I muri di Indiscreto riportano alla luce capolavori dimenticati da molti ma non da tutti, come il The White Shadow di cui abbiamo discusso qualche settimana fa. In Italia conosciuto come Time Out, era un telefilm di livello altissimo incentrato su basket e periferie: lo trasmetteva Italia Uno nel primo pomeriggio di metà anni Ottanta, ma in realtà le storie erano state girate tutte fra il 1978 ed il 1981: però all'epoca le informazioni arrivavano in maniera frammentaria, sembrava tutto nuovo. Prodotto da Bruce Paltrow (padre della da noi più nota Gwyneth), il telefilm ha come protagonista un ex giocatore della NBA, Ken Reeves, interpretato splendidamente da Ken Howard (curiosità per noi che amiamo il cinema d'autore: nell'ultimo episodio di Rambo Howard è nelle vesti di un prete). Reeves, ala dei Chicago Bulls a fine carriera, avrebbe tante opportunità (gli offrono di fare l'opinionista televisivo, in una puntata un'altra squadra NBA gli chiede di tornare in campo come cambio di esperienza) ma sceglie di allenare la squadra di una high school di un quartiere difficile di Los Angeles, la Carver. E da qui partono mille storie con lo sport come prestesto e protagonisti ragazzi senza speranze di professionismo sportivo (a parte il centro, Warren Coolidge) ma con problemi più concreti. Come dimenticare le battute di Thorpe (abbiamo scoperto solo oggi che lo doppiava Riccardo Rossi), i numeri di Hayward, l'italianità di 'Salami' Petrino (attore Timothy Van Patten, oggi grande regista tv: metà della serie dei Sopranos è stata diretta da lui), la timidezza di Goldstein? Su tutti la figura del coach: non il guru filosofeggiante di tanta cinematografia sportiva, ma una persona concreta e con un'etica più vissuta che teorizzata. La vera domanda è però come mai lo sport, così presente al cinema non solo degli anni Ottanta, non abbia mai avuto grande successo nelle fiction tivù: vale anche per gli Usa, tanto è vero che la CBS con The White Shadow non andò oltre la terza stagione. La fiction sportiva non piace né al pubblico dello sport né a quello tradizionale delle fiction: magari ha ragione il pubblico. Però quei cinquanta e passa episodi ci rimarranno nel cuore, non solo per l'effetto nostalgia: da quello del ragazzo che voleva lasciare l'Unione Sovietica a Coolidge tentato dagli Harlem Globetrotters, dalla finta morte del coach per raccogliere fondi alla finale statale.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
Stefano Olivari
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11 commenti:
Come non quotare. Io ho qualche anno meno di Stefano, e mi son perso la prima visione su Italia 1, ma ho guardato il telefilm su emittenti locali, pugliesi e lombarde, a cavallo dei miei 19 anni, quando ho lasciato Taranto per Milano. Studio 100 in Puglia, e Telenova in Lombardia, lo mandavano in onda con la sigla originale americana (da qui la ragione per cui non conoscevo il titolo italiano), e quelle storie mi sono rimaste nel sangue. La diversità integrata ha esercitato in me un fascino immenso, da sempre, e vedere quei ragazzi, in particolare i neri, sotto la guida dell'ombra bianca rappresentata dal coach, mi faceva sognare un mondo migliore. Anche a me l'episodio rimasto più impresso è quello degli Harlem Globetrotters che danno una svegliata ai ragazzi che s'erano montati la testa... insieme all'episodio in cui il giocatore più forte veniva ingiustamente accusato di omicidio.
Purtroppo la fiction sportiva va ha fondalmente due registri stilistici, non solo in Italia: quello retorico (il ragazzo povero e sfigato che alla fine vince grazie al suo spirito di sacrificio) e quello macchiettistico (Lino Banfi e dintorni). I pochi che hanno provato ad andare oltre non hanno mai sfondato con il pubblico: basti pensare al Pupi Avati di Ultimo Minuto o proprio a The White Shadow. Fra l'altro credo che in una Carver 2009 si potrebbero raccontare più o meno le stesse storie...
tre stagioni non sono poi neppure cosí poche, anche se devo dire che il telefilm era davvero notevole, dava uno spaccato di certe periferie che non si vede praticamente piú se non nei polizieschi quando un ricco bianco va a farsi ammazzare in un quartiere losco. Anche i neri son diventati tutti ricchi e divertenti stando alla tv
Proprio pr questa difficoltà, intere generazioni di bambini hanno seguito (e seguono tuttora su Italia 1) con passione i cartoni animati di Holly & Benji, che al contrario delle fiction retoriche e macchiettistiche, incentrano tutto il loro pathos sulle competizioni, sulle gare, sugli scontri fra calciatori di diversa personalità e diverse caratteristiche tecniche. Certo, visti ad un'età adulta, gli episodi appaiono ingenui e lenti, ed è inevitabile avendo come target gli under 14, ma è stato bello formarsi guardandoli. Il Giappone, poi, è stato foriero di anime in tutti gli sport più famosi, dal tennis di Jenny alla pesca di Sanpei, dal golf di Lotti al volley delle cugine Mimì e Mila, dalla lotta dell'Uomo Tigre al basket di Gigi, forse l'unico un po' parodistico.
è vero la fiction non trova terreno fertile nello sport, perchè l'appassionato di sport vede scene di gioco troppo artefatte e storie poco credibili, mentre il non appassionato di sport la scarta a priori. Questo per le serie tv, mentre nei film si ricordano parecchi esempi anche ben riusciti in svariati sport (persino inutile ricordarli).
Comunque una serie tv sul calcio ebbe grande successo in Europa, credo a cavallo dei '70-'80. Prodotta in Germania e trasmessa anche alla tv svizzera di lingua italiana, narrava le vicende (se non ricordo male) di un allenatore di una squadra di serie B in Germania che otteneva la promozione. Poi mille vicissutini, compresa la retrocessione dopo un paio di anni (ma ho ricordi davvero frammentari).
Poi ricordo una serie inglese molto più recente, ma era incentrata più sulla vita fuori dal campo dei calciatori, con WAGS e tutto il resto.
Era l'allenatore Wulff, serie davvero straordinaria e con storie molto articolate, senza la banalità del lieto fine. Ma lì non esiste il cofanetto, nemmeno in tedesco...
È vero: "Fussbaltrainer Wulff"! Ho guardato su IMDB, è vecchissima addirittura del '72...ma a quei tempo, come per Time Out, le serie tv arrivavano con vari anni di ritardo. Pare fossero in tutto 26 episodi da 25 minuti l'uno.
Io provo a fare una ricerca negli archivi aziendali, magari qualcosa salta fuori, anche se dubito fortemente.
Un fanatico come me ha provato a contattare la TSI per avere indicazioni, ma senza risultati...
Hytok, se Holly (che vedo sempre con piacere appena lo becco in tv)e le pallovoliste erano serie abbastanza ingenue e approssimative, Lotti e Sampei erano dei trattati propedeutici di pesca e golf (con le debite proporzioni ovviamente). Comunque hai citato una goccia nel mare degli anime sportive, veramente un'infinità.
x Stefano: per i prodotti d'acquisto c'è un problema di diritti e quindi nemmeno volendo (e stra-pagando...) potrebbero darti qualcosa, però dall'interno chissà che non mi riesca il colpo gobbo...ti farò sapere.
Mi ricordo Time Out su Italia1 a ridosso dell'ora di pranzo verso il 1987/88. Grande fiction, affrontava problemi sociali in modo che oggi che lo sognamo... mi ricordo la puntata in cui Morris Thorpe ed un altro si beccano la sifilide (NB a metà anni ottanta eravamo in piena psicosi aids e la cosa poteva fare sorridere), ma anche la puntata in cui vanno a giocare un torneo a Las Vegas (tutti a giocare d'azzardo) e anche una puntata in cui spulciano l'agenda di coach Reeves e, trovandoci un Johnson, vanno a bussare alla porta pensando fosse Magic (invece era una vecchietta bianca). Incommensurabile telefilm, lo sto cercando da anni in DVD compatibile con region Europe, ma nisba....
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