme sociale.
Assunto il provvedimento di sospensione, il mondo del calcio uruguayano si è messo in attesa di risposte da parte del governo di “Frente amplio” (coalizione di centrosinistra) guidato dal presidente della repubblica Tabaré Vazquez. Tali risposte sono arrivate. Ma è difficile pensare che fossero quelle attese dai dirigenti della federazione e dei club. I quali, anzi, non fissando una data di scadenza al blocco del torneo hanno finito col fornire al ministero dell’Interno uruguayano un comodo strumento. La prima misura assunta è stata infatti quella di prolungare la sospensione. Che però stavolta la UAF non ha preso di propria iniziativa; essa ha dovuto soddisfare una richiesta proveniente dal vertice della polizia di stato, corroborata da un memorandum in cui veniva spiegato come non sussistessero condizioni di sicurezza sufficienti a far riprendere il torneo. Soprattutto, a preoccupare il mondo del calcio uruguayano è la centralità che, col passare dei giorni, il punto di vista e le richieste del Ministero dell’Interno hanno assunto nella gestione della crisi. Di fatto si va verso una “securizzazione” del campionato, con la polizia che avrà possibilità di decidere quali partite e quali impianti presentano condizioni di sicurezza e in quali casi invece dovranno essere imposte limitazioni. Sono state avanzate anche le proposte di addebitare ai club i costi della sicurezza e di formare una sezione speciale della polizia dedicata all’emergenza-teppismo da stadio. Di fatto, in Uruguay il calcio è già passato sotto la tutela del ministero dell’Interno. Una situazione simile a quella italiana, con l’aggravante che il campionato rimane fermo e per il momento non si sa ancora quando potrà ricominciare. Chissà se, potendo tornare sui suoi passi, il presidente federale Corbo assumerebbe un’altra volta la decisione di bloccare le partite.
La questione della violenza negli stadi è anche il motivo di una crisi nei rapporti politici all’interno della federcalcio uruguayana, dai cui organi direttivi il Peñarol (club nazionale di maggiore tradizione) ha ritirato i propri rappresentanti. Il motivo del conflitto è legato a un altro episodio di incidenti che ha visto come protagonisti i tifosi del Nacional. I fatti avvennero il 31 agosto, in occasione della partita contro il Villa Española. La quale nemmeno iniziò per decisione di un arbitro quantomeno bizzarro (se non irresponsabile). Il signor Liber Prudente stabilì infatti che la gara non dovesse disputarsi per “mancanza di puntualità” dei giocatori del Nacional. I quali si erano presentati in campo con un minuto di ritardo rispetto all’orario d’inizio. Un caso imbarazzante, per decidere sul quale l’AUF ha impiegato tre mesi. Con una decisione a maggioranza di 3 a 2 il “Tribunal de Contiendas” (una sorta di CAF uruguayana) ha stabilito che la partita va rigiocata anziché darla persa al Nacional. Ciò che ha fatto imbufalire quelli del Peñarol. Nacional-Villa Española potrebbe essere una delle prime gare disputate alla ripresa dell’attività. Giusto per far capire che la situazione è drammatica ma non seria.
Pippo Russo
http://www.myspace.com/pipporusso
(per gentile concessione dell'autore, fonte: l'Unità di lunedì 1 dicembre 2008)
Assunto il provvedimento di sospensione, il mondo del calcio uruguayano si è messo in attesa di risposte da parte del governo di “Frente amplio” (coalizione di centrosinistra) guidato dal presidente della repubblica Tabaré Vazquez. Tali risposte sono arrivate. Ma è difficile pensare che fossero quelle attese dai dirigenti della federazione e dei club. I quali, anzi, non fissando una data di scadenza al blocco del torneo hanno finito col fornire al ministero dell’Interno uruguayano un comodo strumento. La prima misura assunta è stata infatti quella di prolungare la sospensione. Che però stavolta la UAF non ha preso di propria iniziativa; essa ha dovuto soddisfare una richiesta proveniente dal vertice della polizia di stato, corroborata da un memorandum in cui veniva spiegato come non sussistessero condizioni di sicurezza sufficienti a far riprendere il torneo. Soprattutto, a preoccupare il mondo del calcio uruguayano è la centralità che, col passare dei giorni, il punto di vista e le richieste del Ministero dell’Interno hanno assunto nella gestione della crisi. Di fatto si va verso una “securizzazione” del campionato, con la polizia che avrà possibilità di decidere quali partite e quali impianti presentano condizioni di sicurezza e in quali casi invece dovranno essere imposte limitazioni. Sono state avanzate anche le proposte di addebitare ai club i costi della sicurezza e di formare una sezione speciale della polizia dedicata all’emergenza-teppismo da stadio. Di fatto, in Uruguay il calcio è già passato sotto la tutela del ministero dell’Interno. Una situazione simile a quella italiana, con l’aggravante che il campionato rimane fermo e per il momento non si sa ancora quando potrà ricominciare. Chissà se, potendo tornare sui suoi passi, il presidente federale Corbo assumerebbe un’altra volta la decisione di bloccare le partite.
La questione della violenza negli stadi è anche il motivo di una crisi nei rapporti politici all’interno della federcalcio uruguayana, dai cui organi direttivi il Peñarol (club nazionale di maggiore tradizione) ha ritirato i propri rappresentanti. Il motivo del conflitto è legato a un altro episodio di incidenti che ha visto come protagonisti i tifosi del Nacional. I fatti avvennero il 31 agosto, in occasione della partita contro il Villa Española. La quale nemmeno iniziò per decisione di un arbitro quantomeno bizzarro (se non irresponsabile). Il signor Liber Prudente stabilì infatti che la gara non dovesse disputarsi per “mancanza di puntualità” dei giocatori del Nacional. I quali si erano presentati in campo con un minuto di ritardo rispetto all’orario d’inizio. Un caso imbarazzante, per decidere sul quale l’AUF ha impiegato tre mesi. Con una decisione a maggioranza di 3 a 2 il “Tribunal de Contiendas” (una sorta di CAF uruguayana) ha stabilito che la partita va rigiocata anziché darla persa al Nacional. Ciò che ha fatto imbufalire quelli del Peñarol. Nacional-Villa Española potrebbe essere una delle prime gare disputate alla ripresa dell’attività. Giusto per far capire che la situazione è drammatica ma non seria.
Pippo Russo
http://www.myspace.com/pipporusso
(per gentile concessione dell'autore, fonte: l'Unità di lunedì 1 dicembre 2008)
Nessun commento:
Posta un commento