Il sistema di visura tesseramenti della FIP non mente. Il 9 gennaio scorso l’atleta Aldo Ossola è stato tesserato per la società Sporting Varese, che milita attualmente nel campionato di prima divisione. Aldo Ossola di anni ne compie oggi 64, ma di smettere di giocare non ne vuole sapere, tanto che è il giocatore di pallacanestro in attività più anziano d’Italia. Un fratello, Luigi, calciatore in serie A, mentre il fratellastro Franco morì il 4 maggio del 1949 a Superga con il Grande Torino. Esordisce in serie A nell’All’Onestà Milano, ma la sua bacheca comincia a riempirsi a partire dal 1968, anno del suo passaggio a Varese. Nel 2005 il suo tesseramento alla FIP compiva mezzo secolo e, come regalo, Ossola si trovò in spogliatoio il coach che lo aveva guidato nella grande Ignis degli anni ’70, ovvero Sandro Gamba. Proprio con lui Ossola ha vissuto gli anni più intensi della sua carriera. Stagione 1973/74, Gamba subentra a Nikolic (scomparso il giorno prima del 55esimo compleanno di Ossola, il 12 marzo del 2000) sulla panchina di Varese. Nello spogliatoio varesino vigeva la regola di rivolgersi al coach usando il Lei. Ma Ossola e Gamba si erano incrociati diverse volte da avversari sul campo, quindi fu inevitabile continuare a darsi del tu in nome della vecchia amicizia, pur nel rispetto dei ruoli. Si può dire che Ossola fu il principale interprete delle idee che Gamba aveva per quella Ignis. Idee improntate su una grande cultura del lavoro, con la prospettiva di aumentare sempre di più la visione professionistica della pallacanestro. Il periodo non era dei più facili: gli anni di Nikolic, ancorché vincenti, furono anche assai dispendiosi dal punto di vista psicofisico per i giocatori, letteralmente svuotati dai metodi del Prof. La necessità era quella di ricreare un rapporto tra squadra e allenatore, ridando fiducia ad un gruppo che per molti aveva concluso il suo ciclo vincente. Ossola e Gamba, un connubio che porta subito Varese alla conquista dello scudetto, grazie anche ad alcuni schemi e metodologie di allenamento che Gamba assorbiva dal mondo americano. Un coach moderno e un playmaker d’alta scuola in grado di tradurre sul campo idee rivoluzionarie e un clima di fiducia attorno a tutta la squadra. Questo è stato uno dei segreti di quella Ignis, ovviamente aggiunto al grande talento di tutti quegli interpreti del parquet. Complicità tra squadra e staff tecnico anche nei momenti di goliardia: Gamba era convinto che i giocatori non dovessero bere un bicchiere di vino prima delle partite. Leggenda narra che prima di un impegno importante, Bruno Arrigoni, allora vice coach, intercettò un numero imprecisato di bottiglie di vino che i giocatori si passavano. Quando Gamba scoprì che erano piene di Coca Cola, la risata fu fragorosa. Proprio Arrigoni era uno dei bersagli preferiti per gli scherzi della squadra: il migliore fu quando gli attaccarono un enorme lucchetto alla chiusura del loden. Arrigoni non riuscì a riaprirlo e fu costretto ad andare in panchina con il cappotto da cui pendeva il lucchettone. Sette scudetti, cinque Coppe Campioni (con dieci finali consecutive), 2 Coppe Intercontinentali, 4 Coppe Italia e 1 Coppa delle Coppe. Questo è il palmares di Aldo Ossola, membro dallo scorso novembre della Hall of Fame del basket italiano, dopo la nomina da parte del suo grande amico e compagno di asse portante di quella Ignis Dino Meneghin. Con la Nazionale ha giocato 35 partite, partecipando all’Olimpiade del 1972 e vincendo la medaglia di bronzo agli Europei del 1971.
(in esclusiva per Indiscreto)
2 commenti:
Intelligenza pura applicata al basket. Ah, se avesse avuto anche il tiro da fuori!
Comunque resta sempre il vero, unico, inimitabile "von Karajan del basket".
Mi associo Kalz. Avendolo conosciuto personalmente da ragazzo, posso affermare che aveva una lato umano non indifferente, non se la tirava mai.
Italo
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