Perchè ha vinto il Bayern

di Alec Cordolcini
3.9 miliardi di euro. E’ sufficiente questa cifra-record, riferita alla somma dei fatturati 2008 dei venti club più ricchi d’Europa, per capire che la macchina da soldi del pallone funziona a pieno regime a dispetto della crisi. La quale, come nella vita di tutti i giorni, colpisce più duramente le fasce medio-basse della società. Accade lo stesso anche nel calcio; da un lato un piccolo esercito di pochi eletti che incassano (e spendono) denaro a fiumi, dall’altro decine di club con l’acqua alla gola. In questo articolo ci occupiamo dei primi. Grazie alla puntuale analisi Deloitte, ecco le radici del business dei ricconi d’Europa.
Real Madrid. Le merengues hanno fatto poker. Per il quarto anno consecutivo sono loro il club più ricco d’Europa e di conseguenza del mondo. Poco galactici in campo, molto nel portafoglio. Più 15 milioni di fatturato rispetto al 2007, più 180 dal 2002. Sponsor e capacità commerciale con pochi eguali i catalizzatori primari di questa costante ascesa. Alla luce però della crisi economica che ha portato alla bancarotta il main sponsor BenQ Mobile, e terminata l’onda lunga dell’effetto Beckham, lo scenario potrebbe presto cambiare. Perché l’appeal mediatico dei vari Higuain, Huntelaar e Robben non vale un decimo di quello dell’inglese.
Manchester United. E’ tutto oro quel che luccica nel 2008 dei Red Devils; Premier League, Champions, Mondiale per club, più un fatturato cresciuto di 10 milioni. Nessuno come lo United ricava di più dai “matchday”: i 76mila posti dell’Old Trafford e l’aumento dei prezzi per i biglietti hanno portato nelle casse 128 milioni. Inoltre sono arrivati nuovi accordi milionari con la Telecom saudita, la svizzera Hublot (orologi) e l’americana Budweiser (birra). Nel 2010 scadrà il contratto con il main sponsor AIG. Trovare un nuovo partner non sarà però impresa particolarmente difficile.
Barcellona. Per la prima volta oltre i 300 milioni di incassi. A dispetto della stagione di transizione (deludente terzo posto nella Liga) sono cresciuti in egual misura i ricavi derivanti dai diritti televisivi (la cui vendita in Spagna non è collettiva), quelli commerciali e quelli sportivi. I nuovi contratti con MediaPro e Nike porteranno gli azulgrana ancora più in alto nella classifica Deloitte. Imminente inoltre lo sbarco nella MLS americana con la costituzione a Miami di una nuova franchigia in collaborazione con un imprenditore boliviano. Se poi arriva anche la Champions…
Bayern Monaco. Più forte dei rovesci sportivi. Nonostante la mancata partecipazione alla scorsa Champions League (perfettamente visibile nei “soli” 49 milioni di euro ricavati dai diritti-tv) i bavaresi hanno incrementato il proprio fatturato di 72 milioni. Nessuno nel 2008 è riuscito a fare meglio. Due i segreti: Luca Toni e Franck Ribery, una manna per il merchandising, e l’acquisizione dell’intera proprietà dell’Allianz Arena, prima condivisa con i cugini del Monaco 1860. Tra sponsor, vendita prodotti ufficiali, sfruttamento dei diritti legati al nome dello stadio, visite guidate e catering, le entrate commerciali sono schizzate a 176.5 milioni. Meglio anche del Real Madrid.
Chelsea. Una società-Titanic sospesa sul ciglio di un baratro. L’analisi Deloitte si focalizza esclusivamente sulle entrate, e per i Blues da questo punto di vista non vi è nulla da eccepire. Il calo (-14 milioni) rispetto al 2007 è imputabile soprattutto alla perdita di potere d’acquisto della sterlina nei confronti dell’euro, mentre i proventi dai diritti-tv (98 milioni) e dalla biglietteria (91) sono tra i più alti d’Europa. Il problema è rappresentato delle spaventose perdite del club. Ma secondo il direttore generale Peter Kenyon entro la prossima stagione il club a livello finanziario sarà in grado di poter camminare con le proprie gambe.
Arsenal. Si sono quasi dissanguati i Gunners per l’Emirates Stadium, dovendo rinunciare a un ruolo da protagonisti sul mercato e accontentandosi di incamerare solo una FA Cup negli ultimi quattro anni. Il risultato però è un impianto che nel 2008 ha fruttato la bellezza di 119.5 milioni di euro tra biglietti e altri servizi offerti da un impianto multifunzionale che il tifoso/cliente può vivere 24 ore su 24 e sette giorni su sette. 50mila persone in lista di attesa per un abbonamento rappresentano una garanzia contro la crisi. Non esaltanti invece i risultati dal punto di vista commerciale, a dispetto della penetrazione nel mercato del Sudest asiatico.
Liverpool. Quarto club inglese nelle prime sette posizioni, a testimonianza del dominio Premier. Caso anomalo i Reds, che ricavano dalla biglietteria solo il 23% delle entrate totali. Mito e business non vanno d’accordo; Anfield Road è un impianto ormai datato, per questo è previsto per il 2011 un nuovo stadio da 60mila posti. Buone nuove invece sul fronte sponsorizzazioni: contratto prolungato con il partner storico Carlsberg, più 13 milioni di euro già garantiti per i prossimi anni da quattro nuovi subsponsor, tra cui Paddy Power (società di scommesse) e Thomas Cook (agenzia di viaggi).
Milan. Due posizioni perse rispetto al 2007, 19 milioni di fatturato in meno. E’ l’effetto negativo della mancata qualificazione alla Champions, ma non solo. Senza gli oltre 122 milioni garantiti dai diritti televisivi, seconda cifra più alta in assoluto dopo quella del Real Madrid, il fatturato stenterebbe ad arrivare ai 200 milioni. La politica dell’acquisto ad effetto per solleticare la piazza e i media mantiene alti i ricavi commerciali, ma il vero tallone d’Achille resta San Siro. 26.7 milioni incassati dalla biglietteria sono cifre da Psv Eindhoven. Che però ha almeno un terzo di tifosi in meno rispetto ai rossoneri.
Roma. Guadagna terreno la lupa grazie ai nuovi contratti con Wind e Kappa, conquistando due posizioni rispetto al 2007. Ma le perplessità sulla permanenza nel lungo periodo della società giallorossa in questa graduatoria rimangono intatte. Troppo alta è infatti l’incidenza dei diritti televisivi sul fatturato totale. Nel caso del club della capitale questa è pari al 60%, con tutte le incognite rappresentate dalla nuova ridiscussione di tali diritti prevista nel 2010. 36mila spettatori di media rappresentano inoltre una cifra troppo bassa per poter stare al passo con le prime della classe.
Inter. Fino a quattro anni fa i nerazzurri erano la testimonianza di come i soldi non siano sufficienti per vincere. Oggi invece certificano che non basta vincere per guadagnare. Il dominio sulla Serie A ha portato 188 milioni di fatturato nel 2006, 177 nel 2007, 173 lo scorso anno. Pesano le premature uscite dalla Champions League, così come entrate commerciali da club di centroclassifica in Bundesliga. La più grande e dolorosa spina nel fianco resta però, come nel caso del Milan, lo stadio. San Siro rende cento milioni meno dell’Old Trafford, 80 meno del Santiago Bernabeu e 41 meno dell’Allianza Arena. In Italia è tempo di costruire.
Juventus. “Tv-club of Europe”, dice Deloitte. Nessuno nel vecchio continente dipende tanto dai diritti televisivi (il 64 % del fatturato) quanto la Vecchia Signora, e nessuno incassa così poco (il 7%) dal proprio stadio. Non va comunque dimenticato che i bianconeri due stagioni fa giocavano in serie B, con le entrate crollate dai 231 milioni del 2006 ai 141 dell’anno successivo, per poi risalire parzialmente ai 168 del 2008. Il rientro nelle prime dieci posizioni appare però solo una questione di tempo. Il contratto di lunga durata (12 anni) stipulato con la società di marketing Sportfive per la costruzione di un nuovo impianto porterà infatti un minimo di 75 milioni nelle casse del club.
Olympique Lione. Stesso partner commerciale (Sportfive) della Juventus, per un totale di 28 milioni di euro da investire nel nuovo stadio, pronto a sostituire nel 2013 l’ormai poco redditizio (22 milioni) Stade de Gerland. E’ questa la via intrapresa dai pluricampioni di Francia per poter proseguire il trend economico positivo che dal 2004 ad oggi ha visto raddoppiare il fatturato. Tre scuole calcio di imminente apertura (in Nord Africa, Medio Oriente e Stati Uniti) potenzieranno il marchio.
Schalke 04. Una media di 63mila persone a partita, anche grazie ai costi “popolari” di biglietti e abbonamenti; tre sponsor di peso (Gazprom, Adidas e Veltins); un legame profondo con il territorio e il tessuto sociale locale; i quarti di finale di Champions raggiunti lo scorso anno. Si spiega così il balzo in avanti di tre posizioni del club. Ma il grigiore attuale porterà ad un ridimensionamento.
Tottenham Hotspur. Soldi e poco altro. In cima alla classifica dei flop di mercato, vicino al fondo di quella della Premier, gli Spurs si consolano finanziariamente con il lucroso contratto strappato al nuovo mainsponsor Mansion. Le potenzialità continuano a non mancare, soprattutto con un White Hart Lane che nel 2008 ha garantito 51 milioni di entrate. Bisogna però entrare in Champions.
Amburgo. Un piccolo miracolo gestionale. Quindicesimo posto senza gli introiti della Champions e con i diritti televisivi fermi al 22% del fatturato totale. Però è stato affittato il nome dello stadio alla HSH Nordbank per 4.5 milioni ed è stato cambiato il main sponsor (adesso è l’Emirates) con un triennale da 7 milioni annui. La florida economia locale della città anseatica ha fatto il resto.
Olympique Marsiglia. Per la prima volta sono stati superati i 100 milioni di fatturato, con tanti ringraziamenti ai diritti televisivi, soprattutto quelli dell’Uefa. Tornato competitivo in Europa, l’OM può inoltre contare su una media di 52mila spettatori a partita. Meglio del Lione, rispetto al quale però perde molto terreno dal punto di vista dell’appetibilità commerciale.
Newcastle United. Il peggior piazzamento in graduatoria degli ultimi otto anni. Colpa di una sterlina in picchiata, che ha trasformato 12 milioni di crescita in 4 milioni (di euro) di perdita. Evidente la crisi tecnica e di risultati, i Magpies si aggrappano ai 39 milioni dei diritti tv, ai 26 incamerati dagli sponsor Adidas e Northern Rock, e alla fedeltà della Toon Army.
Stoccarda. Il titolo nazionale conquistato dopo 15 anni di digiuno è alla base dell’exploit degli svevi. Dalla Champions sono arrivati introiti che hanno portato il fatturato a 112 milioni di euro, mentre dal lato sponsor è stato concluso con la Mercedes un contratto che fino al 2038 farà giocare lo Stoccarda nella Mercedes-Benz Arena. Sportivamente però è difficile ripetersi.
Fenerbahce. Primo club turco della storia ad entrare nella top 20 dei più ricchi d’Europa, e unica società in classifica non appartenente ai cinque grandi campionati. Quarti di Champions, sostanziosi contratti con Avea e Adidas, 42mila persone in media al Sukru Saracoglu, merchandising e sponsor che garantiscono oltre il 50% del fatturato. Sul campo Aragones sta distruggendo quello che Zico ha costruito, senza per questo intaccare il potenziale commerciale del club di Istanbul.
Manchester City. I nuovi contratti con la tv inglese e la redditizia partnership con Le Coq Sportif rendono felici le casse dei Citizens, in attesa di verificare nel medio periodo l’incidenza degli investitori di Abu Dhabi. L’obiettivo è quello di diventare il club più ricco del mondo; per ora il City è quello con le maggiori disponibilità sul mercato. Prima però servirebbe un serio progetto tecnico-sportivo. E quello non lo si può comprare.
Alec Cordolcini
(per gentile concessione dell'autore, articolo in parte pubblicato sul Guerin Sportivo di settimana scorsa)

2 commenti:

Jakala ha detto...

Riassumendo i club italiani hanno una percentuale troppo alta del fatturato legata ai diritti televisivi, mentre non riescono a sfruttare gli stadi nello stesso modo delle società inglesi.
Il rovescio della medaglia è il fatto che le società inglesi che hanno sviluppato progetti di stadi proprietari sono state costrette a privilegiare l'aspetto finanziario rispetto a quello sportivo (i soldi o vanno nel mattone o vanno nei giocatori).

Vedremo i risultati della Juventus quando lo stadio sarà pronto se l'esempio inglese può essere usato in Italia

spike ha detto...

a proprosito di conti, Platini ha istituito la Covisoc europea.E' un primo passo verso un competizione più "giusta", vorrei sapere però quali sono i parametri da rispettare.